Le chiese, farmacie per l’anima
Farmacie. Sì, dovremmo chiamarci farmacie, invece che chiese. Non solo perché ci sono molte più persone in una farmacia che in una chiesa.
Né solo perché si danno più soldi ad un farmacista che alla cassiera di una chiesa. Non è solo per questo. La ragione principale è che una chiesa, fondamentalmente, è una farmacia. Ma in che senso, direte voi?
Si trattava di poveri diavoli che vivevano in città a spese del governo, fino al giorno in cui non succedeva qualcosa di terribile: una pestilenza, un terremoto, o altro. A quel punto si prendeva uno di questi precari poveri diavoli e li si scacciava via dalla città, li si allontanava, volendo in questo modo allontanare il male dalla città. Erano dei capro espiatori.
Anche il capo della nostra chiesa, un certo Cristo, è stato allontanato dalla città, e ucciso fuori dalle mura. Anche il nostro capo è stato trattato come un capro espiatorio morendo al posto nostro e allontanando in questo modo il male da noi.
Quindi le chiese sono effettivamente delle farmacie. Con una sola differenza: il farmaco Cristo è un vaccino, una cura definitiva, non va somministrato continuamente, basta prenderlo una sola volta. Ed una volta preso, egli si prende cura della nostra malattia una volta per sempre.
Essere delle farmacie, invece che delle chiese. Ed il pharmakos che noi proponiamo alla nostra clientela è Cristo. Un farmaco gratuito che cura la nostra malattia più seria e più profonda: l’aridità. La profonda aridità della nostra anima.
La secchezza del nostro cuore. La sterilità della nostra esistenza. Come si può definire altrimenti la nostra malattia se non aridità? Il costante bisogno che abbiamo di essere nutriti, di essere fertilizzati.
Siamo l’epoca dei fertilizzanti chimici. Delle sostanze artificiali. Dei prodotti sintetici. Siamo in cerca di manipolatori dell’anima per guarire dalla nostra secchezza. Viviamo in un’epoca contraffatta, che cura la nostra aridità distraendoci.
Non pensare con la tua testa è il nome del sonnifero della coscienza più in voga nelle miriadi di farmacie che oggi si aprono in ogni angolo di strada.
Cos’è l’aridità dell’anima se non l’incapacità che abbiamo alla generosità, alla cordialità, alla affettuosità. La parola affetto è una parola meravigliosa: significa aprirsi coraggiosamente agli altri a tal punto che gli altri hanno il potere di cambiarti.
Di avere un effetto su di te, di far cambiare qualcosa in te. Così come la parola cordialità è composta della parola latina cordis, che significa cuore. Non si può essere cordiali se non si mette il cuore. E la parola generosità viene da generare, fare frutti, mettere al mondo.
Quando l’anima è arida, essa è incapace di lasciarsi cambiare dagli altri, è incapace di metterci il cuore nelle cose che fa, è incapace di generare. E quando l’anima è arida, ha bisogno di un farmaco, ha bisogno di una cura, ha bisogno di Cristo, la linfa vita, come la definisce Calvino.
Cristo la linfa vita, noi rami secchi, che se restiamo attaccati a lui, se dimoriamo in lui, se restiamo fermi sul tronco della vita, possiamo nutrirci di questa linfa.
Di questa sostanza che scioglie la nostra freddezza, vince la nostra indifferenza, apre la nostra grettezza, supera la nostra insensibilità. Vorrei vedere un cartello scritto a caratteri cubitali fuori la porta della nostra chiesa che dice: IN QUESTA FARMACIA SI DISTRIBUISCE GRATUITAMENTE IL FARMACO “Linfa vitale” PER CURARE LA NOSTRA ARIDITA’!
Delle farmacie, quindi, le chiese dovrebbero chiamarsi così. Cosa c’è di male nel dire la verità: qui, in questo luogo c’è il vero farmaco contro l’aridità dell’anima. E questo farmaco si chiama Cristo. Noi dobbiamo dire la verità.
Come fa l’evangelista Giovanni quando scrive che Gesù è la vera vite. O quando dice che Gesù è la vera luce. O il vero pane. Questa verità che non è più un concetto astratto, né una parola minacciosa che serve ad escludere qualcuno, a creare nuovi capri espiatori nel nome di una verità con la V maiuscola.
Qui la verità è usata come un aggettivo: la vera vite. Non la verità sulla vite. La vera luce. Non la verità sulla luce. Il vero pane, non la verità sul pane. Qui vera significa: ti puoi fidare di questa vite, ti puoi fidare di questa luce. Ti puoi fidare di questo pane che ti viene gratuitamente offerto come segno della vita di Cristo che viene donata per amore.
Qui la verità non è un pugno, non è un’arma. Qui la verità serve a qualificare le cose che si fanno e le persone che siamo. Essere veri. Diventare veri. Fare cose vere. Compiere gesti veri. La verità diventa una promessa, un impegno, una parola.
Ecco la necessità più grande di tutte: dire parole vere agli uomini e alle donne segnati dalla costante falsificazione di tutto. E dire parole vere significa compiere gesti veri.
Gesù stesso, nel parlare di sé come vera vite, e offrendo la sua linfa vitale a noi rami secchi, dice che questa linfa è la sua parola. Noi abbiamo perso il significato profondo di questa espressione: parola. In greco essa ha a che fare con il collegare, con l’unire, ma anche con lo scegliere, con il promettere.
La parola di Gesù ci mette in collegamento con la sua linfa vitale, ci unisce l’uno all’altra. Ci fa scoprire come persone che sono scelte da un gesto d’amore di Dio preveniente, che viene prima di ogni nostra cosa. Ci fa scoprire prigionieri di una promessa. Gesù fa quel che dice e lo fa nello stesso momento che lo dice.
Chi entra nella nostra farmacia deve poter trovare una parola vera. Al banco dove si distribuisce il farmaco gratuito contro l’aridità dell’anima non devono esserci dei farmacisti imbroglioni. Non devono esserci farmacisti che non rispettano il senso profondo di ogni parola che dicono. Nell’affidare il farmaco, la linfa vitale, la parola vivente, devono dire parole vere.
E quelle parole vere devono essere collegate a veri comportamenti, a vere disponibilità, a vera generosità, a veri sorrisi, a vere promesse.
Sì, voi direte, ma il farmaco Cristo funziona bene anche se il farmacista è falso. Ed avete ragione, per nostra fortuna il farmaco è efficace comunque. Non lo è la chiesa, però. La chiesa non funziona se i farmacisti non sono veri. Il farmaco sì, funziona lo stesso, la chiesa no!
E c’è un solo modo per far sì che la chiesa sia una farmacia fatta di buoni farmacisti: bisogna restare saldi alla vite. Rimanere in Cristo. Dimorare in lui. C’è un solo modo: è continuare noi stessi ad attingere, giorno per giorno, da questa linfa vitale.
Essere dei buoni farmacisti vuol dire essere desiderosi di chiedere: è questa la preghiera. Non il semplice chiedere, ma il desiderare di chiedere. E non il chiedere quel che ci piace, e come ci pare. Ma chiedere di essere dei buoni farmacisti che restano fedeli al farmaco che ha guarito la loro malattia. Chiedere di essere dei rami che restano legati alla vite e che si nutrono della linfa vitale.
Chiedere di essere generosi distributori di questo farmaco, predicatori di questa parola. C’è molta aridità in giro, ma a noi è stata offerta la soluzione e noi siamo chiamati ad annunciare questa soluzione. Amen