L’altra parrocchia. L’esperienza “religiosa” degli omosessuali, da errore a lievito di verità
Testo tratto da Mattia Morretta*, Che colpa abbiamo noi. Limiti della sottocultura omosessuale, Gruppo editoriale Viator, Milano, 2013, pp.180-183
Quale può essere la via della valorizzazione “religiosa” dell’esperienza omosessuale specifica? Il sesso è stato ed è per gli esseri umani rappresentazione, un vero e proprio linguaggio: l’intersezione dei corpi mira a dimostrare il contatto ineffabile e aleatorio tra spiriti, apparendo tragitto più breve per mettere in comunicazione le fragili individualità di carne e tentare una congiunzione impossibile, instabile e transitoria. Per quanto ci si tenga stretti o ci si incastri l’uno nell’altro, si resta inesorabilmente separati, due entità che non diventano una neanche se c’è la prova documentale e sacramentale, l’unione sessuale è solo un segno fugace dell’incontro durante il passaggio su questa terra, i rapporti tra esseri umani nient’altro che “graffi sulla superficie” (V. Woolf), nella consapevolezza per altro di essere nulla nei secoli dei secoli e negli spazi infiniti.
Credo che l’omosessuale, a cagione dell’infecondità implicita negli atti, veda o possa vedere nel volto del compagno la cenere o la polvere cui ciascuno è destinato, e forse per questo possa percepire il senso estetico/artistico della bellezza nella sua caducità. Dovremmo chiederci dunque: l’omosessualità è uno dei talenti a noi affidati, da far fruttare e di cui render conto? E in tal caso, qual è la componente sostanziale ed eterna? Oppure i talenti sono i doni di personalità e i ruoli svolti in comunità, e l’ingrediente sessuale va relegato sullo sfondo?! C’è un messaggio universale nell’esperienza omosessuale e cosa concerne?
Per quanto degno di apprezzamento nelle forme gioiose, non è di sicuro il sesso in sé, se mai la lode e l’amore verso la creatura di sesso maschile e quella di sesso femminile prese a se stanti, commoventi opere di imperfezione, cantate nella mitologia e immortalate nella statuaria grecoromana e rinascimentale. Invece di puntare ad accreditare con l’ideologismo lo scambio sessuale o il vincolo sentimentale tra due omosessuali, si tratta di dimostrare quanto si tiene alla relazione umana anche tra persone con tale orientamento, avendo cura della vulnerabile “carne” assegnataci e vivendo con profondità le opportunità di contatto.
L’omosessualità è pertanto un dato di natura da riqualificare culturalmente, con l’elaborazione di un pensiero raffinato e prezioso e non con rivendicazioni politiche.
* Si ringrazia l’autore per aver autorizzato la pubblicazione di questi estratti del suo saggio.