Le parole di Benedetto XVI , una via crucis per il clero francese
Messa crismale, lavanda dei piedi, via crucis, veglia pasquale, battesimo di adulti: i riti della settimana santa hanno fatto risalire il morale dei preti cattolici. Dalla fine di gennaio, molti sono stati presi di mira dai loro fedeli e obbligati a spiegare una parola papale che loro stessi talvolta avevano difficoltà a capire e, certi, ad accettare.
In queste ultime settimane, l’annuncio di Benedetto XVI della revoca delle scomuniche di quattro vescovi integralisti, la scomunica pronunciata da un Vescovo brasiliano contro le persone vicine ad una bambina che aveva subito un aborto e le dichiarazioni del papa sul preservativo hanno sconvolto certe convinzioni.
Forti nella loro fede, i preti si sono sforzati di far fronte al turbamento, più feriti dai dubbi dei loro parrocchiani o dagli attacchi venuti dall’esterno che veramente destabilizzati dalle ripetute polemiche.
“Perfino dei laici impegnati sono rimasti scioccati”, riconosce Bruno Millevoye, prete aVénissieux (Rhône). “Ultimamente, ho chiesto una servizio pastorale ad uno di loro e mi ha detto: ‘Me lo chiedi nel momento sbagliato’” , testimonia questo prete di 46 anni, preoccupato nel vedere “quelli che se ne vanno alla chetichella”.
“I cattolici più turbati mi confessano che in questo momento adottano un profilo basso, per paura di apparire ridicoli”, confida Michel Durand, 67 anni, prete a Lione in un ambiente piuttosto di sinistra.
“Rispondo loro che noi siamo innanzitutto discepoli di Cristo, che la Chiesa siamo noi e che il papa è solo un accidente della storia. La Chiesa non si riduce alla Curia romana”, ritiene il prete, che afferma di aver ricevuto in questi ultimi giorni due richieste di cattolici che desiderano farsi sbattezzare.
Bollettini parrocchiali, omelie, e-mail, discussioni sul sagrato: i parroci hanno utilizzato tutti i mezzi per “pacificare gli animi”. Gli incontri tra preti hanno ampiamente affrontati questi “casi”, mettendo in luce tra il clero le stesse spaccature come tra i fedeli.
“Sulla faccenda della piccola brasiliana, ho detto dal pulpito che si aveva il diritto di pensare che quella bambina non doveva portare a termine la gravidanza dei gemelli. I miei parrocchiani, tra cui molti medici, mi hanno ringraziato”, assicura padre Vivarès. “Ho tentato un’omelia sul preservativo.
Decisi a non mollare, certi privilegiano un altro discorso, sulla stessa lunghezza d’onda di una parte dei loro fedeli. “Di questi tempi si sentono molto spesso dei cattolici dire: Gesù Cristo, mi va bene, ma la Chiesa, la lascio. Non condivido questa dicotomia”, insorge Jean-Philippe Fabre, un prete parigino di 42 anni.
In una omelia “particolarmente apprezzata”, ha ricordato ai suoi fedeli “l’opzione preferenziale per il papa, che non è un uomo come gli altri. Il giorno in cui il papa cesserà di dare dei punti di riferimento etici esigenti che portano la gente verso l’alto, avremo perduto”.
La difesa del papa è passata anche attraverso frequenti, e a volte violente, accuse ai media, rimproverati soprattutto di disinformazione.
“Non credo al complotto mediatico, ma non è solo la Chiesa ad avere la colpa nella ricezione della parola”, difende anche Padre Fabre. “Noi dobbiamo cercare la verità e il format mediatico non lo permette.”
Questo periodo mette anche in luce una differenza tra la dottrina venuta da Roma e il suo adattamento sul campo. Questa realtà, conosciuta e assunta da molti cattolici e preti, è nella maggior parte dei casi ignorata dai non praticanti e dall’opinione pubblica.
“Dopo Humanae Vitae – il testo che nel 1968 ha condannato ogni forma di contraccezione non naturale -, le giovani coppie non obbediscono necessariamente su tutto”, riconosce Dominique Nicolas, 63 anni, prete a Digione.
“La Chiesa dovrebbe essere maggiormente suscitatrice di entusiasmo e meno dispensatrice di consigli.”
Senza sorpresa, tutti sono convinti che la morale della Chiesa “tenga”, ma molti riconoscono che c’è “modo e modo di dirla”. “In questo momento è facile dissentire rispetto al Vaticano. Io preferisco basarmi su dei testi che dicono le cose in maniera rassicurante”, spiega padre Gobilliard.
Nelle parrocchie, molti preti autorizzano i divorziati-risposati a fare la comunione, cosa che la dottrina non permette; accompagnano delle donne che hanno abortito o discutono nel dettaglio sulle tecniche di contraccezione.
Come Padre Vivarès, certi sono disposti a battezzare un bambino allevato da una coppia omosessuale “a condizione che sia iscritto al catechismo”.
“Rifiuto di cedere alla faciloneria, ma, per il bene dei fedeli, si è portati ad adattarsi alla situazione”, riconosce anche Padre Gobilliard.
“Bisogna ritornare ad un processo di decisione collegiale; è la riforma più importante per la Chiesa oggi, poiché in fondo il Vangelo ha sempre molto successo.”
Una riforma che, secondo la maggior parte dei preti, dovrebbe comunque accompagnarsi ad una migliore comunicazione da parte dell’istituzione.
Fondamentalmente ottimisti, molti di loro vogliono vedere nelle recenti “disfunzioni” motivo di apprezzamenti positivi: “La questione degli integralisti ha portato molti cattolici a ricordare il loro attaccamento al concilio Vaticano II; il negazionismo di uno dei vescovi integralisti è stato l’occasione di dare forza al dialogo ebraico-cristiano; le dichiarazioni sul preservativo hanno permesso di ricordare che un quarto degli organismi che si occupano dei malati di aids in Africa è cattolico.”
Questa crisi ha anche, secondo padre Durand, “fatto rinascere nella Chiesa una voce contestatrice e discreta che non si sentiva più”, eclissata da altre correnti più visibili e più rumorose.
Le chemin de croix du clergé français