Le parole dell’amore. Una madre davanti al coming out di un figlio
Recensione di Carmine Taddeo
Le parole sono tante, a volte possono essere un’arma a doppio taglio, a volte la medicina necessaria che serve per superare una situazione spiacevole; a volte sono vuote e lasciano il tempo che trovano, altre, invece, sono così sature di significato da sentire quasi di non poterle penetrare appieno. Poi ci sono anche quelle volte, che hanno un non so ché di magico, quelle volte in cui le parole ti aprono mondi sconosciuti, mondi inquietanti o di cui non si supponeva nemmeno l’esistenza.
Le dimensioni che il nostro animo vive nel corso della sua storia sono mutevoli e spesso non si riescono a capire bene, non si riesce a dare un nome a quello che si prova o al sentirsi diversi. Nel libro “Sventola l’aquilone” di Donata Testa (Editrice Sui, 2013) ci si catapulta nel mondo di chi non riesce ad esprimere a parole quello che vede. Una madre che vede i propri figli nascere crescere e assumere caratteri connotati da tali e tante sfaccettature, che a volte le parole proprio mancano per poterle usare nel modo giusto.
Così ci si trova ad utilizzarle parole nuove all’improvviso, come quando un figlio dice per la prima volta ad una madre di essere gay. Dal mio punto di vista è facile mettersi nei panni di chi deve dirlo, di chi si libera per la prima volta. Ma quanti di noi si sono mai soffermati a pensare alla valanga di significato che una frase così breve può assumere per una madre? Per chi ha pensato dei progetti per te già da quando non eri che un pensiero nella mente di qualcuno?
Perché dire che questo breve libro, da divorare in poche ore, ha la capacità di stravolgere la tua vita? Perché è un cambio di prospettiva, è qualcosa di nuovo, un punto di vista che molto spesso manca, un entrare nella vita di qualcuno che ti è affianco e che spesso fa fatica a capire. Ma è anche un libro in cui l’amore trionfa. Va preso strictu sensu come una testimonianza di vita, una risposta alle mille domande che si affollano nella testa di chi non sa come muoversi, di chi non sa se rivelare o meno chi si è veramente.
Ma come è evidente, sfogliando le pagine di questo libro, una madre capisce, legge nel figlio quando le parole dette o non dette nascondono altro, o i comportamenti chiedono altre attenzioni, o le azioni sono compiute per nuove motivazioni o i silenzi e i segreti. Mai sottovalutare, dunque il potere di lettura di una madre!
Va compreso anche il valore che una madre può assumere e l’appoggio che può darci nel momento in cui si comincia prendere consapevolezza di chi si è veramente. Mi rendo ben conto io in primis della difficoltà, delle resistenze che da entrambi i lati possono nascere. Eppure il libro testimonia la possibilità di superare orizzonti e scogli di qualsiasi genere, affidandosi.
Ci si immerge lentamente nella storia di una famiglia che vive e respira. Ci si immerge in una famiglia che assume i caratteri della propria e stimola a interrogarsi sul proprio passato. Ma soprattutto e più di tutto, si può vedere e sentire con gli occhi di una madre e quando non si trovano le parole, perché è complicato o perché si ha paura di usarle, a volte i gesti sanno parlare meglio di molto altro.
È vero che le parole hanno poteri misteriosi perché danno un nome alle cose, le rendono reali; è vero che spaventa usarle, dirle e leggerle. Ma è anche vero che è proprio affrontandole che i mondi cambiano, le porte si aprono e le mani si tendono.
Questo almeno capisco, da un semplice dialogo tra una madre e un figlio con una grande verità da dire.
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Donata Testa, Sventola l’aquilone, Editrice Sui, pp. 69, 2013 (disponibile anche come ebook)