L’anno dei russi LGBT. Una persecuzione a cui si stenta a credere
Articolo di Masha Gessen pubblicato sul sito del Thev New Yorker (Stati Uniti) il 29 Dicembre 2017, libera traduzione di Pietro, volontario di GabrielForum
Io penso che mi sia successo solo un paio di volte: ho letto un articolo di cronaca, o anche una serie di storie, e ho pensato che conteneva tali esagerazioni che doveva essere, essenzialmente, falso. Potrei enumerare le mie ragioni, che erano simili entrambe le volte: le storie venivano dai media russi, che sono inaffidabili (anche i media indipendenti, gli standard dell’attività di reporting sono spesso bassi); le storie descrivevano una violenza orribile, quasi impensabile, che veniva così accuratamente, così orribilmente descritta, da stentare a crederci.
So che la violenza è insidiosa, disordinata, banalizzata da chi ne è coinvolto, anche mentre accade, e queste storie sembravano dipingere l’immagine esattamente opposta. Queste storie erano assurde – la parola usata da Hannah Arendt per spiegare perché il mondo fosse così lento a comprendere le minacce omicide poste da Hitler e Stalin.
La prima storia è emersa in Russia circa quattro anni fa. I resoconti affermarono che gruppi organizzati di giovani uomini stavano facendo cadere in trappola persone omosessuali, li torturavano davanti alla telecamera e poi pubblicavano online i video. Ho faticato a credere che tale attività fosse così ben organizzata e diffusa, come affermavano le informazioni che avevo. Da allora ho appreso che il problema era molto più diffuso di quanto inizialmente riportato. I gruppi di vigilantes continuano a far cadere in trappola uomini gay in diverse città russe.
Questa primavera, non potei credere alla notizia che affermava che le autorità – non più vigilantes ma la polizia – in Cecenia stavano rastrellando e torturando uomini gay, e che alcuni di questi uomini erano stati apparentemente uccisi, mentre altri erano stati rilasciati e consegnati ai parenti , affinché li uccidessero. Ho cercato di convincermi che non fossero informazioni vere. Si vociferava di campi di concentramento speciali per uomini gay, associazioni per la difesa dei diritti umani affermarono che questo non era stato verificato. L’articolo originale della scandalistica Novaya Gazeta accusava dell’ondata di arresti, l’attività di un attivista di Mosca per organizzare un Pride da qualche parte nel Caucaso settentrionale. Questo era un classico tentativo di incolpare falsamente le vittime. Eppure il resto della storia era vero.
Sono volata a Mosca a fine maggio per raccogliere la storia degli uomini che erano stati in grado di fuggire dalla Cecenia e in quel momento non riuscivo ancora a immaginare la scala delle purghe. Lasciai la mia borsa in albergo e mi diressi immediatamente verso una delle case protette. Era stato difficile convincere le persone ad accettare di parlare con me, e non volevo dare loro il tempo di cambiare idea. Trascorsi il resto della serata e metà della notte parlando con vittime degli attacchi ceceni, e vi tornai di nuovo il giorno seguente, e il giorno dopo. Nella mia testa, però, le storie iniziarono a sovrapporsi dopo un paio d’ore. Ciò accade quando si ascoltano resoconti di estrema violenza: la nuda sofferenza è un’esperienza monotona. Ho preso annotazioni amano per il repertorio dei boia: elettrocuzione, celle di isolamento, percosse, immersione in una vasca di acqua fredda, mancanza di cibo.
Tornata a New York, ho riguardato i miei appunti sulle tragedie personali di quegli uomini. C’era il tizio il cui nome era stato fornito da qualcuno che sembrava aver amato e che ora si riteneva morto. C’era l’uomo che aveva lasciato là il suo amante. E c’erano molti uomini che erano sposati con donne e avevano bambini che adoravano, che stavano lottando per capire come salvare la propria vita e mantenere le loro famiglie. C’erano parecchi ragazzi a cui disperatamente mancavano le loro madri ma sapevano anche che le loro famiglie probabilmente li avrebbero uccisi se le avessero contattatate.
Erano tutti uomini. Questo non perché le lesbiche hanno affrontato meno rischi in Cecenia, ma perché ne hanno affrontato di più. Gli uomini, almeno, erano liberi di lasciare la regione da soli; le vite delle donne erano controllate interamente dai loro padri, fratelli e mariti. Gli attivisti che stavano aiutando gli uomini avevano protetto una giovane donna, ma, quando sono arrivata a Mosca, era scomparsa. Ho ascoltato alcune parti della sua storia dalle registrazioni di due conversazioni con lei, sul telefono di altri. Pochi giorni dopo, era morta, probabilmente uccisa dalla sua famiglia.
Per motivi di sicurezza, ho proferito non scrivere sullo sforzo di soccorso dettagliatamente, ma scommetto che, se avessi letto una storia al riguardo, non ci avrei creduto. Non avrei mai potuto immaginare che in Russia, dove la società civile è stata calpestata dalle autorità con forza, le persone queer, che sono state il capro espiatorio per l’elezione del governo per diversi anni, sarebbero state in grado di compiere uno sforzo ingegnoso e complesso come quello che ho osservato.
Alla fine dell’anno, la rete LGBT russa e il Centro comunitario LGBT di Mosca erano riusciti a portare centosei persone fuori dalla Cecenia e poi dalla Russia. Una manciata di persone senza una formazione speciale e con pochi fondi, fin dall’inizio sono riusciti a salvare centosei persone da morte certa. Verso la fine dell’estate, i miei contatti a Mosca mi dissero che stavano terminando il loro lavoro. Pensavano di star inviando l’ultimo gruppo di uomini fuori dal paese. Ma poi in realtà continuarono ad arrivare.
Finora, la maggior parte degli uomini che hanno aiutato sono andati in Canada. Alcuni sono sbarcati in America Latina e in Europa. Molti di loro temono di andare in paesi con grandi comunità cecene, dove è probabile che vengano presi di mira in esilio.
Sembra che nessuno degli uomini sia arrivato negli Stati Uniti. In generale, gli Stati Uniti sono fra la mezza dozzina di paesi che sono ragionevolmente in grado di concedere asilo alle persone perseguitate sulla base del loro orientamento sessuale o identità di genere: un piccolo sottogruppo del numero molto esiguo di paesi che accolgono i richiedenti asilo di ogni genere. (Altri paesi del gruppo selezionato che concedono asilo alle persone LGBT comprendono il Sudafrica, il Belgio, l’Argentina, i Paesi Bassi e la Svezia).
Per ora, i richiedenti asilo LGBT stanno ancora bene negli Stati Uniti, ma il processo di candidatura richiede anni e, con l’amministrazione Trump che vuole ridefinire il panorama dell’immigrazione negli USA, è difficile immaginare che questo paese rimarrà accogliente per tanti uomini gay musulmani, anche quando stanno fuggendo da un pericolo mortale.
Testo originale: The Year Russian L.G.B.T. Persecution Defied Belief