Le chiese evangeliche e l’omosessualità, un cammino in corso
Intervento di Rosa Salamone del gruppo Refo-Varco di Milano letto al convegno su "Chiese cristiane e omosessualità", Brescia, 27 gennaio 2008
Il tema dell’omosessualità, come a suo tempo dietro il tema dell’emancipazione femminile, nasconde in realtà un’altra questione ovvero chi è il vero interprete della Parola di Dio. Perché se la parola di Dio è potere, coercizione, autorità nella mani di alcuni che si sentono i veri interpreti della parola evangelica, allora non c’è spazio per “te che sei peccatore e io no”. Ma nelle chiese protestanti, figlie di una storia diversa, è in corso un dibattito aperto sull’omosessualità che vale la pena conoscere ed approfondire.
Mi chiamo Rosa. Sono la coordinatrice del gruppo Varco, gruppo valdese di Valorizzazione e Riconoscimento della Comunità Omosessuale, appartenente al 6° Circuito lombardo-piemontese. Il VARCO è sede lombarda dell’associazione italiana REFO, Rete Evangelica Fede e Omosessualità di Roma.
Desidero iniziare il mio intervento con uno stralcio tratto da Gomorra, il libro del giornalista Saviano, un brano che parla dell’importanza della parola. L’estratto racconta di don Peppino Diana, parroco di Casal di Principe, ucciso il 19 marzo del 1994 in chiesa, per avere voluto contrastare il potere della camorra, opponendosi pubblicamente nelle sue omelie ai camorristi.
Cito testualmente: "Don Peppino …non ebbe l'indolenza intellettuale di chi pensa che la parola abbia esaurito ogni sua risorsa, ….egli credeva nella parola come concretezza, come materia per intervenire nei meccanismi delle cose, come malta per costruire, come punta di piccone. La parola allora diviene un urlo. Controllato e lanciato acuto, contro un vetro blindato, con la volontà di farlo esplodere" .
Questo brano ho voluto citarlo, non tanto per parlare dell'importanza dell'outing per ogni omosessuale, argomento sul quale credo siamo tutti d’accordo, quanto per riflettere sul potere della parola, sulla sua gestione, parola che alcuni scrivono con la "p" minuscola, come accade nel caso di Saviano, e che altri preferiscono scrivere on la “P” grande. Questa parola può davvero diventare un urlo, lanciato contro un vetro che sembra indistruttibile, ma soprattutto traccia una linea di demarcazione tra chi pensa che essa possa cambiare lo stato delle cose e chi invece la usa perché nulla si modifichi.
Detto nei termini di un credente, la parola differenzia tra chi crede che il tempio di Dio sia fatto di pietra, e come tale sia immutabile, e chi invece pensa che essa sia un tempio spirituale, e come tale debba venire incontro a chi non ha diritti ed è oggetto ancora oggi di discriminazione.
Dovrò, però, raccontarvi una storia per fare capire ciò che intendo. Tale storia è conosciuta nei nostri ambienti come “Il caso Oppo”.
«Una domenica di ottobre del 1981, un membro della chiesa battista di Cagliari, si fece avanti al termine del culto domenicale, al momento degli annunci, Fabrizio, il quale testimoniò la sua fede in Gesù di Nazareth e la sua omosessualità. Sul momento, aldilà delle convinzioni personali di ciascuno, la comunità non respinse Fabrizio, che continuò a frequentare le attività della chiesa.
Il problema nacque un anno dopo, quando fu da lui presentata la domanda di battesimo. Il consiglio di chiesa del 16 novembre 1982, discusse la sua richiesta. Molti furono gli interrogativi che sorsero. Era lecito battezzare un omosessuale dichiarato? Chi sapeva come comportarsi? Chi sapeva cos’era l’omosessualità e, soprattutto, cosa diceva la Bibbia in proposito?
Ci fu un ampio e vivace dibattito, dal quale emersero varie posizioni: la prima sosteneva opportuno e necessario l’allontanamento di omosessuali e lesbiche dalle comunità, la seconda riteneva che gli omosessuali andassero aiutati a capire la loro condizione di peccato e accompagnati verso una sorta di purificazione generata da Cristo, la terza posizione, faticosamente emersa, asseriva potesse esserci l’amore in una relazione omosessuale e che pertanto non si dovesse considerare l’omosessualità come sinonimo di perversione e vizio.
Fabrizio, non limitandosi semplicemente a dichiarare la sua omosessualità, ma ponendo una questione diretta alla sua chiesa, il suo battesimo, avanzava una richiesta di grande rilevanza e attualità. Non era una battaglia di principio, era una domanda vitale, sul senso della propria vita. Ma la chiesa non era preparata ad affrontare questa parola.
La decisione sul momento fu quella di rifiutargli il battesimo. Tale rifiuto fece il giro dell’Italia evangelica e divenne oggetto di accese discussioni.
“A complicare il tutto arrivò sul tavolo del consiglio la richiesta di battesimo di un altro giovane omosessuale che si dichiarava peccatore pentito e dunque pronto al battesimo. Il consiglio di chiesa diede il suo parere favorevole. La chiesa però continuò in un lacerante confronto a cercare una soluzione che non portasse a divisioni ulteriori. Ma lo spirito comunitario era profondamente spezzato”. Si visse, cito sempre l’articolo di Melloni, “ in quel tempo il dramma del conflitto religioso, del fondamentalismo che condanna, della lotta intestina tra famiglie della stessa comunità. “
Si pensò allora di compiere un atto provocatorio per segnare un punto di non ritorno. Se le chiese evangeliche in Italia non se la sentivano di battezzare Fabrizio, alcuni fedeli lo avrebbero fatto lo stesso.
Avrebbero chiamato a raccolta tutti e tutte coloro che ritenevano giusto farlo e sarebbero andati al fiume insieme a immergere Fabrizio nell’acqua. Fedeli alle parole innovatrici di Gesù, il quale al di là di ogni chiesa o comunità costituita dichiara “quando due o tre saranno riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro», cit. tratto da un articolo di Stefano Melloni.
La questione arrivò ad avere una rilevanza internazionale. Giunsero lettere di sostegno, una perfino dagli Stati Uniti intitolata “Il caso Oppo, della chiesa battista di Cagliari”!
Nell’autunno dell’84, si arrivò alle dimissioni di trentadue membri della comunità, i quali dichiararono che l’omosessualità è in contrasto con le Scritture e la volontà di Dio. Nessun omosessuale poteva entrare dunque in questo tempio in cui la parola è pietra, sasso che costruisce muri.
La storia conosce un felice epilogo, Fabrizio infatti è stato battezzato nella chiesa battista di Cagliari il 2 novembre 1986 dal pastore Mollica e da diversi anni è il segretario di chiesa.
Questa storia l’ho citata perché, io credo, che dietro il tema dell’omosessualità, come a suo tempo dietro il tema dell’emancipazione femminile, ciò che si nasconde in realtà è un’altra questione: ovvero, chi gestisce la parola evangelica, chi è il vero interprete della Parola di Dio. Questo, molte volte, è il reale motivo del contendere. Omosessualità, divorzio, femminismo sono solo paraventi dietro cui si tace il vero tema di lotte spesso così esacerbate: l’idea che si possa essere padroni della parola di Dio e come tale la si possa usare come fonte di autorità e di coercizione verso gli altri.
Le chiese protestanti hanno in questo una lunga storia cominciata con Lutero. Lutero è stato il primo a tradurre in lingua volgare la Bibbia, fino ad allora proprietà esclusiva di una piccola élite che conosceva il latino. Anche la sua è stata una battaglia per la parola, perché essa potesse essere conosciuta dalle persone senza l’intermediazione di alcuno. La condizione della gente, ai tempi di Lutero, era quella di chi è cieco e bambino, e per tanto necessita della guida di chi ha il dono della vista e di chi è più maturo..
L’opera compiuta da Lutero in questo senso, dovuta anche alla diffusione della stampa, grazie a Gutemberg, è stata una battaglia per la libertà. Le persone potevano leggere esse stesse la Bibbia e formarsi liberamente un’opinione a riguardo. E ciò è stato devastante. Anche allora si ruppe l’unità della chiesa, anche allora molti furono gli esiliati e i condannati.
Io credo che è stato grazie alla nostra storia di chiese protestanti che si è potuto arrivare a un dibattito aperto sull’omosessualità e al recente documento approvato dall’Assemblea Sinodale delle chiese battiste, metodiste e valdesi di novembre. E’ stato grazie anche a Lutero e alla nostra storia di chiese spesso perseguitate.
Arrivare a queste conclusioni non è stato semplice. Ci sono voluti anni di lotte. Anche a noi della Refo e del Varco è stato prospettato più di una volta che avremmo rotto l’unità delle chiese, se solo avessimo chiesto alle nostre comunità una posizione chiara a proposito di alcuni argomenti.
Ce la sentivamo di rompere l’unità e l’armonia delle nostre comunità? Non ci bastava essere accettati, senza pretendere atti pubblici e dichiarazioni chiare da parte delle nostre chiese a questo riguardo?
A questi interrogativi non abbiamo risposto certo con il silenzio. La REFO ha una lunga storia di convegni, dibattiti, incontri, culti e veglie di preghiere sulle vittime dell’omofobia. Credo, però, che la vera arma vincente, non è stata solo quella di limitarci all’outing personale di ciascuno di noi, ma quella di chiedere concretamente alle nostre comunità di schierarsi a proposito di alcuni temi.
E’ giusto o no battezzare un omosessuale? Ha diritto o no una lesbica ad esercitare il ministero pastorale? Che cosa ne pensano le nostre chiese della benedizione delle coppie omosessuali? Se la risposta a tutti questi quesiti era una risposta negativa e di chiusura, in base a quale parola di Dio si sentivano di rifiutare tali diritti? Abbiamo, cioè, cercato di reimpostare il vero tema del dibattito.
Se la parola di Dio è amore non ci può che essere spazio per l’accettazione di ogni uomo e donna, che vivono seguendo la sua chiamata al rispetto e alla dignità verso il prossimo, a prescindere dal suo orientamento sessuale. Se la parola di Dio è potere, coercizione, autorità nella mani di alcuni che si sentono i veri interpreti della parola evangelica, in diritto di puntare il dito di condanna contro i propri fratelli, allora non c’è che spazio per coloro che non meritano il battesimo, per coloro che non possono esercitare il ministero pastorale in quanto omosessuali o lesbiche, per gli scismi, per le contese, per le lotte, ma soprattutto per il “ tu sei peccatore e io no”.
Attualmente, soprattutto in ambito battista, le divisioni proseguono. Tale divisioni sono il riflesso di quanto sta accadendo a livello internazionale, ambito in cui la chiesa battista sta conoscendo delle gravi spaccature, proprio a causa del tema dell’omosessualità.
Eppure il documento approvato recentemente dal Sinodo, come espresso da più di qualcuno dei nostri gruppi, è cauto, a molti ha lasciato l’amaro in bocca. Si voleva e si pretendeva di più, come la benedizione delle coppie omosessuali, cosa che non è accaduta.
Tuttavia, consideriamo questo documento un importante punto di partenza, una sorta di soglia che le chiese BMV hanno tracciato, al di sotto della quale nessuno potrà più retrocedere.
Farlo, cioè retrocedere, come ha detto qualcuno, sarebbe disconoscere la storia stessa delle nostre chiese protestanti, sarebbe cominciare a dire che alcuni hanno diritto di avvicinarsi alla parola di Dio, altri no. Secoli di lotta e di battaglie per la libertà spirituale sarebbero cancellati in un sol colpo. Avremmo, cioè, bisogno di nuovo di intermediatori, di coloro che sono in grado sul serio di interpretare le Scritture, di un èlite che rivendica a se stessa l’autorità sulla parola di Dio.
La storia delle nostre chiese, destinate alla continua trasformazione, alla perenne riforma, perché questo è il fondamento storico del protestantesimo, si arresterebbe in una parola che non è più carne viva, amore e riconciliazione, ma pietra immutabile, arida come un sasso, sterile come una roccia che non dà frutto.