Le coppie omosessuali, papa Francesco e il bene comune
Riflessioni di Xavier Montecel* pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 17 novembre 2020, liberamente tradotte da Claudia Pannozzo
Nelle settimane seguenti alla pubblicazione dei commenti di papa Francesco sulle unioni civili tra coppie omosessuali, ha fatto parlare molto ciò su cui non si è pronunciato. Molti opinionisti cattolici hanno osservato che il suo sostegno alle unioni civili è soltanto la reiterazione di una posizione già consolidata, e non una novità; gli insegnamenti della Chiesa sul matrimonio e la sessualità restano difatti immutati.
Piuttosto che fare spazio ad un progresso interno, il sostegno dimostrato verso le unioni civili tra coppie omosessuali sembra avere lo scopo di salvaguardare la dottrina della Chiesa, fatto apparentemente confermato dagli orientamenti emanati di recente ai nunzi apostolici di tutto il mondo dal Segretario di Stato del Vaticano.
Ciò nonostante, per quanto si cerchi di minimizzare l’impatto di una tale posizione, resta il fatto che, per la prima volta in qualità di pontefice, papa Francesco abbia espresso il suo esplicito sostegno al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. Sebbene alcuni leader della Chiesa abbiano tentato di separare il concetto di unione civile dall’omosessualità, i commenti del Papa hanno il chiaro intento di alleggerire il peso sociale ed economico che grava sulle spalle delle coppie gay e lesbiche.
Ne risulta che le persone gay e lesbiche cattoliche abbiano riposto le proprie speranze nelle parole di papa Francesco, e non perché suggeriscano un mutamento imminente della posizione ufficiale della Chiesa sugli “atti omosessuali”; non siamo così ingenu* da credere che ciò possa accadere tanto presto.
Le nostre speranze derivano piuttosto dalla concretizzazione della possibilità di venire finalmente considerat*, agli occhi della Chiesa, parte integrante dell’umanità e del bene comune, il quale è da considerarsi l’espressione sociale del benessere umano secondo la visione di Dio.
Prima che l’appoggio del Papa venisse reso pubblico, la posizione della Chiesa era chiara: con il dovuto rispetto per la dignità e l’integrità delle persone gay e lesbiche, non è contemplabile considerare le coppie omosessuali vere coppie nell’ottica del bene comune. Dato che la dottrina della Chiesa sostiene che l’attività omosessuale sia contraria alla legge naturale, ne deriva che la pratica delle relazioni omosessuali debba essere considerata corrosiva per l’ordinamento sociale e in antitesi al bene comune, poiché il bene comune è il bene della comunità in quanto collettività di individui organizzata secondo i requisiti morali della legge naturale. Ogni cosa che violi la legge naturale sarà anche tollerabile all’interno della società, ma non potrà mai prendere parte al bene comune, men che meno contribuirvi.
Di conseguenza, tra le “minacce alla famiglia” che sono state motivo di preoccupazione per il Magistero negli ultimi decenni, spicca tra i primi posti l’accettazione sociale delle relazioni omosessuali. Dal punto di vista cattolico, la famiglia è il nucleo fondamentale della società umana, microcosmo del tutto all’interno del quale si formano i valori morali, tra cui quelli che regolano le relazioni sociali. Accogliere le coppie omosessuali all’interno della famiglia significherebbe, in quest’ottica, introdurre nella società un’influenza morale negativa; una forma di relazionalità umana moralmente distruttiva.
Per questo motivo le coppie omosessuali sono state considerate emblema di relazioni umane piagate dal peccato, e ogni persona o coppia omosessuale che desiderasse venire inclusa nella famiglia ed essere parte del bene comune si vedrebbe costretta a rinunciare a qualunque tipo di espressione corporea della propria sessualità.
Papa Francesco ha proposto un’alternativa; affermando che le persone gay e lesbiche hanno il diritto di venire incluse nella famiglia, e sostenendo la possibilità di un riconoscimento giuridico per le coppie omosessuali, ha aperto le porte ad un diverso modo di pensare, che vede noi e le nostre relazioni come parte integrante della famiglia e del bene comune.
Anche se l’intenzione di papa Francesco non fosse stata quella di dire che le coppie omosessuali possono adottare, il valore delle sue parole non cambia. Ha ammesso che le coppie omosessuali, proprio in quanto coppie, sono parte legittima e valida della comunità umana, oltre a riconoscere il fatto che possono contribuire alla crescita del benessere umano all’interno della comunità.
Questa visione inclusiva del bene comune è materia famigliare alla dottrina cattolica; tocca il vero e proprio cuore pulsante dell’insegnamento sociale cattolico. Papa Giovanni XXIII, nella sua enciclica Mater et magistra, definisce il bene comune come “concezione che si concreta nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona”.
Il bene comune è il bene che tutt* costruiamo e di cui usufruiamo insieme in quanto comunità, e tale comunità deve includere tutte le persone, ed accogliere anche gli esseri non umani della creazione. Suo obiettivo, non concretizzabile se si esclude qualcun*, è il bene della collettività, sua priorità sono i poveri e gli emarginati, e suo sforzo continuo deve essere quello di garantire ad ognun* tutto ciò di cui ha bisogno per raggiungere il massimo sviluppo della propria dignità umana.
Papa Francesco ha reso possibile riconoscere le coppie gay e lesbiche cattoliche come persone che sono legate in modo moralmente significativo, devote l’un* all’altr* in corpo e spirito, e parte integrante di questo progetto continuo verso il bene comune.
Anche noi abbiamo qualcosa da offrire alla realizzazione di un mondo più umano, anche noi meritiamo di accedere a quei beni che ci permettono di vivere più umanamente. Che fosse o meno intenzione del Papa, tali implicazioni hanno ricadute molto forti sulla dottrina morale cattolica, la quale finora ha visto le coppie omosessuali esclusivamente in antitesi allo sviluppo umano, e come distruttive per l’organismo sociale.
È possibile che le parole del Papa siano state soltanto un atto di carità; si è ritrovato semplicemente d’accordo con il fatto che nessun* dovrebbe venire privat* di determinati beni sociali per via del proprio orientamento sessuale. Tuttavia, le sue parole ci portano ad una conclusione teologica imprescindibile, ovvero che le persone gay e lesbiche e le loro relazioni, se davvero sono parte integrante della famiglia e della società civile, contribuiscono al bene comune e quindi alla comunità umana secondo la visione di Dio.
Difficilmente si può sopravvalutare l’impatto di una tale concezione, perché è impossibile, da una prospettiva puramente teologica e cattolica, separare del tutto la sfera “secolare” della società civile, imperniata intorno al concetto di bene comune, dalla sfera “sacra” della Chiesa, imperniata intorno ai sacramenti e alla speranza di salvezza.
Esistono una sola storia, una sola umanità e un solo mondo, i quali vengono tutti influenzati e trasformati dalla grazia di Dio, che guida gli esseri umani verso la massima espressione della propria umanità. Se le coppie gay e lesbiche contribuiscono al bene comune, allora contribuiscono anche alla Chiesa e alla speranza di salvezza.
* Xavier Montecel è dottorando di etica teologica al Boston College e professore temporaneo per il suo dipartimento di teologia e per la Salve Regina University del Rhode Island. Ha scritto per il National Catholic Reporter una esegesi delle parole del Papa in merito alle unioni civili.
Testo originale: Same-Sex Catholic Couples and the Common Good: Do We Belong?