Il controllo dei corpi. Sessualità, identità di genere e società
Articolo di Claudio Martyniuk tratto dal sito Entre Mujeres (Argentina), del 1 aprile 2010, liberamente tradotto da Dino
Una società si dimostra democratica non solo per il suo sistema di governo, ma anche per la sua capacità di accettare o meno le identificazioni di genere degli altri e i modi di praticare pubblicamente la sessualità.
Dalle identità di genere e dai modi di attuare la sessualità nascono infatti delle tensioni nello spazio pubblico che portano alla luce atteggiamenti umilianti e ideologie sessiste.
Nel trattamento che ricevono le persone, nella cura della loro diversità è in gioco il rispetto – o meno – della loro autonomia.
Inoltre, una società democratica ed egualitaria potrebbe forse umiliare legittimamente un omosessuale o un travestito?
Paula Viturro è una studiosa che si è occupata di queste problematiche, le quali mostrano pregiudizi e comportamenti discriminatori molto diffusi, naturalizzati, da tanto sono ormai radicati, invisibili e non percepiti come tali nella società.
– Come si attua il controllo sui corpi? C’è una polizia di quartiere che si occupa della sensibilità?
Nella città di Buenos Aires il principale controllo avviene a livello istituzionale ma anche da parte della cittadinanza. Ci sono forti politiche di regolamentazione degli spazi pubblici di tipo segregazionista, escludenti e di stampo poliziesco, che colpiscono quasi esclusivamente persone povere, prevalentemente migranti, donne e travestiti.
Gli abitanti del quartiere sono in gran parte garanti di questo ordine di polizia, e sostengono un concetto di cittadinanza tendente all’esclusione. All’interno, il controllo avviene per un regime di polizia, in molti casi ancora più crudele. In varie province sono ancora in vigore editti e codici di infrazioni che criminalizzano comportamenti come il vestire abiti del sesso opposto e l’offerta di sesso e autorizzano l’azione della polizia senza alcuna garanzia.
– Quali sono gli spazi pubblici nei quali sono maggiormente implicati la sessualità e il genere?
In tutti gli spazi pubblici vengono implicate tanto la sessualità quanto il genere, solo che in alcuni casi questo risulta visibile, e in altri invece è invisibile poiché vengono concepiti come spazi neutri. Nel nostro Paese, le zone di offerta e domanda di sesso sono probabilmente gli spazi pubblici che concentrano la maggior quantità di tensioni sia rispetto alla sessualità che al genere. L’assistenza in ospedale in seguito ad un aborto è un altro esempio.
Le donne e i travestiti che esercitano la prostituzione e le donne che arrivano in ospedale pubblico in seguito a complicazioni derivanti dall’esecuzione di un aborto clandestino si trovano in una situazione di estrema vulnerabilità e sono esposti ad ogni forma di violenza, specialmente di tipo istituzionale.
– È legittimo l’intervento statale nell’ambito della sessualità?
In materia di sessualità qualsiasi intervento di tipo statale è per principio da vedersi con sospetto dato che come conseguenza avrà sempre la regolamentazione e la restrizione delle libertà individuali. Questo comunque non implica che lo Stato debba eludere le sue responsabilità in materia di diritti umani, ed è a questo punto che diventa rilevante l’impegno della società civile nel pretendere che questo impegno venga attuato.
Chiaramente per questo dobbiamo essere capaci di creare spazi di riflessione collettiva nei quali interrogarsi sull’ordine di priorità con cui portiamo avanti le nostre richieste. Per esempio, nell’attuale richiesta di sicurezza non viene inclusa la sparizione quotidiana di molti giovani, vittime delle reti di tratta di esseri umani, oppure gli omicidi di donne perpetrati dalla violenza maschilista.
– Quali protagonisti civili intervengono contro queste violenze?
Soprattutto quelli che costituiscono il cosiddetto attivismo socio-sessuale, cioè i movimenti di donne, femministe, che si mobilitano per sradicare le condizioni che determinano la discriminazione, cosa che non comporta una omogeneità nei vari programmi d’azione. Anche se questi spazi progressisti vengono a volte inquinati dai pregiudizi maschilisti e omofobici che provocano la discriminazione. Di fatto ancora oggi è difficile riuscire a dare a queste problematiche la qualifica di rilevanti nelle agende dei diritti umani.
D’altra parte le agende sono molteplici, visto che anche le forme in cui si realizza la discriminazione sono differenziate. Questo rende difficile l’integrazione operativa di questi collettivi, che hanno una composizione molto eterogenea nonostante la società tenda a vederli come omogenei.
La discriminazione di cui sono oggetto i travestiti non ha molto a che vedere con quella di un uomo omosessuale di classe media. Così come non è paragonabile lo sfruttamento delle donne che lavorano come domestiche alla impossibilità delle donne professioniste di accedere a ruoli manageriali.
– Cosa avviene con la prostituzione? È permessa oppure viene perseguita?
Ci sono tre modelli di atteggiamento verso la prostituzione: quello proibizionista, quello abolizionista e quello regolamentarista. L’Argentina ha firmato a livello internazionale i trattati che appoggiano il modello abolizionista.
Questo fa sì che lo Stato non può regolamentare l’esercizio della prostituzione, né può perseguire o dare condanne alle persone che si trovano in questa situazione, ma al contrario deve implementare le politiche necessarie a sradicare le condizioni socioeconomiche che portano alla prostituzione e allo sfruttamento delle persone, e su questo punto si basa la punizione del prossenetismo e la tratta delle persone.
Nonostante ciò nel nostro Paese la prostituzione è regolamentata e le persone che la esercitano vengono perseguite. Un esempio di regolamentazione è il polemico articolo 81 del Codice di Convivenza Urbana della città di Buenos Aires, norma che a mio giudizio è incostituzionale.
– Ci sono funzionari che suggeriscono di smascherare le persone che si intrattengono con le prostitute.
Questa proposta di dichiarare guerra ai fruitori di prostituzione è inadeguata, poiché lo Stato non può eludere i suoi doveri trasferendo la responsabilità sul piano della morale individuale. Non è la richiesta che porta le persone a prostituirsi ma le strutturali condizioni di esclusione e di privazione dei diritti che lo Stato dovrebbe invece sradicare. Inoltre instaurerebbe un modello vittoriano la cui principale conseguenza sarebbe l’imposizione di una doppia morale che favorisce la segretezza e le pratiche clandestine.
– Come convive l’offerta di sesso con lo spazio pubblico? Sarebbe legittimo, aiuterebbe il toglierla dalla strada?
Storicamente la regolamentazione della sessualità nello spazio urbano è stato un importante strumento statale per imporre nozioni di moralità pubblica che limitano l’autonomia personale. Tuttavia, in una società democratica, le argomentazioni che pretendono la creazione di spazi separati – come avviene con i cosiddetti quartieri a luci rosse – o la proibizione dell’offerta nello spazio pubblico, non sono valide.
In generale il criterio giustificatorio che viene fornito è quello della tolleranza morale dell’uomo medio, il suo concetto di buoni costumi, ma tali limiti fittizi non sono sufficienti per restringere l’autonomia e la libertà di circolazione. Per di più queste politiche che trasferiscono nello spazio privato l’esercizio della prostituzione favoriscono ancora di più lo sfruttamento e la violenza contro le persone in situazione di prostituzione.
– Cosa avviene con i travestiti? Perché si vuole nasconderli? Perché a volte nasce la violenza, come le minacce degli abitanti del quartiere di Villa Luro (quartiere di Buenos Aires, ndt), che hanno affermato che gli avrebbero sparato alle gambe?
Numerose forme di discriminazione collegate con l’esercizio della sessualità ruotano attorno alla segretezza. È quella che viene definita politica del closet o dell’armadio. E per di più la responsabilità della discriminazione che devono patire viene attribuita alle vittime stesse. È un modo ipocrita di negare la diversità e mantenere una divisione tra i comportamenti approvati e quelli condannabili.
Gli Stati Uniti hanno usato questo espediente per consentire l’ingresso di gay e lesbiche nelle forze armate, attraverso lo slogan “non si chiede, non si dice”. Lo Stato si impegna a non chiedere qual’è la scelta sessuale dell’aspirante e si aspetta che questi non la riveli, con la minaccia di punizioni.
Da qui l’importanza che la visibilità e le politiche dell’orgoglio hanno avuto in passato ed hanno tuttora per i movimenti di gay e lesbiche. Questa forma di discriminazione basata sulla segretezza è ovviamente impossibile nel caso dei travestiti. Essi sfidano non solo l’ordine della sessualità, ma anche quello dei generi e pertanto fanno fallire anche un’altra forma di politica discriminatoria e cioè quella assimilazionista.
Nel modello binario dei generi e delle sessualità, i travestiti non sono assimilabili, ed è questo modello ristretto e fallito che genera la violenza di cui sono fatti oggetto.
– In quali casi i nostri giudici ammettono il cambiamento di genere?
Il criterio giurisprudenziale che viene applicato non differisce da quanto avviene in altri Paesi. Si aspetta che la persona richiedente possa dimostrare la sua attitudine ad assimilarsi ai criteri che stabiliscono i modelli codificati di mascolinità e femminilità. Da qui il ruolo rilevante che ha nelle sentenze la descrizione che si fa della persona richiedente.
È comune trovare affermazioni stereotipate come: “ha dimostrato una sensibilità molto femminile”, oppure “parla come una donna”, ecc.. L’essersi sottomessi ad operazioni o manifestare la volontà di farlo è determinante. Anche l’eugenetica svolge un ruolo importante, che si traduce nella certificazione di sterilità.
– Il progetto nazionale (argentino) della legge di identità di genere potrà apportare dei miglioramenti?
Il progetto non obbliga a sottomettersi ad operazioni di cambio di sesso, e questo costituisce un passo avanti, ma purtroppo stabilisce che sarà un comitato scientifico a valutare la richiesta.
Questo mette le persone richiedenti in una situazione di diseguaglianza e di disparità di trattamento, in quanto spetterà al comitato stesso prendere la più intima delle decisioni personali, com’è quella riguardante l’identità.
Testo originale: “La discriminación hacia travestis es mayor que hacia gays de clase media”