“Il regno” che verrà. Le parole della Bibbia
Riflessioni bibliche di Annamaria Fabri pubblicate su Castello7, foglio parrocchiale settimanale della Parrocchia di S. Michele a Castello (Firenze), anno 29, n.24 novembre 2019, pag.2
L’espressione regno di Dio (con le sue varianti: regno dei cieli, regno del Padre, …) è spesso sulla bocca di Gesù tanto che nell’uso dei cristiani dei primi secoli si adoperava la parola “regno” per indicare il realizzarsi delle promesse di Gesù Cristo e il suo ritorno nella gloria alla fine dei tempi.
L’espressione regno di Dio era già usata dall’antico testamento per indicare la signoria di Jahvè su tutto il creato e sulla storia del mondo e degli uomini. Gesù non ha certamente negato questa signoria di Dio, ma ha dato di essa un’interpretazione tutta particolare.
Dire che Dio è il Signore non è fare riferimento al potere così come noi lo concepiamo. Per Gesù infatti il regno appartiene a tutti quelli che sono estranei ad ogni sorta di potere e dal potere sono emarginati e schiacciati.Il manifesto del regno di Dio sono le “beatitudini” del vangelo (Matteo 5, 1-11; Luca 6,20-23).
Sono i “piccoli del regno” (da non confondersi con i piccoli di età) quelli che ne fanno parte. Secondo i vangeli il regno di Dio è una realtà che, manifestata e realizzata nella persona di Gesù Cristo nella sua nascita, vita, morte e risurrezione, deve allargarsi al mondo come il granello di senapa e come il lievito nella pasta.
Al termine del cammino dell’uomo e della storia apparirà il mondo nuovo, completamente trasformato dallo Spirito Santo, quando Gesù Cristo con il suo “ritorno” consegnerà il mondo salvato a Dio Padre, come dice san Paolo nella prima lettera ai Corinti (15,24).
Di questo regno la chiesa è segno e annuncio ben sapendo, come dice il Concilio Vaticano II, che chiesa e regno di Dio non sono la stessa cosa, perché fino alla fine il potere e il peccato sono all’opera anche all’interno della chiesa, la cui tentazione è proprio quella di servirsi dei mezzi del potere come scorciatoia per il regno e in defi nitiva per rifi utare la piccolezza delle beatitudini.