Le chiese cristiane hanno la volontà e la capacità di accogliere i giovani LGBT?
Intervento tenuto da Dea Santonico, madre di Agedo, alla Conferenza “Verso il Sinodo sui giovani!. Le chiese cristiane hanno la volontà e la capacità di accogliere i giovani LGBT?“* (Roma, 12 maggio 2018)
In questo intervento cercherò di approfondire le cause che, a mio avviso, stanno dietro le difficoltà del camminino di inclusione delle persone LGBT nella chiesa cattolica. Ritengo infatti che l’analisi del problema sia prerequisito essenziale perché la cura che identifichiamo sia efficace.
Da tempo mi interrogo su questo problema, da quando – più di dieci anni fa – Nuova Proposta è approdata nella nostra comunità, la Comunità Cristiana di Base di S. Paolo (una realtà marginale dentro la chiesa cattolica, nata all’inizio degli anni ’70 nella Basilica di S. Paolo fuori le mura). In realtà in comunità ci eravamo confrontati su questo tema anche prima, grazie a Vincenzo, un ragazzo gay, arrivato in comunità intorno agli anni ‘90. È lui che ci ha fatto muovere i primi passi su questo territorio, a noi un po’ sconosciuto, e ci ha portato al gay pride del 2000.
Due anni fa il coming out di uno dei miei due figli ha cambiato ulteriormente le cose. Prima, rispetto a quell’esclusione nella chiesa e nella società, sentivo una forte solidarietà verso le persone LGBT, ora quell’esclusione la vivo, la sento come mia. Ed è altra cosa. Con mio marito condividiamo un cammino con altri genitori in un gruppo esperienziale, Parola e Parole, iniziato a Roma quest’anno, grazie alla collaborazione di genitori provenienti da tre realtà cristiane, Cammini di Speranza, CVX e la Comunità Cristiana di Base di S. Paolo. Mescolando alla Parola della Bibbia le nostre parole, intrecciamo le nostre esperienze tra genitori e con un gruppo di ragazzi di Cammini di Speranza, che si sono uniti a noi.
E veniamo all’analisi del problema che io vi propongo. Perché, nonostante le eccezioni che ci sono e sono importanti, le esperienze di gruppi di omosessuali credenti e di gruppi di genitori faticano a trovare spazio o peggio sono guardate con sospetto nella nostra chiesa?
Il problema della chiesa cattolica non è, a mio avviso, l’omosessualità, non solo, è più in generale la sessualità. Quasi tutto è sbagliato: no alla masturbazione, no all’unione sessuale fra persone non sposate, no a ogni forma di contraccezione, no ai rapporti omosessuali. Una casistica incredibilmente dettagliata di divieti che, da quanto ne sappiamo, non ha appassionato per niente Gesù, né gli evangelisti che hanno scritto i Vangeli, ma che è invece centrale per la chiesa cattolica. Perché?
Provo a dare una risposta. Il sogno di Gesù era quello di creare una comunità di fede, che liberamente aderisse alla sua proposta di amore, con cui condividere il cammino per la costruzione del regno di Dio. La chiesa ha ceduto alla tentazione di cercare una sequela, facendo leva sulla paura, non sulla libera adesione. Nessun altro strumento come la paura è altrettanto efficace per controllare le coscienze ed esercitare su di esse un potere.
Ecco perché la sessualità è così importante. Le persone normalmente non ammazzano nessuno e non rubano. La sessualità riguarda tutti. Attraverso la sessualità si arriva a tutti e si copre l’intero arco di vita delle persone, da ragazzi, giovani ad anziani. È il mezzo con cui la chiesa esercita il suo potere di controllo delle coscienze. Ed è questo il vero potere della chiesa, quello per cui i poteri politici la temono e ne cercano l’appoggio, concedendole in cambio privilegi da cui si aspettano ritorni in termini di consensi elettorali. E la chiesa pensa così di trovare il modo per assicurarsi una presenza nella società. Strumenti-principe di questi scambi di appoggi-privilegi sono oggi i concordati tra la chiesa e i diversi stati nazionali. In Italia sono dell’11 febbraio del 1929 i Patti Lateranensi, meno di due mesi dopo,
il 24 marzo, in occasione delle elezioni della nuova Camera fascista, Mussolini riscosse la cambiale ed ebbe un plebiscito, grazie anche al voto dei cattolici.
La proposta di fede crea discepoli, seguaci consapevoli e responsabili, la paura crea sudditi, che assicurano il mantenimento del potere.
Il mio non è un atteggiamento anticlericale, che peraltro capisco e che è abbastanza fondato per chi conosce la storia, ma che non mi appartiene. Mi muove invece altro. L’indignazione per sentire nominare il nome di Dio, usare il nome di Gesù per creare sofferenze, e sofferenze enormi – sto pensando soprattutto alle donne e agli omosessuali -, scordandoci che il nostro compito era quello di portare la buona novella di Gesù. E mi muove l’amore per la mia chiesa, che vorrei in un cammino di conversione.
Cosa fare? In buona parte quello che già stiamo facendo. Uscire sempre di più allo scoperto, voi ragazzi e ragazze e noi genitori, portare avanti a testa alta e con orgoglio le nostre esperienze, i nostri cammini insieme nei gruppi di genitori e in quelli di ragazzi e ragazze LGBT. Con la consapevolezza però che le nostre richieste di inclusione, apparentemente innocenti e innocue, vanno a toccare un nodo difficile da sciogliere nella nostra chiesa. La sessualità è solo uno strumento, il nodo da sciogliere è quello del potere. E dobbiamo acquisire sempre più consapevolezza che il cambiamento può partire solo da noi, la palla sta a noi, se aspettiamo che altri la giochino, rimaniamo fermi.
È difficile? Si, lo è. Ma d’altra parte non era Gesù che metteva al centro gli emarginati, come destinatari privilegiati del regno di Dio, e come protagonisti della sua costruzione? Nella parabola del samaritano è proprio lui, il samaritano, che, con il suo gesto, abbatte una barriera e costruisce un pezzetto di quel regno di Dio che Gesù sognava. Uno tra quei samaritani, che, al tempo di Gesù, erano gli emarginati tra gli emarginati, gli impuri per eccellenza, da cui stare alla larga per non esserne contagiati. Tocca al samaritano. Il sacerdote e il levita non ce la fanno, non perché fossero cattivi, ma perché avevano altri importanti compiti ad attenderli, altri obiettivi, altri piani da realizzare, altre importanti regole a tenerli legati. Passano oltre, lasciando a terra il ferito, perché rimangono imbrigliati nei loro ruoli.
Tocca a noi partire e dare il nostro contributo affinchè le barriere di ogni discriminazione possano essere abbattute. Tocca a noi proporre alla nostra chiesa un cammino di conversione e percorrerlo tutti e tutte insieme.
* Conferenza pubblica organizzata dal LGBT Christian Groups European Forum e Cammini di Speranza