Le persone omosessuali e la Chiesa cattolica oggi
Testo pubblicato sul sito dell’Unione Svizzera delle Donne Cattoliche (Svizzera) il 25 gennaio 2001, liberamente tradotto da Antonio De Caro, parte terza e ultima
Così scrive J. McNeill: “Dio, Madre nostra e Padre nostro, la libertà è uno dei doni più preziosi che tu ci fai. Aiuta noi, donne e uomini omosessuali, a superare tutte le paure che ci impediscono di accettare noi stessi, di abbandonare il nostro nascondiglio e di sostenerci a vicenda, con coraggio, in questo tempo di crisi. Insegnaci anche a godere della nostra vita senza paura, e ad impegnarci per condividere questa gioia con tutte le nostre sorelle e i nostri fratelli”.
5 Il rapporto della Chiesa con la sessualità
La Chiesa ha elaborato un modello di relazione d’amore troppo astratto ed elevato, dove chi fallisce viene abbandonato a se stesso; i divorziati che intraprendono una nuova relazione sono esclusi dalla comunione ecclesiale e dalla Grazia sacramentale. La Chiesa non manifesta interesse per la costruzione graduale di relazioni di qualità, né per un esercizio responsabile della sessualità alla luce della coscienza.
Il Magistero della Chiesa, nonostante i progressi scientifici e teologici, continua a considerare la riproduzione biologica una condizione indispensabile per la morale sessuale. In tal modo vengono scoraggiati i legami d’amore, e il Magistero provoca esattamente ciò che vorrebbe evitare: il deserto e la povertà relazionali. Pesa, sulla morale sessuale della Chiesa, una millenaria visione negativa del corpo e della sessualità. Solo quando saremo intimamente convinti che una sessualità vissuta davanti a Dio, con responsabilità e coscienza, è un dono di Dio, bello e piacevole, probabilmente potremo pensare, parlare e scrivere di amore e sessualità con approvazione, cura e rispetto per le relazioni.
L’atteggiamento odierno della Chiesa verso le persone omosessuali
Le affermazioni del Catechismo sulle persone omosessuali sono incoerenti e contraddittorie: il rispetto, la compassione e la delicatezza spesso rimangono solo parole vuote, non confermate da un reale impegno della Chiesa Cattolica contro la discriminazione e la violenza omofobica; inoltre, alle persone omosessuali viene imposta l’astinenza. Tutto questo produce sofferenza, sensi di colpa e vergogna.
Demolire il tabù, parlare apertamente di questi temi, offrire uno spazio libero ed accogliente per il confronto, invece, produce sollievo e gratitudine nelle persone omosessuali e nelle loro famiglie.
Riconoscere le autonome scelte di vita
Gesù Cristo è amore. L’impegno di due esseri umani di sostenersi a vicenda, costantemente, nell’amore di Cristo, e di rimanere fedeli nella gioia e nel dolore è l’unico presupposto valido perché la Chiesa riconosca ed approvi una scelta di vita, al di là di ogni sterile biologismo o materialismo. Incoraggiare la relazione e la sua qualità morale può spingere i partner a crescere interiormente.
Riconoscere che la sessualità è molteplice
Il presupposto che, con l’aiuto della pastorale, lesbiche e gay potrebbero essere curati e diventare etero-orientati, è scientificamente provato, da tempo, come erroneo. La pastorale ha sempre a che fare con la persona in senso integrale: una rinuncia forzata alla sessualità o una “inversione” dell’orientamento sessuale non può essere mai lo scopo della cura pastorale. La cura pastorale è cura della salvezza e del ben-essere delle persone: dovrebbe confermare, costruire, rafforzare, aumentare l’autostima. Le persone che hanno accettato ed integrato il proprio orientamento omosessuale non hanno bisogno di una pastorale speciale.
Il voto di castità delle persone omosessuali nelle comunità religiose
La rinuncia a vivere in modo libero e gioioso la propria sessualità, e il silenzio su questa dimensione, può comportare gravi disturbi nello sviluppo della personalità. Ecco perché il tema della etero/omo-sessualità deve essere affrontato in modo esplicito nella formazione dei religiosi, e con persone esperte. Conoscere bene se stessi, anche nel campo della sessualità, è il percorso per una seria, autentica e profonda spiritualità.
Essere esonerati dagli incarichi?
Molti operatori pastorali, consacrati o laici, hanno paura ad esporsi quando lavorano con gruppi di persone omosessuali, o se hanno una relazione omosessuale, perché temono di essere allontanati dai loro incarichi. Il messaggio è chiaro: chi svolge un incarico nella Chiesa non può vivere in una relazione omosessuale.
Questo produce isolamento o il rischio della “doppia vita”, o della “doppia morale”. Oppure è necessario rinunciare al proprio ruolo nella Chiesa, per quanto la vocazione possa essere autentica e la persona qualificata. Tale atteggiamento ufficiale viene giustificato, tra l’altro, adducendo il pretesto che i responsabili non possono assumere operatori pastorali il cui stile di vita non corrisponde all’insegnamento della Chiesa.
Di conseguenza, questo insegnamento ha bisogno di essere cambiato con urgenza: è assolutamente necessario riconoscere che le persone omosessuali possono svolgere compiti nella Chiesa, anche a livello direttivo. Molte di queste persone sono profondamente religiose ed altamente qualificate, sia professionalmente che personalmente, per il servizio nella Chiesa. L’idoneità o non idoneità per uno specifico compito o una carica va accertata solo in base alla qualità spirituale e alla qualifica professionale.
Se la Chiesa ufficiale non prende in considerazione queste proposte, fa solo del male alla comunità dei credenti e alla propria stessa immagine. Non è credibile una Chiesa incapace di invocare, da Dio, la buona riuscita delle relazioni umane.
6. Visioni
Cambiamenti nella società
I mutamenti giuridici e sociali relativi alla pari dignità di tutte e tutti possono contribuire a consolidare un clima di rispetto, e consentire ai giovani di crescere ed esprimersi in un clima sicuro.
Cambiamenti nella Chiesa
A questi cambiamenti (cioè al superamento delle discriminazioni e all’integrazione delle persone omosessuali) deve cooperare anche la Chiesa, che afferma di fondarsi sul principio dell’amore. Ciò comporta l’accoglienza delle persone, con il loro autentico orientamento sessuale e la benedizione delle loro relazioni di amore. Per le persone omosessuali, come per tutti gli esseri umani, la Chiesa deve essere una casa, un luogo di autentico incontro e comunione.
7. Proposte concrete dell’Unione Svizzera delle Donne Cattoliche
Essere “cattolici” significa avere uno sguardo universale, che abbraccia tutti gli esseri umani e li considera, tutti, chiamati all’amore. Essere cattolici vuol dire sentirsi pienamente parte del popolo di Dio, e avere pienamente il diritto-dovere di contribuire alla sua crescita e alla sua conversione, in dialogo e, se occorre, anche in contrasto con il Magistero. Importanti e complesse questioni, etiche e teologiche, non sono delegabili, ma richiedono una presa di posizione critica e personale.
L’Unione Svizzera delle Donne Cattoliche intende promuovere:
• Il riconoscimento delle persone omosessuali nella Chiesa e nella società;
• La regolamentazione giuridica delle famiglie fondate su relazioni omosessuali;
• Il superamento dei tabù e la libera discussione sulla sessualità nella Chiesa;
• Azioni a favore delle donne lesbiche e per le madri di figli omosessuali, per esempio confronti e discussioni senza giudizio né pregiudizio;
• L’educazione all’accoglienza di bambini e giovani omosessuali in famiglia e a scuola;
• Uno sviluppo qualitativo dei testi scolastici, in cui la sessualità non sia ridotta all’aspetto biologico e si parli anche di progetti di vita per le persone omosessuali.
• Il dialogo con la Conferenza Episcopale sull’integrazione delle persone omosessuali nella Chiesa e nei ministeri.
Testo originale (PDF): Lesben, Schwule und Bisexuelle in Kirche und Gesellschaft