Laudato si’. La Creazione, una buona notizia e una rivoluzione
Articolo di Dominique Lang* pubblicato sul sito della rivista cattolica Temoignage Chretien (Francia) il 12 giugno 2015, traduzione di finesettimana.org
Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco: se si considerano le reazioni di diversi ambienti e di vari media, cristiani e non cristiani, un po’ in tutto il mondo, sembra evidente che attorno a questo testo sta succedendo qualcosa. Dopo una prima enciclica scritta a quattro mani con il suo predecessore, questo testo è integralmente frutto della “mano” del papa sudamericano.
Un testo che costituisce anche “una prima” poiché affronta il problema della presa di “coscienza ecologica” contemporanea, come un segno dei tempo che Paolo VI aveva già intravisto fin dal 1970. Dopo quarant’anni di maturazione, la dottrina sociale della Chiesa si arricchisce così di un nuovo “pannello” della sua riflessione che potrebbe rinnovare in profondità la sua pastorale.
Sull’aereo di ritorno da Sarajevo, alcuni giorni fa, rispondendo alla domanda di una giornalista sullo spazio che occupa il mondo digitale nell’educazione dei più giovani, il papa spiegava: “Sappiamo che il consumismo e il relativismo sono dei cancri della società. Argomenti di cui parlerò nell’enciclica che uscirà questo mese”. Dopo Giovanni Paolo II (Centesimus Annus) e Benedetto XVI (Caritas in Veritate), papa Francesco assume così, con un sorprendente carisma, una critica frontale della globalizzazione liberale come si dispiega sotto i nostri occhi dalla caduta del modello comunista.
Per lui, il materialismo diffuso minaccia la vitalità stessa dell’esperienza umana, individualmente e collettivamente. Questo papa denunciava già, a Lampedusa, la “globalizzazione dell’indifferenza” davanti alle morti tragiche di migranti in mare. E, poco tempo dopo, quella “cultura dello scarto” che genera scandalosi sprechi di alimenti e di beni, accentuando le disuguaglianze sociali, gettando generazioni intere nella precarietà e nella disoccupazione istituzionale.
A questo atteggiamento che ci interpella in maniera profetica, in nome del rispetto dei più poveri, il papa, che non a caso ha scelto di chiamarsi Francesco, aggiunge la forza contemplativa del Poverello, evocando la fraternità universale che si dispiega attraverso tutte le creature di questo mondo. Si comprende così perché non abbia difficoltà, lui papa sudamericano, a parlare del legame che dobbiamo mantenere con la nostra “terra-madre”, un’espressione fino ad ora spesso sospettata di paganesimo latente dalle autorità ecclesiali.
Dobbiamo essere sorpresi del grande silenzio della teologia della Creazione che le nostre Chiese attraversano da alcuni secoli e in particolare dal dopoguerra? Schiacciate tra atteggiamenti filosofici antichi, spiritualità talvolta ben poco incarnate e teologie sistematiche e ben poco intuitive, le teorie e le pratiche della fede cristiana del nostro rapporto con il mondo si sono così inaridite dall’interno. Le esperienze di fraternizzazione nella natura dei Padri del deserto o degli eremiti sono state dimenticate, così come le teologie mistiche di un’Ildegarda o le narrazioni di vita dell’indiana Kateri, martire indigena del Canada!
E sospettate di sincretismo sono state le esperienze spirituali rinnovate a contatto con altre tradizioni spirituali più vicine alle energie del mondo. Con il chiavistello cartesiano dei Moderni e i modelli cosmogonici nuovi di un Galileo o di un Darwin, la fede cristiana si è lasciata, a poco a poco, sradicare. Non ha più alcun rapporto con la terra. Solo la liturgia ricorda a tutti, nella semplicità di una benedizione per la semina o nella concretezza del rito eucaristico, che la salvezza di Cristo riguarda davvero tutto di questo mondo: l’umanità e tutta la creazione!
L’enciclica di papa Francesco potrebbe costituire una sferzata contro questa incoerenza pastorale tra la fede in una creazione buona e donata da Dio e l’indifferenza di molti davanti al suo rapido degrado attuale. In questi ultimi anni sono già nati in Francia piccoli gruppi locali a manifestare questa nuova preoccupazione. Segni precorritori di una rete in corso di costituzione? Sarebbe una buona notizia per aiutare un certo numero di fedeli a superare il conformismo sociale e a rinnovare pratiche pastorali devitalizzate. Chissà se, tra qualche anno, i campanili ritroveranno la grazia dei
giardini? E se forse anche le nostre comunità ritroveranno la gioia di una “sobrietà felice”? È tutto il male che auguriamo loro.
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* Dominique Lang è biologo, prete e giornalista francese
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Testo originale: La Création, une bonne nouvelle et une révolution