Le lettere non scritte sulla vita di una coppia gay
Email con risposta di Natalia Aspesi* tratta da Il Venerdì di Repubblica n.1345 del 27 dicembre 2013, pag.11
Le volevo scrivere negli anni Ottanta per raccontarle quanto fosse non troppo complicato fare una vita di coppia da gay, con amici e colleghi di lavoro, a dimostrazione che la società è sempre più avanti della politica.
Volevo poi scriverle nei primi anni Novanta, per raccontarle che una coppia, comunque composta, dopo dieci anni insieme, vede attenuarsi la passione; e volevo domandarle se fosse il caso di provare un po’ di trasgressione (tradimenti, apertura della coppia, ecc.). Poi, alla fine degli anni Novanta, mi chiedevo come fosse possibile porre rimedio all’abisso di noia e reciproca intolleranza emerse una volta superata la soglia dei quindici anni di relazione.
All’inizio del 2000, volevo la sua opinione se esistesse una misura oltre la quale si dice «ora basta» e ci si separa, nonostante tanto tempo passato insieme, tante cose costruite, un vocabolario comune. Nel 2006 ero troppo disperato per chiederle che fare quando il compagno da venti anni ti lascia per un ragazzino qualunque.
Nel 2007 volevo parteciparle il mio entusiasmo per aver trovato un nuovo partner, così, per incanto, e quanto l’amore facesse girare la testa, sempre, a chiunque.
E poi, più tardi, ora, il mio «nuovo» fidanzato che torna a casa sua, in un Paese europeo fortunatamente non troppo lontano, e interrogarla su come «gestire» un rapporto a distanza.
Non le ho mai scritto, ma mi accorgo ora che lei mi ha discretamente accompagnato per tanti anni, dandomi, senza saperlo, sommessi consigli e regalandomi spesso sorrisi e talvolta scoppi di risa. La sento come un’amica e chissà quanti come me.
Lettera firmata
La risposta…
Non pubblico mai parole carine nei miei riguardi (gli insulti sì, per indispettire chi mi insulta), perché mi sembrerebbe presuntuoso: ma questa volta non ho resistito, sapere che qualcuno che non mi conosce mi ritenga amica mi fa molto piacere.
Comunque la sua lettera mi ha molto divertito, perché chiarisce, al di là di ogni proclama sociopolitico, che le coppie sono tutte uguali e che uguale è il loro itinerario: prima ci si ama alla follia, poi si vive in serenità, dopo si cercano aperture per rinverdire le emozioni, infine cominciano le insofferenze sino alla voglia di darsi alla fuga.
Ma se uno, dopo vent’anni, se ne va inseguendo un nuovo amore, l’altro si dispera, sin quando non gli capita un altro amorevole partner. La ringrazio per le lettere che voleva scrivermi, soprattutto per non averle scritte, il che vuol dire che non aveva bisogno di nessuno per risolvere i suoi problemi sentimentali e di convivenza.
Ma adesso che finalmente si è deciso, cosa posso risponderle? Come si vive un rapporto a distanza?
Con pazienza, fiducia e intelligenza: riempiendo la propria vita di persona sola con molti interessi, incontrandosi con l’innamorato il più spesso possibile, in luoghi diversi, come due amanti clandestini. E poi lasciare che tutto succeda, naturalmente: per sempre, o per poco.