L’apostolo Paolo e l’omosessualità
Riflessione di Gabriella Lettini tratta da Omosessualità, Claudiana editrice, pp.30-32
La maggior parte dei libri del Nuovo Testamento, inclusi i Vangeli, non affronta il tema dell’omosessualità. Paolo è l’unico autore che vi faccia riferimento.
Una delle sue affermazioni più lapidarie si trova al capitolo 1 della lettera ai Romani:
«Perciò gli uomini non hanno alcun motivo di scusa: hanno conosciuto Dio, poi si sono rifiutati di adorarlo e ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non hanno capito più nulla. Essi, che pretendono di essere sapienti, sono impazziti, adorano immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi e di rettili, invece di adorare il Dio glorioso ed immortale. Per questo, Dio li ha abbandonati ai loro desideri..
io li ha abbandonati lasciandoli travolgere da passioni vergognose: le loro donne hanno avuto rapporti sessuali contro natura, invece di seguire quelli naturali. Anche gli uomini, invece di avere rapporti con le donne, si sono infiammati di passione gli uni per gli altri.
Uomini con uomini commettono azioni turpi, e ricevono così in loro stessi il giusto castigo per questo traviamento» (Rom. 1,20-24,26-27).
Romani 1,26 è l’unico versetto nella Bibbia ad avere un possibile riferimento al lesbismo. Ma il suo significato non è chiaro, tanto che alcuni commentatori vi hanno visto un riferimento a rapporti eterosessuali in cui la donna aveva un ruolo dominante: anche questo, nella società patriarcale del tempo, poteva esser visto come un comportamento contro natura.
Per capire meglio le affermazioni di Paolo, bisogna prendere in considerazione il contesto culturale greco-romano in cui prostituzione maschile e pederastia erano molto comuni. Paolo potrebbe avere in mente questo tipo di relazioni abusive e degradanti, invece di aver avuto esperienze di relazioni durature di coppie omosessuali basate sul rispetto e sull’amore.
L”esegeta nordamericano Robin Scrogg non ha dubbi in proposito: l’omosessualità a cui si oppone il Nuovo Testamento sarebbe la pederastia, che era una pratica comune nel mondo greco-romano.
Altri interpreti si interrogano sul significato di paraphysin, ovvero contro natura. In termini moderni, questa espressione potrebbe anche indicare un rapporto che va contro il proprio naturale orientamento sessuale.
Se accettiamo che l’omosessualità è una cosa naturale, allora un rapporto contro natura potrebbe essere quello di un uomo gay che si imponga di vivere come un eterosessuale. Compiere atti contro natura potrebbe anche essere il non accettare la condizione nella quale si è stati creati, compreso l’orientamento sessuale.
Il teologo biblico statunitense William Countryman porta un interessante contributo al dibattito su questo passo, affermando che l’interpretazione corrente per cui Paolo si stia riferendo all’omosessualità usando la categoria del peccato deve essere radicalmente riveduta. Il peccato di cui Paolo sta parlando in riferimento ai pagani sarebbe l’idolatria.
L’omosessualità sarebbe un aspetto sgradevole e riprovevole della cultura dei pagani, che non era di per sé peccato, ma aveva colpito la cultura pagana come punizione per la loro idolatria.
Nella prima lettera ai Corinzi, Paolo si esprime duramente nei confronti di coloro che, per il loro comportamento, non entreranno nel regno di Dio: «Non illudetevi: nel regno di Dio non entreranno gli immorali, gli adoratori di idoli, i adulteri, i maniaci sessuali, i ladri, gli invidiosi, gli ubriaconi, i calunniatori, i delinquenti».
Purtroppo, molti cristiani hanno ancora nelle orecchie traduzioni del tutto inadeguate, dove il termine greco malakos (letteralmente: «molle») era reso con «effeminato», mentre molto più probabilmente riferisce a qualcuno che manca di dirittura morale.
In altri passi del Nuovo Testamento, infatti, questo termine non viene mai usato con una connotazione sessuale. Similmente, parola greca arsenokoitai, composta da un termine che significa maschi e uno che significa letti, è stata spesso tratta con omosessualità.
Ma la tradizione esatta di questa parola, presente solo un’altra volta nel Nuovo Testamento, è alquanto discutibile.
Secondo John Boswell, autore di numerosi studi sull’omosessualità nella Bibbia e nella tradizione cristiana, arsenokoitai potrebbe molto probabilmente riferirsi alla prostituzione maschile, ampiamente praticata tra i pagani e che Paolo considera come cosa impura e sconveniente.