Laura e Alberto: nostra figlia “ci disse che era lesbica e l’abbiano amata più di prima”
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Trascrizione integrale* dell’intervista a Laura ed Alberto, genitori cristiani con una figlia LGBT della privincia di Firenze, filmata al ritiro spirituale Camminando s’apre Cammino di Sestri Levante (31 maggio-2 giugno 2019) nell’ambito del progetto “La verità rende liberi” dell’associazione La Tenda di Gionata
Laura: Mi chiamo Laura, ho conosciuto mio marito 35 anni fa, perché lui scrive canzoni, più che altro canzoni di chiesa. Scrisse una canzone per il matrimonio di alcuni miei amici e venne ad insegnarcela in parrocchia, poi ci siamo innamorati ed abbiamo iniziato questo cammino insieme. Nel 1987 è nata la prima figlia, nel 1989 Costanza e poi, a seguire, Pietro e Francesco. Io sono cresciuta, così come anche Alberto, in un ambiente di parrocchia, in un ambiente cattolico, con la formazione dell’Azione Cattolica, sia nelle idee, che nei concetti culturali cattolici.
Nel DNA di ciascuno di noi c’era sempre stata l’immagine di avere dei figli e una famiglia tradizionale: una donna che poi si sposerà con un ragazzo e farà la sua famiglia. Fino a che, cinque anni e mezzo fa, quando nostra figlia fece coming out con noi, dicendoci che era lesbica.
Da quel momento personalmente ho fatto un lungo cammino personale che, partendo appunto dalla mia educazione cattolica dove l’omosessualità veniva vissuta come un disordine e come “una malattia”, io ho fatto un mio percorso, fino ad arrivare ad oggi. Ci sono arrivata facendo un percorso d’apertura, nei confronti della fede e riscoprendo un Dio che ci ama così come siamo, ed ama anche le persone omosessuali.
Con il coming out di nostra figlia Costanza, devo dire che in un primo momento la mia preoccupazione di madre mimportava a pensare che la sua vita sarebbe stata più difficile, fosse più solitaria. All’inizio avevo temuto che non sarebbe stata mai felice del tutto.
Devo dire poi il mio salto per superare queste idee è stato abbastanza breve. In quel momento l’ho amata ancora di più e ne sono stata ancora più orgogliosa. Ho apprezzato tanto il percorso che aveva fatto, la sua maturazione sia umana che di fede, che aveva fatto per arrivare ad avere il coraggio di fare il suo coming out. Di come è arrivata a determinarsi ed a dichiararci che lei era così.
Noi possiamo dire che siamo genitori fortunati, perché in questo modo abbiamo scoperto anche il cammino di fede dei gruppi di cristiani LGBT, di figlie e di genitori LGBT, anche grazie a Kairos, il gruppo di cristiani LGBT di Firenze, dove siamo approdati e che per noi è stato fondamentale.
Perché è fondamentale trovarsi anche con altri genitori e con altri figli LGBT (che per noi sono tutti nostri figli), perché è importante far passare e vivere questo amore che trascende, quando si vive un amore che va oltre a quello “tradizionale”.
Un prete una volta mi ha detto che la sacra famiglia era famiglia, anche se Giuseppe non era il babbo di Gesù, Maria era ancora vergine e Gesù a 12 anni al tempio gli disse “io vado per i fatti miei”. Anche questa è un’immagine della famiglia! Perché l’importante è il senso d’accoglienza reciproca.
Noi viviamo in questi gruppi (di cristiani LGBt e i loro genitori) cercando di testimoniare questo amore che trascende. Perciò vogliamo aiutare altri genitori a vedere oltre, ad andare oltre l’omosessualità dei loro figli, per poterli accogliere ed amare, solo così si diventa genitori fortunati.
Alberto: io riguardo al percorso di noi genitori cito sempre una frase di una canzone di Gianna Nannini che dice: “… i figli spostano i confini”. Io credo che questo sia assolutamente vero, sotto ogni aspetto. Noi abbiamo un’idea dei figli, ma poi i figli, con il loro vissuto, ci mettono di fronte a degli scenari diversi da quelli che immaginavamo. Certamente il nostro percorso è un cammino che matura.
Una volta mia figlia Costanza mi disse che andava a ballare ed quando le chiesi: “Ma dove vai?”, lei mi disse che andava sempre nei locali gay. Io mi chiedevo “ma come può trovare il fidanzato se va nei locali gay?”. Non mi rendevo conto, o forse non volevo rendermi conto, che il suo futuro forse sarebbe stato diverso.
Quindi c’è sempre da aver pazienza sui tempi e sui percorsi che fa un figlio col coming out. Ma anche su quelli che farà un genitore, perché i tempi a volte possono non esser brevi. C’è da aver pazienza per trovare il momento giusto, anche se la cosa più importante è sia che i figli riescano finalmente ad esser se stessi, ma che anche i genitori vedano veramente i loro figli, e non l’immagine che si sono creati di loro.
Com’è cambiato, se è cambiato, il vostro rapporto con vostra figlia dopo il coming out?
Laura: Allora io e mia figlia abbiamo sempre avuto un rapporto molto complice, abbiamo sempre parlato tantissimo. Quindi da un punto di vista educativo il nostro rapporto mamma – figlia è rimasto lo stesso. Si è rafforzato quando finalmente è venuta fuori la verità. La verità di chi è lei veramente ha portato alla piena accettazione da parte mia.
Per lei oggi non provo solo l’amore e l’affetto, ma anche sono orgogliosa di lei, perché ci vuole anche la stima e l’orgoglio per il proprio figlio. Tutto questo si è rafforzato con la verità. Perché è importante per i nostri figli, che già fanno fatica a fare il percorso di accettazione della propria omosessualità, arrivare ad essere alla luce del sole semplicemente quello che sono. E di questo sono orgogliosa.
Alberto: Io posso aggiungere che sicuramente il nostro rapporto è migliorato perché finalmente Costanza ha fatto pace con se stessa. E credo che sia un aspetto molto importante, perché la rabbia che uno manifesta quando non ha fatto pace con se stesso, ti porta a vivere in modo non armonioso il rapporto con gli altri, anche con i tuoi genitori.
Io ho notato che c’era in lei una certa aggressività, anche se Costanza non è mai stata una ragazza particolarmente aggressiva. Però anche questa è venuta meno quando il cerchio si è chiuso e tutto ha avuto il suo compimento. E quindi ha trovato veramente la sua pace. Questo dono non ha fatto altro che migliorare il rapporto che c’era tra noi.
Cosa direste ad un genitore che ha appena ricevuto il coming out del proprio figlio?
Laura: Se sei una mamma o un papà (anche se noi a Firenze diciamo babbo) che ricevi questa notizia, all’inizio ti può sembrare sconvolgente, proprio perché nel sentire comune non si vede più la continuazione della vita, in una famiglia formata da un uomo, da una donna e dai figli. Perciò datevi il tempo di assorbire la cosa e di riflettere.
Però tenete presente che vostro figlio non è cambiato. Non è che prima era una persona e dopo che vi ha detto di essere omosessuale è un altro. E’ sempre vostro figlio, quindi ripartire da questo. Ripartite nel considerare il rapporto con lui, per riuscire a ritrovare un punto di contatto e per accettare questa novità.
Molto spesso noi genitori pensiamo che i nostri figli debbano rimanere dentro un bel quadretto, stile pubblicità (del mulino bianco), ad immagine di famiglia idilliaca che non esiste.
Diciamo che un figlio LGBT ti costringe ad andare oltre e questo può disorientare, perché alla fine a ogni mamma e a ogni babbo sembrerà di andare ad esplorare dei mondi sconosciuti. Ma vostro figlio è sempre vostro figlio. Non è che dopo aver fatto coming out con voi si debba cambiare nei suoi confronti.
Certo ci vuole il suo tempo e non è detto che tutti poi arrivino a questa maturazione. Ma son convinta che poi alla fine ci si arriva. Sono convinta che così le persone, i genitori ed anche di più i ragazzi imparino a riscoprire il loro cammino di fede, perché così non ci dimentichiamo che noi siamo tutte creature di Dio, che Dio ci ama così come siamo e come ama noi genitori, ama i nostri figli. Ed è in questa logica di amore e di fede che bisogna andare avanti.
Alberto: Mi sento di aggiungere solo che la diversità spaventa sempre, ma per non essere così spaventati c’è solo la conoscenza, perché se si conosce veramente una persona, poi ogni diversità passa in secondo piano.