Le parole della Bibbia: Doulos – Servi
Testo di Annamaria Fabri tratto da Castello7 del 7 ottobre 2007
Nell’antico testamento e nel giudaismo Dio è visto sempre come il Signore assoluto e l’uomo, essendo creatura, dipendente totalmente da lui. Questo modo di parlare dal testo greco della bibbia, detta dei LXX, ha influenzato il nuovo testamento, che spesso usa il termine doulos per indicare coloro che Dio ha scelto per realizzare i suoi disegni.
In quest’ottica l’Apostolo Paolo si autodefinisce doulos di Cristo (Rom. 1,1) e dichiara che Cristo stesso «ha assunto la natura di servo» (Fil. 2,7) essendo in tutto «obbediente al Padre» (cfr Fil. 2,8).
I vocaboli che derivano dalla radice doul- sono frequenti nel nuovo testamento. In greco il verbo douleuo (=compiere il servizio dello schiavo), e il corrispondente sostantivo doulos (=schiavo, servo) portano un significato negativo perché la libertà personale per i greci era il bene supremo. Per questo quella dello schiavo veniva considerata una condizione degradante.
Nell’antico oriente invece il re o l’imperatore era considerato il padre e signore assoluto di tutti i suoi sudditi. Anche i ministri e i plenipotenziari del regno erano considerati suoi douloi in quanto totalmente dipendenti dalla volontà sovrana. Doulos era allora in questo contesto un titolo onorifico di cui andar fieri.
Nell’antico testamento e nel giudaismo Dio è visto sempre come il Signore assoluto e l’uomo, essendo creatura, dipendente totalmente da lui. Essere quindi scelto da Dio come schiavo non è per l’ebreo un disonore, anzi è il segno di una predilezione e di una vicinanza. In questa accezione sono douloi di Dio Mosè, David e i profeti.
Questo modo di parlare dal testo greco della bibbia, detta dei LXX, ha influenzato il nuovo testamento, che spesso usa il termine doulos per indicare coloro che Dio ha scelto per realizzare i suoi disegni. In quest’ottica l’Apostolo Paolo si autodefinisce doulos di Cristo (Rom. 1,1) e dichiara che Cristo stesso «ha assunto la natura di servo» (Fil. 2,7) essendo in tutto «obbediente al Padre» (cfr Fil. 2,8).
Assumendo la condizione di servo il Cristo si rende pienamente solidale con l’umanità schiava del peccato, della legge e della morte da cui la sua morte e risurrezione ci libera (cfr. Col. 2,14).
Non a caso la dialettica libertà-schiavitù è uno dei temi che più ritornano nei testi sinottici e nelle lettere paoline proprio perché, attraverso questo linguaggio, si evidenzia come l’essere servi di Dio implichi la liberazione da ogni altra servitù: siamo così servi o liberi dal peccato (Rom. 6,17) come possiamo essere servi di Dio o del peccato; infatti «nessuno può servire a due padroni» (Luca 16,13).