“L’amore omosessuale. Perché non parlarne?” e la difficoltà della teologia cattolica di discuterne
Riflessioni di Franco del Cento studi “Ferruccio Castellano” di Torino
Un incontro interessante quello di Lunedì 18 dicembre 2017 a Torino su “L’amore omosessuale. Perché non parlarne?”, in occasione della prestazione del saggio di Damiano Migliorini (L’amore omosessuale: saggi di psicoanalisi, teologia e pastorale, Cittadella Editrice, 2014), iniziativa promossa da don Gianluca Carrega, incaricato dall’Arcivescovo di Torino per l’accompagnamento delle persone omosessuali e moderato da Gustavo Gnavi, presidente del Centro studi “Ferruccio Castellano” di Torino. In apertura c’è stato un saluto dell’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, portato dal Vicario don Valter Danna (predecessore di Don Carrega nell’incarico pastorale diocesano per l’accompagnamento delle persone omosessuali).
Fra i presenti alcuni genitori, delle persone omosessuali credenti, alcune delle quali unite civilmente, dei battitori liberi ed alcuni sacerdoti con incarichi di particolare rilievo in diocesi, tra cui don don Roberto Repole, Rettore della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – sezione di Torino, che peraltro ha patrocinato l’iniziativa, padre Costantino Gilardi padre Domenicano psicologo e psicoterapeuta, membro dell’Association Lacaninenne Internazionale, e don Paolo Merlo, Preside dell’Università Pontificia Salesiana e professore di Teologia Morale.
In apertura il presidente del Centro studi “Ferruccio Castellano” ha evidenziato che un incontro pubblico sull’amore omosessuale (dunque sull’affettività omosessuale tout cour e non solo sull’orientamento sessuale) nella Chiesa Cattolica, anche solo una trentina di anni fa, non sarebbe stato immaginabile. Questo a significare che in termini di ricerca qualche passo in avanti è stato compiuto, anche se ancora molto resta da fare.
Damiano Migliorini ha presentato i tre filoni portanti del suo lavoro: la parte più tecnica che tocca l’ermeneutica, l’antropologia e i nuovi orizzonti teologici che, a suo dire, non richiederebbero una vera rivoluzione copernicana ma una riproposizione di fondamenti già noti (a sostegno di altrettante teorie morali).
Questi fondamenti, che costituiscono un robusto sistema morale e valoriale, andrebbero rivisti alla luce delle scienze umane per iscrivere l’idea di umanità, corpo, relazione e dunque anche sessualità entro l’esperienza umana senza smarrirne il senso più profondo e senza lasciare cadere alcuni riferimenti precisi quali la dualità del maschile e femminile.
La scommessa dell’autore è quella di utilizzare un paradigma dell’amore che si muova entro i canoni della teologia morale cattolica e che, giudicando gli effetti pratici della “fenomenologia” amore omosessuale, (fedeltà, solidarietà, donazione di sé all’altro etc.) possa svelarne la bontà e la verità.
La seconda parte, quella in chiave più psicoanalitica, curata da Beatrice Brogliato non è stata approfondita per mancanza di tempo e della coautrice. La terza parte riguarda una raccolta di esperienze ed approcci pastorali di accompagnamento delle persone omosessuali credenti che possono offrire un panorama esaustivo di quanto sta succedendo in Italia.
Il dibattito è stato un poco monopolizzato da uno scambio di punti di vista fra il Prof. di Teologia Morale don Merlo e l’autore. Il prof. Merlo ha evidenziato, oltre alla sua competenza decennale, i punti deboli della ricerca di Migliorini quasi a volerne dimostrare l’ingenuità e la non neutralità in termini di scelta di fonti esegetiche e riferimenti accademici più o meno accreditati. Qualcuno gli ha prontamente risposto che nessun punto di vista, in quanto tale, è neutrale – men che meno il suo – visto che se Damiano Migliorini tentava di “allargare” una prospettiva, egli reagiva in maniera specularmente opposta. Migliorini non ha concesso nulla alla polemica o alla querelle personale e ha mantenuto il tenore delle sue affermazioni sul giusto piano del ricercatore che crede nella bontà del suo lavoro e lo argomenta con onestà intellettuale.
A onor del vero anche Don Merlo è stato abbastanza chiaro nella manifestazione del suo pensiero, rigoroso nella forma e nella sostanza. Le persone omosessuali sì – vanno accolte ed incoraggiate – ma parrebbe che la legge morale non possa essere ignorata in nome dell’amore misericordioso, perché la finalità ultima dell’insegnamento morale non può essere tradita. Questo in estrema sintesi il succo di quello che è rimasto sul tappeto prima che gli intervenuti si congedassero.
Qualcuno fra il pubblico – per completezza di informazione – ha abbandonato l’incontro prima della sua conclusione, manifestando con chiarezza e senza mezzi termini il proprio dissenso con le affermazioni di don Merlo che, nel tentativo di chiarire il proprio pensiero, ha usato un paio di analogie ed esempi poco opportuni che, con un poco di attenzione in più, potevano essere tranquillamente evitati – con buona pace di tutti e di tutte.
Siamo abbastanza abituati a tutto, ma che si usino parallelismi fra l’omoaffettività e la pedofilia, anche per semplice amore di speculazione, anche “no grazie”. Prima di uscire dalla sala ho ricordato personalmente a don Merlo che il primato della coscienza per quanto mi riguarda è un valore non negoziabile, davanti al quale anche il Docente di Teologia Morale può dire, ed io posso non essere in accordo col suo dire.
Se continuiamo a mettere nel tritacarne la vita delle persone, anche se in obbedienza a principi rispettabilissimi, e a non consentire ad esse di esprimere dei valori positivi, che ancora oggi stentano ad essere riconosciuti come tali, come chiesa di passi in avanti quando ne faremo?
Vorrei poter rischiare di sbagliare agli occhi del moralista e me ne assumo la piena responsabilità, ma facesse due considerazioni sulla libertà pure lui, sant’uomo! Gli sarà chiaro almeno che una persona omosessuale non ha alternative, se vuole vivere pienamente ciò che è.