Lambeth 2022. L’omosessualità divide ancora le chiese della Comunione anglicana
Articolo di Harriet Sherwood* pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 2 agosto 2022, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, a capo della Comunione Anglicana, cerca di accontentare i vescovi conservatori riconfermando la validità di una dichiarazione del 1998 la quale afferma che i rapporti omoerotici sono peccaminosi.
Durante la Conferenza di Lambeth, [che riunisce la chiesa Anglicana] una volta ogni dieci anni, l’arcivescovo ha dichiarato, di fronte a seicentocinquanta vescovi, che per “la grande maggioranza” degli anglicani conservatori mettere in discussione la Bibbia “non è concepibile”: “In molti Paesi [questo] renderebbe la Chiesa oggetto di derisione, disprezzo e perfino aggressioni. Per molte Chiese, modificare la dottrina tradizionale significherebbe metterne a rischio l’esistenza”.
In una lettera indirizzata ai vescovi a seguito di una “sostanziosa discussione” sulla sessualità, Welby ha affermato che la risoluzione del 1998, nota come Lambeth 1.10, “non è in discussione”, ma anche che non userà la sua autorità per disciplinare o espellere le Chiese (come quelle scozzese, gallese e statunitense) che ammettono o benedicono le coppie omosessuali.
Come suggerimento per un possibile futuro cambiamento nella Chiesa d’Inghilterra, Welby ha aggiunto che, per le Chiese che operano nelle democrazie liberali, sarebbe la mancata revisione della dottrina tradizionale a mettere a rischio l’esistenza e a renderle oggetto di derisione, disprezzo e perfino aggressioni.
Michael Curry, primate della Chiesa Episcopale statunitense, comparso su tutte le prime pagine per aver predicato al matrimonio del duca e della duchessa del Sussex, afferma che le varie Chiese operano “in contesti culturali molto diversi”; negli Stati Uniti “sarebbe impensabile non benedire e non santificare le relazioni d’amore tra persone LGBT”, ed è la prima volta che Welby ha pubblicamente affermato di comprendere queste ragioni.
Ma gli attivisti LGBTQ+ anglicani non vedono di buon occhio le parole dell’arcivescovo. Commenta Jayne Ozanne: “Ancora una volta la priorità è salvare un’istituzione creata dagli uomini, e non proteggere la vita delle persone LGBTQ+. Bisogna capire bene che la risoluzione Lambeth 1.10 raccomanda le ‘terapie riparative’ e nega che l’amore tra due persone [dello stesso sesso] provenga da Dio. Si tratta di un bastone con il quale molti di noi sono stati picchiati e continueranno a soffrire in tutto il mondo”.
Novanta vescovi, inclusi otto arcivescovi, hanno firmato una dichiarazione secondo la quale “molte persone LGBT+ nel corso dei secoli sono state ferite dalla Chiesa, e in particolare colpite negativamente dagli eventi delle scorse settimane. Noi auspichiamo venga il giorno in cui ogni persona venga veramente accolta e valorizzata”.
Ma i vescovi conservatori del Sud del mondo chiedono alla Conferenza di confermare esplicitamente la dichiarazione del 1998, la quale definisce “gli atti omosessuali incompatibili con le Scritture” e “ribadisce la fedeltà nel matrimonio tra un uomo e una donna, un’unione per la vita”, oltre a escludere la legittimazione o la benedizione delle unioni omosessuali.
La Global South Fellowship of Anglican Churches (Unione delle Chiese Anglicane del Sud del Mondo), che afferma di rappresentare il 75% degli anglicani di tutto il mondo, afferma che la Lambeth 1.10 “applica esplicitamente i chiari insegnamenti delle Scritture, da sempre professati, alle questioni di morale sessuale”.
Secondo Justin Badi Arama, arcivescovo del Sud Sudan, “Viviamo in un periodo di grande confusione spirituale, in cui tutto sembra lecito. La Chiesa di Gesù Cristo non può permettersi di non rimanere agganciata alla Sacra Scrittura e di andare alla deriva assieme al mondo. La Comunione Anglicana, in questo delicato periodo, ha bisogno di avere dei chiari punti dottrinali sul matrimonio e la sessualità, e questa Conferenza deve confermare la dichiarazione della Conferenza del 1998”.
Secondo l’arcivescovo Badi, la maggioranza dei vescovi presenti alla Conferenza accoglierà il suo appello. Tutti i vescovi anglicani dovrebbero “predicare la buona novella di Gesù Cristo […] Se non rispettiamo le Scritture, vuol dire che riteniamo che Dio abbia torto”. I vescovi che hanno un partner dello stesso sesso o sostengono il matrimonio omosessuale “si sono allontanati dalle vie di Dio”.
La questione della sessualità (o, per dirla nel gergo della Conferenza, della dignità umana) è la più scottante della Conferenza, che avrebbe dovuto tenersi nel 2018, ma è stata rinviata due volte. Sono decenni che le polemiche sulle relazioni omosessuali dividono la Chiesa d’Inghilterra e la Comunione Anglicana. Le Chiese di Scozia, Galles, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Brasile e Messico ammettono il matrimonio omosessuale, o benedicono le coppie dello stesso sesso.
La più accanita opposizione viene dalle Chiese dell’Africa subsahariana: gli arcivescovi di Nigeria, Rwanda e Uganda hanno boicottato la Conferenza.
* Harriet Sherwood si occupa di arte e cultura per il Guardian. In precedenza è stata corrispondente da Gerusalemme e redattrice per l’estero e la Gran Bretagna. Seguitela su Twitter: @harrietsherwood
Testo originale: Justin Welby ‘affirms validity’ of 1998 gay sex is sin declaration