L’accidentato cammino di scoperta della sessualità di un cristiano queer
Riflessioni pubblicate sul sito Queer Theology (USA), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
All’inizio c’è stato il celibato. Mi è stata un segnata una sola cosa sul sesso: non farlo prima del matrimonio. Ecco tutto. È stata tutta la mia educazione sessuale. Non mi è stato insegnato nulla sull’intimità, il consenso o il sesso sicuro, né mi hanno insegnato i suoi meccanismi. Si supponeva che, dal momento che il sesso era qualcosa di naturale, una volta sposati lo si sarebbe subito capito. Era una sorta di promessa: se avessi aspettato a dopo il matrimonio, avresti avuto una vita sessuale piena e meravigliosa. Ma solo se fossi stato eterosessuale.
Sì, sembra che le persone trans e queer non debbano nemmeno esistere. E che se succede, dovrebbero smettere di farlo o, nella migliore delle ipotesi, rimanere celibi/nubili per sempre.
Sono cresciuta con tutti questi messaggi che fondamentalmente dicevano che il sesso era o qualcosa di assolutamente sporco, o un’unione mistica tra un uomo e sua moglie. E mi sentivo estranea ad entrambe le opzioni.
Ero giunta a patti con il fatto di non essere etero (a questo punto non avevo ancora altri). Il sesso non m’interessava. Probabilmente perché non ne sapevo nulla. Quello che mi interessava era l’intimità. Volevo stare vicino ad un’altra persona. Volevo abbracciare ed essere abbracciata. Volevo baciare qualcuno. Non volevo sentirmi così dannatamente sola. Ero anche determinata ad essere una buona cristiana evangelica. Ripromettevo a me stessa (e a chiunque mi avesse voluto ascoltare) che avevo intenzione di rimanere nubile per sempre. Pensavo che fosse solo per onorare Dio.
Volete la verità? Lo dicevo perché era il solo modo con cui credevo di poter rendere felice la mia Chiesa conservatrice (e la mia famiglia). Ero fermamente convinta di rimanere nubile… finché mi innamorai. Quelli che ci chiedono di rimanere single ci chiedono di negare a noi stessi la compagnia e la vicinanza di un’altra persona. Credo che ci siano persone chiamate al celibato (sia per un po’ di tempo, che per tutta la vita), ma questo non riguarda tutte le persone queer. Questo deleterio modo di vedere la nostra sessualità deve essere abbandonato.
Niente sesso prima del matrimonio
Non volevo innamorarmi, è semplicemente successo. Ancora una volta ho combattuto con la mia fede e ho deciso che avrei semplicemente aspettato di fare sesso dopo il matrimonio. Sicuramente la Chiesa non l’avrebbe riconosciuto. ma non m’importava. Mi piaceva credere che quello che pensavo fosse giusto.
Ma qui le cose si complicano. Stavo con una persona che mi attraeva davvero molto. Volevo fare sesso. Ma pensavo che non avrei potuto farlo prima di essere sposata. Così siamo state precipitose. Dal momento in cui ci incontrammo a quello in cui ci sposammo, passò solo un anno.
Guardandomi indietro me ne rammarico perché non eravamo chiaramente pronte per il matrimonio. Nessuna delle due era finanziariamente indipendente. Ci stavamo ancora conoscendo. C’era ogni sorta di segnale di pericolo che ho ignorato, soprattutto a causa del sesso.
Eravamo attratte l’una dall’altra? Assolutamente sì. Eravamo pronte ad un impegno che durasse tutta la vita? No.
Aspettammo di essere sposate e poi facemmo sesso. E andava bene. Non benissimo. Non era quella cosa che, come mi era stato detto, cambia la vita in un modo pazzesco. Ora, qualcuno dirà che è perché eravamo queer. O non sposate con rito religioso.
Io penso che lo fosse perché nessuno mi aveva detto assolutamente niente su come fare sesso. E guardate, il sesso è una cosa naturale. Ed è anche qualcosa che bisogna imparare. Bisogna conoscere il proprio corpo. Bisogna conoscere il corpo del proprio partner. Bisogna imparare a comunicare l’impeto del momento. E questo non succede dalla sera alla mattina. Non succede immediatamente neanche se prima avete fatto sesso un milione di volte, o se questa è la vostra prima. Ci sono sempre cose nuove da imparare.
E ora che avevamo fatto sesso pensavo che non potessimo rompere. Avevo dato via la mia verginità! Nessun altro mi avrebbe voluto! Dovevamo stare insieme per sempre. Suona pazzesco vero? Tranne che è quello che la Chiesa dice alle persone. Se fai sesso sei praticamente rovinato. E se lo fai… allora…
Così adesso sono sposata. E il sesso è ancora complicato e pieno di sensi di colpa. Non posso parlarne con nessuno perché i miei amici cristiani pensano che io viva nel peccato e quelli queer non capiscono questo mio problema etico.
In più non ho mai parlato di sesso e perciò non so proprio da che parte iniziare. Mi fa sentire a disagio, come se stessi parlando di qualcosa di sporco o di sbagliato. Quando faccio sesso, non mi sento come se stessi facendo qualcosa di sbagliato o di sporco. Ma ho ancora queste strane sensazioni su quello su cui ci si può o meno soffermare. E così non ho nessuno con cui parlare per capire se ciò che provo è normale o meno.
Non ho nessuno da cui imparare. Ho solo delle sensazioni complicate e per niente chiare. E sinceramente? Mi sento un po’ imbrogliata. Mi avevano promesso che, se avessi aspettato a fare sesso, ogni volta sarebbe stato eccitantissimo. Ma non è così. Cosa mi aspettavo? Allora, ho iniziato a pensare se fossi stata veramente pronta al matrimonio. Avremmo scelto di sposarci se non avessimo dovuto pensare al sesso? Forse, se l’avessimo fatto prima, ci saremmo frequentate per più tempo o prima avremmo convissuto e avremmo aspettato per vedere se eravamo effettivamente compatibili.
E poi ho fatto la transizione e sono diventando uomo. E così ho aggiunto il cambio di genere ad una vita già vorticosa di per sé, che non poteva assolutamente avere come centro sesso e religione. Ci abbiamo provato. Siamo andati da un consulente matrimoniale. Ho cercato di vivere in sordina, ma per lei era comunque troppo.
Mentre ce ne stavamo a letto e io ero a dorso nudo, mostrando le cicatrici della mia recente mastectomia, mi disse di non essere più attratta da me. Il mio primo pensiero? Vergogna per il mio corpo. Le dissi di darmi una maglietta e mi coprii.
Ce ne andammo ognuno per la propria strada e mi sembrò che si fosse avverata ogni profezia catastrofica che era stata fatta su di me. Le persone queer non possono avere relazioni durature. I transgender hanno corpi talmente bizzarri che nessuno li ama veramente. Ancora una volta, non avevo nessuno con cui parlare.
Ho iniziato a frequentare il mondo degli appuntamenti online. Uscivo con delle persone ma era snervante. Nel mio profilo non potevo mettere di essere transgender, ero troppo preoccupato di fare coming out e di essere rifiutato, d’altronde non potevo riempire il mio profilo di spiegazioni su cosa significasse essere trans. Nella mia testa sentivo la mia ex che mi diceva “non sono più attratta da te”. La sua voce danzava e si univa alle insicurezze sul mio corpo e su chi avrebbe voluto un corpo come il mio.
Celibato rivisitato
Dopo aver passato molto tempo cercando avventure sul sito d’incontri online OK Cupid, distraendomi con i vari appuntamenti ma sentendomi ancora sfinito per la fine del mio matrimonio, decisi allora, ancora una volta, di voler rimanere single.
Questa volta, pensavo che sarebbe stato diverso. Non stavo scegliendo il celibato perché pensavo che il sesso fosse sbagliato, o perché credevo che fosse quello che ci si aspettava da me, lo sceglievo perché volevo concentrarmi su qualcos’altro. Escludendo l’opzione “appuntamenti”, fui in grado di impegnarmi nella scrittura, iniziando a collaborare al sito QueerTheology.com, cominciai a lavorare e a fare ordine su un sacco di altre cose. Ho scelto il celibato per ragioni che hanno molto poco a che fare con il sesso, ma hanno più a che fare con quello su cui intendo investire le mie energie.
Gli anni passati da single mi hanno guarito quasi del tutto dal fallimento del mio matrimonio. Sono stato davvero capace di capire chi ero e cosa volevo; di scoprire la verità sulla mia personalità. Quali erano veramente i difetti e quali invece erano i falsi messaggi negativi? Finalmente avevo tempo per capire chi ero, cosa volevo nella vita, cosa mi piaceva e cosa no. Alla fine mi stupii di quanto mi ero alienato da me stesso. Il celibato mi ha dato il tempo e lo spazio per riappropriarmi del mio io.
Il celibato mi ha anche insegnato molto sulle altre persone e sulla mia relazione con esse. Mi ha insegnato come amarle in modo disinteressato senza aspettarmi nulla da loro. Sono stato capace di entrare in relazione senza l’imbarazzo di cercare di capire cosa pensano di me. Senza appuntamenti e sesso senza limiti, sono stato capace semplicemente di conoscere la gente, di investire nelle loro vite, di stare insieme liberamente e senza sforzo.
Ho potuto essere più generoso con il mio tempo. Essere presente in ogni ora del giorno, accompagnare qualcuno all’aeroporto la sera tardi, stare alzato fino alle tre di notte a parlare. Rispondere ad una telefonata quando tutti gli altri dormono.
Ho imparato a non essere ansioso per il fatto di essere solo, anche quando ero il solo single nella stanza. Da quando ho scelto il celibato, ho potuto essere benissimo il terzo, o anche il quinto, incomodo. Non mi è sembrato strano uscire a cena o al cinema con delle coppie. Non mi sentivo come se mancasse qualcosa nella mia vita. Non mi sentivo diminuito. Mi sentivo semplicemente me stesso. I miei amici erano semplicemente i miei amici. Mi sentivo completo.
Alcune persone non condividevano la mia scelta. Pensavano che fosse strano o che l’avessi fatto perché avevo paura. Pensavano fosse innaturale. Mi sembrava che credessero che avessi preso la mia decisione con troppa leggerezza.
Alla gente dico sempre che non sto precludendomi per sempre una relazione. Non è un voto che ho fatto e non mi è stato nemmeno chiesto niente. Ma non mi era piaciuta la persona che ero diventato quando ero disperato perché stavo con qualcuno.
Non mi piaceva come i siti di appuntamenti online mi distraevano emotivamente. Volevo considerare ancora l’opzione “appuntamenti”. Ma la persona avrebbe dovuto cadere tra le mie braccia. Non avevo intenzione di cercarla. Avevo detto così ma, sinceramente, era più per il bene degli altri che per il mio. Avevo bisogno di sapere che non ero più chiuso in me stesso. E davvero non lo ero, ma non pensavo che potesse arrivare qualcuno. Ero felice e soddisfatto.
Entra l’attrice. A desta del palco.
Un paio di anni fa entrai a far parte della compagnia teatrale Uprising. Mettevamo in scena spettacoli teatrali che toccavano questioni etiche e collaboravamo con organizzazioni locali che si stavano già occupando di queste tematiche per incanalare l’energia e l’empatia create dagli spettacoli in cambiamenti concreti.
Era il passo successivo del mio cammino per capire come usare al meglio i miei doni. Ho sempre amato il teatro e mi appassionano i lavori socialmente utili. Cosa sarebbe successo se li avessi combinati? Non lo faceva nessun altro e allora iniziammo noi. Per il nostro primissimo spettacolo avevo bisogno di una donna che potesse recitare una parte incredibilmente difficile. Era uno dei ruoli più difficili dello spettacolo e sentivo di aver bisogno di qualcuno che fosse all’altezza. Recitammo insieme la parte dei fidanzati, ma eravamo praticamente estranei. Durante le prove diventammo amici e iniziammo a conoscerci. Iniziai ad apprezzare l’istintualità che metteva nella recitazione. Conosceva il suo mestiere. Uscimmo a cena e per una bevuta con il resto del cast, ridemmo insieme. Festeggiammo.
Ma fu quasi alla fine, quando ormai stavamo per andare in scena, che mi resi conto di essermi infatuato di lei. Questa non era la prima volta che mi prendevo una cotta durante i miei anni di celibato. Ne avevo già avute altre e, quello che avevo capito è che, se non le coltivavi, sparivano.
In nessun modo immaginavo che i sentimenti che provavo per lei potessero essere ricambiati. Così tutto quello che dovevo fare era portare a termine lo spettacolo e, dopo essere andati ognuno per la propria strada, la cotta sarebbe sparita e sarebbe andato tutto bene. Non avrei voluto sbagliare niente con lei, perché aveva molto talento e speravo che potesse lavorare ancora con la compagnia.
Dopo l’inizio della rappresentazione avevamo parecchi giorni liberi prima degli spettacoli del fine settimana. Era la prima volta dopo un sacco di tempo che succedeva. Sembrava strano. Mi invitò ad andare da lei a vedere un film. Mi domandavo se, forse, la cotta era reciproca. Se era davvero così che fare allora?
A questo punto non sapevo ancora se lei sapesse che ero transgender. Non ne avevo parlato durante l’allestimento dello spettacolo perché non ce n’era stata l’occasione. Ma capivo che, se la cotta si fosse in qualche modo concretizzata, avrebbe avuto bisogno di sapere. Guardammo il film e chiacchierammo. A un certo punto della serata buttai lì: “Lo sai che sono trans, vero?”.
Lei annui e io le raccontai la mia storia. Tirai un sospiro di sollievo: era fatta. Ma non sapevo ancora come si lei si sentisse. E poi via, con un altro fine settimana di spettacoli.
L’ultima sera le diedi un bigliettino abbastanza vago da non spaventarla, ma abbastanza chiaro per farle capire che, da parte mia, c’era uno spiraglio aperto per vedere dove tutto questo avrebbe potuto portarci. Iniziammo ad uscire insieme. Mi chiese se poteva baciarmi. Iniziammo a frequentarci, anche se nessuno dei due era pronto a chiamare i nostri incontri “appuntamenti”. Ma ci piaceva stare insieme. Eravamo attratti l’uno dall’altra. Ci piaceva baciarci.
E, improvvisamente, tornai ai tormenti dell’evangelismo contro il sesso. Da dove diavolo erano saltati fuori?
In quel momento non facevo più parte della Chiesa da dodici anni. Non credevo più che il sesso fosse solo tra l’uomo e la donna e all’interno del matrimonio. Non credevo più che il sesso prematrimoniale fosse sbagliato. Ma mi sentivo ugualmente ansioso in merito. Quando era troppo presto? Dovevamo essere fidanzati ufficialmente? Dovevamo poterci definire fidanzati? Prima avremmo dovuto dirci “ti amo”? Come avrei potuto sapere che era giusto?
Poi c’erano le altre paure: e se non le fosse piaciuto il mio corpo? E se il mio essere transgender l’avesse spaventata? Cosa sarebbe successo se si fosse accorta della sua paura soltanto quando mi fossi spogliato, ferendomi profondamente e mandandomi a rotoli? E quanta della mia ansia su quando fare sesso era dovuta alla paura che mi rifiutasse? Ci poteva essere qualcosa di più complicato?
Ho iniziato a ripensare al mio matrimonio, a cosa mi ci ha portato. Al fatto che la mia idea di come “si dovevano fare” le cose, mi aveva spinto a fare cose che non ero ancoro pronta a fare. Non volevo fare lo stesso sbaglio. Non volevo nemmeno prendere il sesso alla leggera.
Comunque, alla fine, avevo qualcuno con cui parlare. Io e Brian, un amico, parlammo molto di sesso e cosa significava essere noi stessi. Fu in grado di testare alcune delle mie convinzioni chiedendomi se davvero non ci fosse qualcos’altro. Finalmente potei risolvere il tutto e capii quello che era importante per me quando si arrivava al sesso. Finalmente ero in grado di risolvere il nodo della mia etica sessuale.
Finalmente ero stato liberato da un gioco a somma zero; dal prendere decisioni sulla mia vita sessuale basandomi su cosa gli altri pensavano o dicevano dovessi fare. Ero capace di districare la mia sessualità dalla mia educazione evangelica e moralista; di “divorziare” dalle politiche rispettabili che mi dicevano che dovevo conformarmi a determinati standard per essere un cristiano accettabile. (Anche se, quando si è queer, essere un cristiano accettabile non è abbastanza).
Ecco cosa ho imparato:
– È assolutamente possibile fare sesso in modo serio, credere che il sesso importi e significhi qualcosa, anche senza un milione di clausole morali.
– È possibile che persone diverse abbiano modi diversi di vedere il sesso che siano entrambe rispettose, positive e sane. Io non faccio sesso tanto per fare e per me non va bene. Altre persone lo fanno. Nessuna delle due idee invalida l’altra.
– Dobbiamo liberarci da un solo metro di misura che valga per ogni tipo di sessualità. Una persona ha bisogno di una cosa di cui un’altra persona non ha bisogno.
– Quel che importa è la salute, il consenso, la comunicazione e il rispetto. Quel che importa è l’intrinseca comprensione di chi si è e di ciò di cui si ha bisogno.
Come arrivarci?
– Smontare anni di messaggi dannosi su sesso e sessualità richiede tempo. Non succede dalla sera alla mattina. Non succede dopo aver avuto la prima esperienza sessuale elettrizzante con un’altra persona; la colpevolezza e la vergogna possono ancora alzare la testa e farvi sentire che state facendo qualcosa di sbagliato (anche se non è vero).
– Come ci si può creare un’etica sessuale senza che prima qualcuno ce lo abbia insegnato? Se non ci è stato nemmeno permesso di pensarci su?
Ecco alcune delle cose che mi sono dato:
– Chiarite cosa vuol dire il sesso per voi. Non cosa pensate possa essere o cosa le altre persone vi hanno detto che sia. Pensate: cosa significa davvero per voi?
– Dividete la voce delle altre persone dalla vostra. Qual è la voce della Chiesa? Quale quella dei vostri genitori? Quale quella dei vostri amici? È una cosa che potrebbe richiedere del tempo: abbiate un po’ di pazienza.
– Cosa fareste se non ci fosse una condanna della vostra sensualità da parte della vostra Chiesa o dei vostri genitori? Che decisioni prendereste?
– Prendete le vostre decisioni per far piacere a tutti tranne che a voi e al vostro partner? Scegliete il celibato/nubilato perché sentite di doverlo fare? Perché sentite che ve lo domandano Dio o la vostra Chiesa? Scegliete di aspettare fino al matrimonio perché altrimenti non fareste più parte della comunità? Non fate sesso perché pensate sia peccato? Pensateci seriamente.
Credo che possiate aspettare fino al matrimonio prima di fare sesso e che per voi sia la decisione giusta. Credo anche che possiate decidere di rimanere soli per ragioni ben radicate e solide. Ma la maggior parte delle persone che conosco lo fanno perché sentono di doverlo fare.
Magari indorano la pillola con chiacchierate su come qualcosa del genere vada bene per loro, o perché sono d’accordo con gli insegnamenti della Chiesa, ma la realtà è che la decisione poggia sull’idea che il sesso queer sia completamente peccaminoso e sbagliato. Questa convinzione è nociva e deve essere sradicata e gettata alle ortiche.
– Se iniziate (o evitate) una relazione sessuale credendo che il sesso queer (o di qualunque altro tipo al di fuori del matrimonio) sia occasione di vergogna e peccato, questa convinzione vi rovinerà. Davvero. Influenzerà negativamente tutta la vostra vita.
-Se continuate a lottare con vergogna e senso di colpa, avete bisogno di cercare un terapista qualificato (intendo dire un terapista che abbia una laurea e sia iscritto all’ordine e che non sia semplicemente uno “psicologo della Chiesa”). Appurate anche che sia ben informato su sessualità e identità queer. Non avete bisogno di educare il vostro terapista, né di convincerlo che la sessualità queer sia accettabile. Se davvero avete bisogno di vedere un terapista cristiano, assicuratevi che abbia tutte le carte in regola e accetti pienamente l’identità LGBTQ. Se andrete da un terapista che non lo fa questo vi danneggerà.
Cosa volete fare alla fine? Per quelli di noi nati nella fede cristiana questa può sembrare una domanda scandalosa. Ci è stato insegnato che non importa quello che vogliamo, importa quello che vuole Dio! Ma è solo una debole protezione.
Dio ci a dato un cervello per pensare autonomamente; ci ha dato istinto e intuizione; ci ha dato i nostri corpi; ci ha dato il libero arbitrio e la capacità di discernimento. La Chiesa teme che, se davvero ascolteremo noi stessi, entreremmo nella verità che i nostri desideri contano. Il nostro istinto conta. Non abbiamo bisogno di un’autorità esterna che ci dica cosa è giusto per noi; tutto quello di cui abbiamo bisogno è nei nostri cuori, nelle nostre anime e nelle nostre menti. Sediamoci a riflettere con il cuore. Chiediamoci: “Cosa voglio?”. Il nostro corpo ve lo dirà. Il nostro spirito ve lo dirà. Abbiamo solo bisogno di ascoltare.
La sessualità non deve essere complicata. Può essere fonte di gioia, piacere, intimità e divertimento. Ma dobbiamo impegnarci a smontare i messaggi dannosi che abbiamo ricevuto. Dobbiamo impegnarci a comunicare, ad ascoltare noi stessi ed imparare di cosa abbiamo bisogno.
Ve lo prometto, ne vale la pena.
Testo originale: When and how to have sex