“Lasciate che i gay si sposino. Anche la psicologia ha detto sì”
Articolo del primo maggio 2013 di monica mazzotto pubblicato su lastampa.it
“E i figli di coppie gay sono come tutti gli altri”. «Non esistono motivazioni scientifiche valide per proibire i matrimoni omosessuali». Più chiaro di così. È la dichiarazione resa dalla Apa, l’American psychological association, la più importante associazione di psicologi Usa, di fronte alla Corte Suprema, interpellata per giudicare, entro giugno, due casi fondamentali per i diritti omosessuali. Il primo riguarda il dubbio di incostituzionalità per il divieto dei matrimoni gay in California e il secondo sfida la legge federale, che definisce il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna.
Dottor Clinton Anderson, lei è a capo del dipartimento dell’Apa che si occupa di queste tematiche, noto come Lgbt, Lesbian, gay, bisexual and transgender concerns office: quali sono gli studi che vi hanno spinto a esprimervi così nettamente a favore dei matrimoni gay?
«La nostra affermazione si basa sull’analisi di molte ricerche condotte dagli Anni ’50 a oggi e che hanno confrontato coppie eterosessuali e coppie omosessuali. Ancora non possiamo paragonare coppie sposate omo ed eterosessuali, perché, negli Usa, il matrimonio gay è consentito solo in alcuni Stati (il primo è stato il Massachusetts, nove anni fa). Gli studi su cui ci siamo basati comparano coppie dello stesso sesso a coppie eterosessuali e non hanno trovato significative differenze sui motivi che rendono le coppie felici o infelici, di successo o insuccesso, soddisfatte o insoddisfatte».
Non ci sono davvero differenze?
«L’unica differenza emersa è che la longevità delle coppie omosessuali potrebbe essere leggermente più breve di quella eterosessuale. Ma dobbiamo cercare di capire le motivazioni: le coppie sposate ricevono un forte incoraggiamento sociale a rimanere unite e inoltre, per divorziare, devono affrontare barriere sia legali sia sociali. Al contrario le coppie omosessuali, ma anche le coppie eterosessuali non sposate, non sono supportate da questi sistemi legali e sociali.
Il matrimonio quindi può influenzare la durata di un rapporto e può essere un incoraggiamento a rimanere insieme. Per questo, finché non ci saranno studi su coppie omosessuali sposate, i dati non possono essere paragonati e non abbiamo motivi per pensare che la longevità di una relazione sia correlata all’orientamento sessuale».
La longevità è l’unica differenza?
«Ovviamente ci sono differenze di genere. Gli uomini e le donne nelle loro relazioni sono diversi. Negli Usa gli uomini sono più inclini ad avere relazioni al di fuori del rapporto ufficiale e le donne sono più inclini a occuparsi della casa e dei figli. Queste differenze di genere vanno rapportate alla tipologia di rapporto: si è osservato che nelle coppie omosessuali c’è un maggiore equilibrio dei ruoli, per esempio nelle mansioni di casa o nel contributo alla vita di coppia».
Ma quali vantaggi, rispetto a una convivenza, derivano dal matrimonio di una coppia gay?
«Una vasta serie di ricerche su coppie sposate eterosessuali ha evidenziato come il matrimonio porti numerosi benefici non solo sociali, legali ed economici, ma anche psicologici. Crediamo che non vi siano motivi validi per non poter estrapolare gli stessi risultati per le coppie omo. Ed è verosimile che anche per loro e per i figli ci sarebbero gli stessi benefici».
Con la Francia, dove è passata al Senato la legge sui matrimoni omosex, sono 14 i Paesi, oltre ai nove Stati Usa, dove due persone dello stesso sesso possono sposarsi: quanto contribuisce la scienza a cancellare tabù e stereotipi?
«Ci sono molte ricerche psicologiche che spiegano quali siano i fattori nel cambiamento d’opinione rispetto a un problema. Ma, tra questi, la conoscenza del problema stesso non ha la maggiore influenza».
Quali sono, allora, gli elementi decisivi?
«L’interagire, il condividere le vite delle persone, il ridurre le proprie ansie grazie a questa vicinanza, il comprendere e l’empatia: sono queste le chiavi che consentono un reale cambiamento di giudizio. Penso, però, che il ruolo della conoscenza e della scienza sia importante, perché costringono le persone a confrontare le proprie convinzioni con dei dati di fatto. Così non ci si può più nascondere dietro l’idea che esistano delle differenze».
In Italia un sondaggio Istat ha evidenziato che il 43,9% degli intervistati si dice d’accordo sui matrimoni gay, mentre solo il 20% sull’adozione da parte di una coppia omosessuale. L’ Apa, invece, insieme con l’American academy of pediatrics, si è dichiarata favorevole anche all’adozione: su quali basi?
«Premetto che c’è grande differenza tra Usa ed Europa. Da noi è più facile per le coppie omosessuali reclamare i diritti relativi alla paternità o alla maternità. In molti Stati è possibile l’inseminazione artificiale per coppie lesbiche, l’utero in affitto per le coppie gay e anche l’adozione da parte del compagno omosessuale del figlio di uno dei due. In questo campo sono state fatte numerose ricerche, prendendo in considerazione diversi parametri, quali valutazioni psichiatriche, intelligenza, comportamenti problematici, autostima, e c’è sempre stata unanimità nei risultati: non esiste relazione tra l’orientamento sessuale dei genitori e alcun tipo di disagio emotivo, sociale e psicologico dei bambini».
Ma i bambini di coppie «non convenzionali» non rischiano qualche forma di emarginazione?
«Può essere un problema, ma avviene con minore frequenza di quanto si creda. L’importante è far parte di una comunità, perché la comunità non attacca mai se stessa. Avere un senso di appartenenza aiuta l’accettazione. Il vero problema è il bullismo nei confronti di tutti i bambini, non solo dei figli di genitori gay. Se si riuscisse a ridurlo, tutte le altre questioni scomparirebbero».