Le chiese cristiane e le persone omosessuali. Quando l’accoglienza vince i pregiudizi
Riflessioni di Donal Godfrey* tratte da eurekastreet del 3 marzo 2008, liberamente tradotte da Pina
Tempo fa, trascorsi un anno in Australia e, di tanto in tanto, ebbi modo di presiedere alla Messa di Acceptance (Acceptance Mass). Acceptance è l’organizzazione cattolica omosessuale di Sidney. Da qui è nato il mio interesse per la Dichiarazione di scuse alla comunità gay, la coraggiosa iniziativa del pastore battista Mike Hercock e di altri sacerdoti cristiani (Marzo 2008).
La Dichiarazione è espressa con cura ed è in linea con l’insegnamento cattolico. Essa riconosce che le chiese non sono state luoghi di accoglienza per gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT). In realtà, spesso, le chiese si sono rivelate profondamente prive di affetto verso le comunità GLBT. Molti cattolici ed altri cristiani desiderano ardentemente che le loro chiese siano luoghi di accoglienza per tutti e si impegnano nel perseguire questo obiettivo.
La Dichiarazione di scuse soggiunge che i firmatari non assumono una posizione biblica sulle relazioni omosessuali. E’ un documento pastorale piuttosto che un insegnamento: unisce gli appartenenti al clero che hanno opinioni molto diverse sulla questione dei rapporti omosessuali e, tuttavia, riconosce il valore delle scuse della chiesa ai gay.
Per alcuni anni sono stato membro della Parrocchia del Santissimo Redentore nel quartiere Castro di San Francisco. Circa tre quarti dei fedeli sono dichiaratamente gay. Uno di essi, Patrick Mulcahey, mi parlò del suo ritorno alla Chiesa Cattolica, al Santissimo Redentore, alcuni anni fa.
Egli descrisse l’esperienza come “ciò che qualsiasi cattolico proverebbe dopo 20 incredibili anni di lontananza”. “Fu la chiesa stessa, in tutta la sua grandiosità, bontà e mistero, nella bellezza immutabile di una liturgia ben riuscita…per la prima volta da quando divenni grande abbastanza per comprendere me stesso come essere sessuale, c’era una chiesa che non mi stava allontanando”.
Patrick precisò che qualsiasi cattolico che fosse rimasto su un’isola deserta per 20 anni avrebbe provato la stessa cosa entrando in una chiesa dove un rispettabile sacerdote stava celebrando la messa. Ma, suppose, fu qualcosa che non avrebbe potuto provare in nessun’altra chiesa.
“La gente non capisce perché gay e lesbiche si trasferiscono a San Francisco, Los Angeles, Miami, New York e in città intorno al mondo che hanno fatto prosperare i quartieri gay. Per stare con altri simili a noi? Per fare sesso selvaggio e partecipare a grandi feste? La verità è che veniamo qui soprattutto per dimenticare di essere gay, soltanto per ridurre quel fardello, solo per essere umani. Per noi, il Santissimo Redentore è la chiesa dove poter andare ed essere semplicemente cattolici”.
Le attività pastorali stanno cambiando in alcuni luoghi. Tuttavia, i parrocchiani, come quelli del Santissimo Redentore, rimangono un’eccezione. All’Accoglienza e al Santissimo Redentore ascolto continuamente le storie di cattolici omosessuali allontanati a causa di un misto di ostilità, ignoranza e rifiuto. Di solito questa omofobia riguardava, in maniera ostile, il rapporto con Dio.
Essi sono felici di aver trovato una comunità cattolica devota, dove la guarigione, il riscatto e l’amore incondizionato di Gesù vengono compresi da tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale.
In generale, l’insegnamento della chiesa condanna gli atti omosessuali, ma il Catechismo, che segue l’insegnamento di Gesù, dice questo nei riguardi degli omosessuali: “Essi devono essere accettati con rispetto, misericordia e sensibilità. Ogni gesto di ingiusta discriminazione nei loro confronti deve essere evitato” (2358).
I Vescovi statunitensi ribadirono questo concetto nel lontano 1975, quando dissero: “Gli omosessuali, come chiunque altro, non dovrebbero soffrire a causa dei pregiudizi contro i loro essenziali diritti umani. Essi hanno diritto al rispetto, all’amicizia e alla giustizia; dovrebbero avere un ruolo attivo nella comunità cristiana”.
Nel mondo, i gay lottano per trovare un posto al banchetto delle nostre chiese. Nella fede cristiana, la sfida è seguire Gesù. Ciò significa essere come Lui, una persona che ha trascorso molto tempo con gente che il resto della società aveva rifiutato.
In questo senso, la sfida della chiesa è quella di essere una comunità che confessa i suoi fallimenti e cerca di sostenere una incoraggiante riconciliazione tra le razze, tra i vecchi e i giovani, tra liberali e tradizionalisti, tra gay ed etero, lesbiche, bisessuali e transessuali.
La Dichiarazione è una risposta lodevole all’allontanamento che molti gay cristiani sperimentano. Una comunità cristiana davvero profetica può mantenersi fedele al Vangelo e, allo stesso tempo, abbracciare i fedeli indipendentemente dalle differenze.
I pregiudizi che spesso i gay sperimentano nelle parrocchie e nelle congregazioni non hanno niente a che vedere con il Vangelo di Gesù.
* Donal Godfrey, è il direttore esecutivo della pastorale universitaria presso l’Università di San Francisco ed è autore di “Gays and Grays: The Story of the Inclusion of the Gay Community at Most Holy Redeemer Catholic parish” (La storia dell’inclusione della comunità gay nella Parrocchia cattolica del Santissimo Redentore) pubblicata da Lexington Books nel 2007.
Testo originale: Towards a church apology for gay prejudice