L’arcivescovo cattolico di Bombay: “le persone LGBT sono nostri figli”
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), l’8 dicembre 2015, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Essere gay non dovrebbe essere illegale. Questo è il messaggio di un altro prelato indiano al legislatore del Paese che si appresta a decriminalizzare l’omosessualità, mentre papa Francesco sta dando avvio all’Anno della Misericordia. L’arcivescovo di Bombay (Mumbai, INDIA), cardinale Oswald Gracias, ha rilasciato un’intervista allo Hindu Times in cui parla della sua opposizione pubblica alla legge denominata Sezione 377, che criminalizza l’omosessualità: “Secondo me, bisogna capire che l’omosessualità è un orientamento. […] So bene che i ricercatori sono ancora divisi: è una scelta o un orientamento? Ci sono due opinioni in proposito. Ma io penso che magari alcuni hanno questo orientamento, che glielo ha donato Dio, e per questa ragione non dovrebbero essere ostracizzati dalla società”.
Monsignor Gracias è stato l’unico leader religioso indiano che abbia criticato la nuova criminalizzazione dell’omosessualità nel 2013. Quando la Corte Suprema di Delhi decise di rimettere in vigore la Sezione 377 egli fu subito contrario per principio e ora spera che il legislatore possa abolirla.
Criminalizzare l’identità sessuale di una persona è una forma di discriminazione a cui la Chiesa si oppone. Monsignor Gracias ha fatto notare che “lo stesso Vaticano non è a favore della criminalizzazione” e che è una questione distinta da quelle di etica sessuale. Al di là della Sezione 377, gli incontri del cardinale con le persone LGBT sono ricchi di implicazioni per la Chiesa: le persone da lui incontrate si sforzano di servire con fedeltà la Chiesa e la società.
Facendo riferimento all’Anno della Misericordia ha affermato: “La società dovrebbe cambiare atteggiamento verso di loro, essere più accogliente e comprensiva”, ciò che desidera anche la Chiesa. La Chiesa indiana può aiutare la gente ad allargare le sue vedute: “La Chiesa ha un importante ruolo nel fornire un senso di sicurezza. [Le persone LGBT] non dovrebbero essere semplicemente tollerate, dovrebbero essere accettate. Molte di queste persone soffrono grandemente, senza loro colpa. Vorrebbero avere una famiglia e dei figli, ma non possono. È una croce che devono portare”.
Monsignor Gracias ha criticato “chi esprime giudizi”, in particolare chi pensa che “l’orientamento omosessuale è una scelta”. Il cardinale ha raccontato che, in un incontro della Conferenza Episcopale dell’India da lui presieduta, i convenuti hanno riconosciuto che la loro retorica su lesbiche e gay è stata troppo aspra. Recentemente ha chiesto a un sacerdote di moderare i termini a proposito dell’omosessualità nelle sue omelie.
Il cardinale guarda però in faccia la realtà della Chiesa locale e della cultura indiana in generale, molto tradizionalista e resistente al cambiamento. Esprime il timore di una rivolta se i diritti LGBT guadagnassero troppo terreno, ma aggiunge che questo non fermerà il progresso perché le comunità “non dovrebbero soffrirne” e continua: “Forse questo cambiamento richiederà tempo: la società indiana non è davvero pronta. Certamente però il cambiamento ci sarà oggi, domani, quando sarà il momento giusto”.
Mentre comincia l’Anno della Misericordia vorrei richiamare l’attenzione sulla ragione che il cardinale adduce per il suo approccio più inclusivo al mondo LGBT: “Da un po’ di tempo sto riflettendo se la Chiesa dovrebbe essere più accogliente verso i membri della comunità LGBT. Ho incontrato alcuni loro gruppi e associazioni e posso dire di comprenderli. Non voglio che siano ostracizzati. Ecco perché un po’ di tempo fa sono uscito pubblicamente allo scoperto contro la criminalizzazione dell’omosessualità. […] Quando interagisci con loro, capisci che possono essere chiunque, possono essere i figli e le figlie dei nostri amici, della nostra società. Eppure sono sempre nascosti, rintanati. Sono spaventati dalla prospettiva di uscire allo scoperto perché non verrebbero accettati”.
Le dichiarazioni pubbliche di monsignor Gracias contro la criminalizzazione sono lodevoli, così come le parole pronunciate durante l’intervista esclusiva col blog Bondings 2.0 in margine al Sinodo sulla Famiglia in cui ha ribadito che: “La Chiesa accoglie […] vuole […] ha bisogno delle persone LGBT”. La cosa più istruttiva, tuttavia, è la sua disponibilità a incontrarle e a correre il rischio di commuoversi alle loro storie.
Papa Francesco auspica una “cultura dell’incontro” che pochi leader cattolici stanno applicando. Tra voi lettori ci sono molti militanti che lavorano nelle loro parrocchie creando incontri. Non possiamo conoscere l’impatto di una lettera o un convegno, ma sappiamo con certezza che è questo il modo in cui si cambiano la Chiesa e la società.
L’Anno della Misericordia è un momento perfetto per riannodare il dialogo tra i cattolici LGBT, le loro famiglie, le loro comunità di fede e i leader della Chiesa di tutto il mondo. Cosa aspettiamo per incominciare?
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Testo originale: As Year of Mercy Begins, Cardinal Says Being Gay Is Not a Crime