La chiese riformata francese e la benedizione delle coppie omosessuali
Testo di Antoine Noui tratto da L’Eglise et les homosexuels (La Chiesa e gli omosessuali), parte 1.1-1.2, documento redatto su richiesta del Consiglio Nazionale della Chiesa Riformata di Francia (ERF), versione rivista, estate 2002, liberamente tradotto da Piero
Benedire, è semplice e complicato! Semplice perché il gesto che accompagna la formula di benedizione è facile da eseguire. La formula stessa può consistere in poche parole: “ti benedico in nome di Dio”, o “sappilo, Dio ti vuole bene, siine certo, Dio t’ama”.
Così benedire, non è dare un giudizio di valore o un’approvazione morale di ciò che la gente vive, ma è proprio dire: “Dio non è allontanato da ciò che vivete, vi accompagna”.
Ma contemporaneamente, benedire è complicato, perché: chi benedire? Tutti, come la domenica mattina, alla fine del culto? E per il campo di cui ci occupiamo: tutte le coppie?
Della benedizione di una coppia
Ricordiamo che neanche la benedizione di una coppia eterosessuale è ovvia! L’attestazione del certificato di matrimonio rilasciata dall’autorità civile non dà “diritto” alla benedizione della coppia, rende la cosa considerabile.
Così, quando degli sposi chiedono la benedizione del loro matrimonio, scoprono frequentemente che la risposta che è loro data non è immediata, né formulata in sì o in no: sono invitati dal pastore a entrare in un cammino spirituale, a (ri)scoprire il senso del matrimonio cristiano e della benedizione. Sono invitati a prendere un tempo di pausa, di presa di distanza per leggere la loro vita di coppia anche se questa è ancora da vivere, a riflettere se sono “pronti ad assumere gli impegni contenuti nella liturgia”.
Strada facendo, certi sposi possono essere portati a capire essi stessi che non sono pronti a impegnarsi.
Questo cammino spirituale è anche quello di una coppia omosessuale. Ma che cos’è che fa che la benedizione di una coppia omosessuale possa creare problema?
Il problema sta in particolare nel rischio d’equiparare la benedizione di una coppia omosessuale a una benedizione di una coppia eterosessuale. Questo rischio sarà tolto se la benedizione è l’occasione di indicare la particolarità di una coppia omosessuale e di dirne la specificità.
Indicare la specificità della benedizione di unione omosessuale
Infatti, come rifiutare una parola di benedizione e dei segni sull’unione di due persone che s’impegnano nella durata, la fedeltà, e l’amore?
La richiesta di benedizione di una coppia omosessuale deve essere accettata, ascoltata, trattata con tanta serietà quanto lo è una richiesta che viene da una coppia eterosessuale.
La responsabilità della Chiesa è allora di ricordare che la relazione a due è un affare complesso che richiede elaborazione e vigilanza quanto alla qualità delle sfide per ciascuno; ciò è vero per gli eterosessuali ma anche per gli omosessuali: che ci sia benedizione o no dipenderà da un lavoro di discernimento.
Ma d’altra parte, arrivati a questo punto, sarà responsabilità stessa della Chiesa il recitare questa benedizione, ma anche il dire la specificità del riconoscimento di questa coppia: questa benedizione non sarà una benedizione di “matrimonio”.
La benedizione di una unione omosessuale non è una benedizione di matrimonio, il cui termine deve essere mantenuto per designare una unione di opposti (hétéroi) che hanno la possibilità di inserirsi nella successione delle generazioni.
Per una benedizione di una coppia di simili (homoïoï), si potrà parlare di “benedizione di unione”.
Tutta questa riflessione introduce alla questione della presa in considerazione (e di una benedizione eventuale per la Chiesa) delle nuove forme di vita di coppia.
Sur la bénédiction de couples homosexuels