Le persone omosessuali, la follia nazista e l’olocausto
Testo di Ben S. Austin tratto dal sito The Holocaust\Shoah Page (Stati Uniti), liberamente tradotto da Pina
Con l’avvento dell’era Cristiana nel primo secolo A.D., l’omosessualità fu definita un atto contro natura e una violazione della legge di Dio. Ciò rappresentò un significativo allontanamento dalla condizione dell’omosessualità nei tempi antichi e nell’epoca classica greco-romana. Ford e Beach, nel loro studio della letteratura in settantasei società prive di lingua scritta (“Modelli di comportamento sessuale”), scoprirono che l’omosessualità era accettata in circa la metà delle società studiate. L’unica notevole eccezione era rappresentata dalla cultura ebraica: la Legge di Mosè proibiva espressamente l’omosessualità e queste imposizioni furono conservate anche dagli scrittori del Nuovo Testamento.
Per tutto il Medioevo e i primi tempi moderni si agì in questo modo e le punizioni per i trasgressori divennero sempre più severe, comprendendo la pena di morte.
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L’omosessualita’ durante l’illuminismo
Le leggi che imponevano la pena di morte perdurarono in Francia fino alla Rivoluzione Francese, in Inghilterra fino alla metà dell’800 e in Scozia fino alla fine dello stesso secolo. L’Illuminismo portò una certa liberalizzazione, cioè la depenalizzazione dell’omosessualità in Francia e in alcuni stati tedeschi, per esempio la Bavaria. Tuttavia, la Prussia rappresentò un’eccezione a questa tendenza.
Nel 1871, quando fu creato l’impero Prussiano-tedesco (il Secondo Reich), il Codice Criminale del Reich proibì espressamente gli atti sessuali contro natura, compresi quelli “commessi tra persone di sesso maschile o da esseri umani con animali”. Tali comportamenti furono “punibili con la prigione; inoltre, si poteva imporre la perdita dei diritti civili”. Il Paragrafo 175 del Codice Criminale del Reich recitava:
1. Un uomo che commette atti lascivi con un altro uomo o permette l’abuso su di sé di tali atti, sarà punito con l’imprigionamento;
2. Se uno dei partecipanti agli atti ha meno di 21 anni e se l’offesa non è stata grave, la corte può dispensare dalla sentenza di imprigionamento.
Queste proibizioni, severe secondo le moderne definizioni, rappresentavano una significativa liberalizzazione in confronto ai modelli medievali. Per tutta la fine dell’800 gli omosessuali furono soggetti a controlli, arresti e imprigionamento. Le leggi esistenti resero gli omosessuali particolarmente vulnerabili al riscatto attraverso la minaccia di pubblica esposizione.
Nonostante le leggi e le conseguenti molestie, emerse in Germania un’identificabile comunità omosessuale, in particolare nelle aree urbane, le quali fornirono individui con una struttura sub culturale che permetteva loro di esprimere le proprie preferenze sessuali con un certo grado di anonimato e sicurezza. Inoltre, nei decenni precedenti la I Guerra Mondiale, c’era una media di 500 arresti all’anno.
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Il movimento tedesco dei diritti dei gay nel 1890
Intorno alla fine del secolo nacque in Germania un movimento piuttosto forte a favore dei diritti dei gay, sotto la guida di Magnus Hirschfeld e la sua organizzazione, il Comitato Scientifico-Umanitario. Gli obiettivi principali del movimento erano educare il popolo ed effettuare l’abrogazione del Paragrafo 175.
Agli inizi della I Guerra Mondiale c’era un clima piuttosto liberale in Germania e la Repubblica di Weimar, che non abrogò la legge esistente, non la fece rispettare con lo stesso zelo manifestato dal Primo Reich. Iniziò una proliferazione di luoghi d’incontro per omosessuali, libri, articoli e film e l’omosessualità fu notevolmente più esplicita e più apertamente discussa. A metà degli anni ’20 il governo reagì a questi sviluppi tentando di inasprire le leggi e di superare una legislazione più restrittiva.
Nel 1929, dopo un paio d’anni di dibattiti e discussioni, il tentativo fallì per mezzo di una stretta maggioranza nel Reichstag. Gli omosessuali capirono che era stata ottenuta una vittoria importante. Tuttavia, in ogni discussione, i rappresentanti Nazisti nell’Assemblea avvertirono una voce chiara, la quale manifestò la convinzione che fossero gli Ebrei a guidare questo movimento, nel tentativo di insidiare la moralità del popolo tedesco.
Si manifestò, allora, la questione razziale, cioè l’idea che l’omosessualità avesse un impatto dannoso sull’anelato “formato famiglia Adamo” e sull’aumento della popolazione – quindi, una forza d’impatto tedesca.
Perciò, l’omosessualità era incompatibile con la purezza razziale: in seguito, questa fu una delle maggiori tesi di Himmler. Quella voce fu sul punto di divenire molto forte e chiara quando il Partito Nazista ottenne il controllo nel 1933.
L’affare Roehm e la persecuzione degli omosessuali
La direzione del Partito Nazista comprendeva almeno un omosessuale dichiarato, Ernst Roehm: era membro della Lega per i Diritti dell’Uomo di Hirschfeld e frequentava apertamente i luoghi d’incontro per omosessuali. Tra il 1933 e il 1934, Roehm fu leader dell’SA (Divisione d’Assalto) e, prima della morte di Hindenberg nel 1934, fu un potenziale sfidante della supremazia di Hitler.
Con la crescita del potere nazista, arrivò un attacco dalla sinistra politica tedesca. Furono fatti sforzi per screditare Hitler e i Nazisti. Una delle loro tesi fu il peso dell’omosessualità nelle fila naziste. Il vecchio amico di Hitler, Roehm, fu uno dei loro obiettivi principali. Uno dei massimi difensori di Roehm fu Heinrich Himmler. Egli espresse la convinzione che le accuse contro Roehm erano opera di Ebrei che temevano le SS e stavano cercando di screditare il movimento.
Tuttavia, l’umore del partito e di Himmler cambiò quando Hitler, nel 1934, decise che Roehm era una minaccia alla sua autorità. In particolare, Hitler temeva che Roehm stesse cercando di trasformare le SA (in quel momento, forti di 2 milioni di persone) in una milizia e stesse pianificando una sfida militare contro di lui. Seppure non ci fosse prova dell’esistenza di tale piano, Hitler ordinò una epurazione.
Il 30 giugno 1934 Roehm, molti dei suoi sostenitori e oltre 1000 dei nemici politici e personali di Hitler furono uccisi nella famosa “Notte del Lunghi coltelli” e, se l’epurazione fu giustificata a livello politico, la motivazione data in questa occasione fu l’omosessualità di Roehm e di diversi suoi associati nel comando delle SS.
Himmler, che una volta difendeva Roehm, assunse il comando delle SS e, nel processo, divenne anche guida del movimento e degli omosessuali tedeschi. Sulla scia dell’esecuzione di Roehm, Hitler ordinò la registrazione dei gay e la Gestapo fu caricata della responsabilità di creare dossiers sugli omosessuali e altri “asociali” nel Terzo Reich. L’anno seguente, nel 1935, il Reichstag corresse il Paragrafo 175 del Codice Criminale per creare una scappatoia alla legge del momento. La nuova legge constava di tre parti:
Paragrafo 175: Un uomo che commette atti licenziosi con un altro uomo o permette l’abuso su di sé di atti licenziosi, sarà punito con l’imprigionamento. Se uno dei due ha meno di 21 anni al compimento dell’atto, la Corte può, specie in casi particolari, evitare la punizione.
Paragrafo 175a: E’ obbligatorio l’imprigionamento in un penitenziario per un periodo di tempo non superiore ai 10 anni ed in presenza di circostanze attenuanti, per non meno di 3 mesi a:
1) l’uomo che, con l’uso della forza o della minaccia della vita, obbliga un altro uomo a commettere atti licenziosi e lascivi con lui e obbliga la controparte a sottomettersi ad abuso con atti licenziosi;
2) l’uomo che, sfruttando la propria posizione di superiorità in una relazione, per motivi di servizio, impiego o grado, induce un altro uomo a commettere atti licenziosi con lui o a sottomettersi ad abuso mediante tali atti;
3) l’uomo che, avendo più di 21 anni, induce un uomo che ha meno di 21 anni a commettere atti licenziosi e lascivi con lui o a sottomettersi ad abuso mediante tali atti;
4) l’uomo che commette pubblicamente atti licenziosi e lascivi con altri uomini o li sottomette ad abuso mediante tali atti o offre se stesso per atti licenziosi o lascivi con altri uomini.
Paragrafo 175b: gli atti licenziosi e lascivi contrari alla natura, fra esseri umani ed animali, devono essere puniti con l’imprigionamento; può rendersi necessaria la perdita dei diritti civili.
Il Paragrafo 174 del Codice Penale proibiva l’incesto ed altre offese sessuali con i dipendenti, mentre il Paragrafo 176 bandiva la pedofilia. Le persone condannate in base a queste leggi, inoltre, indossavano il triangolo rosa.
I Nazisti dribblarono altre leggi che avevano per bersaglio le offese sessuali
Nel 1933, essi emanarono la legge contro i criminali pericolosi e incalliti e le Misure per la difesa e il recupero: essa dette ai giudici tedeschi il potere di ordinare castrazioni coercitive nei casi di stupro, profanazione, atti sessuali lascivi con bambini (paragrafo 176), coercizione all’atto di offese sessuali (paragrafo 177), atti osceni in pubblico compresi gli atti omosessuali (paragrafo 183), delitto o omicidio preterintenzionale di una vittima (paragrafi 223-226), se venivano commessi per eccitare o compiacere l’impulso sessuale o gli atti omosessuali con ragazzi minori di 14 anni.
L’emendamento alla Legge per la Prevenzione dei discendenti con malattie ereditarie, datato 26 giugno 1935, permetteva la castrazione per ragioni di crimine per uomini condannati in base al Paragrafo 175, se gli uomini consentivano. Queste nuove leggi definivano gli omosessuali come “asociali”, una minaccia al Reich e alla purezza morale della Germania. La punizione per “gli omosessuali cronici” era l’imprigionamento nei campi di concentramento.
Una nota del 20 maggio 1939 di Himmler permette ai prigionieri dei campi di concentramento di essere ricattati nella castrazione. In effetti, la definizione di “moralità pubblica” divenne una questione di polizia. Nel 1936, Himmler creò l’Ufficio Centrale del Reich per la Lotta all’omosessualità e l’aborto e nominò Joseph Meisinger a dirigere l’ufficio.
I risultati di questi cambiamenti amministrativi furono molto chiari. Secondo Burleigh e Wipperman: ‘…..mentre nel 1934 furono condannati e imprigionati 766 uomini, nel 1936 la cifra superò i 4000 e nel 1938 gli 8000. Inoltre, dal 1937 in poi, molti di quelli coinvolti furono inviati nei campi di concentramento dopo aver scontato la loro “regolare” condanna in prigione…….
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Il discorso di Himmler ai generali delle SS del 18 Febbraio 1937
In un pezzo di logica nazista particolarmente contorto, Heinrich Himmler collocò l’omosessualità sotto l’ideologia della teoria e della purità razziale. Rifacendosi al fatto che la Germania aveva perso oltre 2 milioni di uomini durante la I Guerra Mondiale, creando così un serio squilibrio nel rapporto sessuale riproduttivo, egli aggiunse una stima di 2 milioni di omosessuali che avevano raddoppiato lo squilibrio. Non importava il fatto che essi non avrebbero comunque procreato: Himmler continuò ad usare queste tesi come fondamento per portare l’omosessualità sotto la politica razziale nazista. Seguono parti di quel discorso:
‘Se voi tenete conto, cosa che io non ho ancora fatto, dei due milioni di uomini che sono morti in guerra, e se considerate stabile il numero delle donne, allora potrete immaginare quanto questi due milioni di omosessuali e questi due milioni di morti, quindi un totale di 4 milioni di uomini sbilancino i rapporti sessuali in Germania: questo provocherà una catastrofe.
Sto per esporre davanti a voi qualche riflessione sul problema dell’omosessualità. Tra gli omosessuali ci sono delle persone che hanno fatto proprio il seguente punto di vista: ‘quello che faccio non riguarda nessuno, ma solo la mia vita privata’. Tuttavia, tutto ciò che accade nella sfera sessuale non costituisce un affare privato dell’individuo, ma significa la vita e la morte della nazione, significa il potere del mondo”.
Dopo aver paragonato l’omosessuale che è ucciso, ed è gettato in una torbiera, al processo necessario per ripulire un giardino, Himmler continuò la sua filippica:
“Ancora oggi, almeno ogni mese, ci si presenta un caso di omosessualità all’interno delle SS. Abbiamo otto, dieci casi all’anno. Ho preso la seguente decisione: in tutti i casi, questi individui saranno ufficialmente degradati, espulsi dalle SS e trascinati davanti a un tribunale.
Dopo che avranno scontato la pena inflitta loro dal tribunale, dietro mio ordine saranno internati in un campo di concentramento e abbattuti durante un “tentativo di fuga”.
In ogni caso, il loro corpo d’origine verrà informato direttamente da me di questo fatto. Spero così di estirparli dalle SS, fino all’ultimo uomo. Voglio preservare il sangue nobile che entra nella nostra organizzazione e l’opera di risanamento razziale che stiamo perseguendo per la Germania”.
Nei successivi 2 anni si sviluppò un’intricata rete di informatori: gli alunni furono incoraggiati a dare informazioni sugli insegnanti che sospettavano di omosessualità, i datori di lavoro sui dipendenti e viceversa. Gli omosessuali arrestati erano abituati a creare liste di omosessuali o sospetti omosessuali. La chiara intenzione era identificare ogni gay in Germania e trasferirlo nei campi di concentramento.
Himmler riconobbe chiaramente che queste strategie non avrebbero risolto il problema dello squilibrio sessuale in Germania. Invece, lo scopo del piano era, nelle sue parole, “identificare” gli omosessuali e rimuoverli dalla società.
Egli aveva ancora bisogno di una ragione fondamentale per sterminarli. Come nel caso degli zingari, Himmler ripiegò sulla “scienza medica” come soluzione al problema dell’omosessualità.
La cura Vaernet
La Gestapo prese in considerazione diverse suggestive soluzioni al problema. Una delle più affascinanti fu quella avanzata da un medico danese delle SS (Carl Peter) Vaernet, che sostenne di aver sviluppato un impianto ormonale in grado di curare l’omosessualità. Le SS gli diedero un impiego da ricercatore, i fondi necessari, strutture di laboratorio e la popolazione dei campi di concentramento come cavie. Gli impianti di testosterone furono posizionati sperimentalmente nei detenuti omosessuali e il loro progresso monitorato.
Alcuni rapporti dimostrarono dei miglioramenti; tuttavia, per molti altri non ci fu un cambiamento significativo.
Possiamo solo pensare al destino di coloro i quali, attraverso questo processo, furono definiti omosessuali “cronici” ed “incurabili”.
Lo sterminio degli omosessuali nei campi di morte
Non sono mai state stabilite cifre precise sul numero di omosessuali sterminati nei campi di morte nazisti: si stimano valori da 10.000 a 15.000. Non sembra che i nazisti abbiano mai avuto come loro obiettivo quello di eliminare completamente tutti gli omosessuali. Invece, sembra che la linea di condotta ufficiale fosse rieducare gli omosessuali “comportamentali” (gay solo in alcuni casi) e bloccare quelli che erano omosessuali incurabili attraverso la castrazione, l’intimidazione estrema o entrambe.
Per un affascinante esame empirico sociologico di questa tesi, il lettore è rinviato all’opera di Rendiger Lautmann. Non sembra nemmeno che i loro sforzi siano stati estesi oltre la Germania, fino ai territori occupati. Comunque, le numerose testimonianze di omosessuali sopravvissuti all’esperienza del campo suggeriscono che le SS avevano una visione molto meno tollerante.
Coloro che indossavano il triangolo rosa erano trattati brutalmente dalle guardie del campo e da altre categorie di detenuti, in particolare quelli che indossavano il triangolo verde (criminali), rosso (criminali politici) e nero (asociali). La seguente testimonianza di un sopravvissuto, Heinz Heger (Gli uomini con il triangolo rosa”, Alyson Publications, 1980), fornisce un’illustrazione drammatica: “…..il nostro alloggiamento era occupato solo da omosessuali, con circa 250 uomini in ogni ala. Potevamo dormire solo in camicia da notte e dovevamo tenere le mani fuori dalle coperte perché “Voi, fottuti finocchi, non vi farete seghe qui!”.
“Le finestre avevano un centimetro di ghiaccio sopra. Tutti quelli trovati con la sottoveste addosso a letto o con la mano sotto la coperta – c’erano controlli quasi ogni notte – venivano portati fuori per gettar loro addosso diverse secchiate d’acqua, prima di essere lasciati fuori per una buon’ora.
Solo poche persone sopravvissero a questo trattamento. Il risultato minimo erano bronchiti ed era raro per ogni gay portato in infermeria uscirne vivo. Noi che indossavamo il triangolo rosa avevamo la priorità per gli esperimenti medici e questi, generalmente, finivano in morte. Da parte mia, perciò, facevo del tutto per non contravvenire alle regole. Il nostro responsabile e i suoi aiutanti erano “verdi”, cioè criminali. Essi ci guardavano e si comportavano come i nazisti: erano brutali e spietati verso noi “finocchi”, erano concentrati solo sui loro propri privilegi e vantaggi, avevano paura tanto di noi quanto delle SS.
“A Sachsenhausen, non era mai permesso ad un omosessuale di ricoprire una posizione di responsabilità, né si poteva parlare con i prigionieri degli altri alloggiamenti che avevano un distintivo di colore diverso: ci fu detto che potevamo cercare di attirarli. Ma l’omosessualità era molto più diffusa negli altri blocchi, dove non c’erano uomini con il triangolo rosa, presenti solo nel nostro”
“Ci era impedito anche di avvicinarci a non più di 5 metri dagli altri alloggiamenti. Tutti quelli colti a questa distanza venivano frustati sul “cavallo”con 15-20 colpi. Anche alle altre categorie di prigionieri era vietato entrare nel nostro alloggiamento. Dovevamo rimanere isolati come i più dannati dei dannati, gli “schifosi froci” condannati all’eliminazione e vittime indifese di tutti i tormenti inflitti dalle SS e dai Capo.
“Le giornate iniziavano regolarmente alle 6 del mattino , o alle 5 in estate, e in mezz’ora dovevamo lavarci, vestirci e rifare i letti in stile militare. Se rimaneva del tempo si poteva far colazione, che consisteva nel bere di fretta una brodosa minestra, calda o tiepida, e nel mangiare un pezzo di pane. Poi, dovevamo disporci per otto sulla piazza d’armi per l’appello del mattino. Seguiva il lavoro, in inverno dalle 7,30 del mattino alle 17 del pomeriggio e in estate dalle 7 alle 20, con mezz’ora di pausa sul posto di lavoro. Quindi, direttamente al campo per l’imminente adunata per l’appello della sera. “Ogni alloggiamento marciava in gruppo verso la piazza d’armi e aveva lì la sua posizione fissa.
L’adunata del mattino non era tirata tanto per le lunghe come quella temuta della sera, poiché venivano contati solo i numeri dell’alloggiamento e si impiegava circa un’ora; poi, veniva dato l’ordine per formare dei distaccamenti. “Ad ogni adunata, coloro che erano appena morti dovevano essere presenti, ossia venivano stesi all’estremità di ogni fila e contati. Solo dopo l’adunata e una volta contati dall’ufficiale, venivano portati nell’obitorio e successivamente bruciati.“Anche i prigionieri disabili dovevano essere presenti all’adunata. Spesso aiutavamo o portavamo i alla piazza d’armi compagni che erano stati picchiati dalle SS solo poche ore prima.
Oppure dovevamo portare con noi i compagni prigionieri che erano mezzi assiderati o febbricitanti, così da essere in numero completo. Ogni uomo mancante al nostro gruppo significava molte botte e, quindi, molti morti.
“I nuovi arrivati erano assegnati al proprio lavoro, che consisteva nel mantenere pulita l’area attorno al blocco. Questo, almeno, era ciò che ci fu detto dagli NCO in carica. In realtà, lo scopo era eliminare l’ultima scintilla di spirito indipendente che rimaneva ancora nei nuovi prigionieri, con un lavoro pesante e senza senso, e distruggere quel briciolo di dignità che ancora rimaneva. Questo lavoro continuava fino a quando un nuovo gruppo di prigionieri con il triangolo rosa non veniva consegnato al nostro blocco e venivamo, così, risistemati.
Il nostro lavoro, allora, era il seguente: al mattino, dovevamo trasportare la neve fuori dal nostro alloggiamento, dal lato sinistro della strada a quello destro. Al pomeriggio dovevamo trasportare di nuovo la stessa neve da destra a sinistra. Non avevamo carriole e pale per fare entrambe le cose, sarebbe stato troppo semplice per noi ”finocchi”. No, i nostri comandanti delle SS avevano pensato a qualcosa di molto meglio.
“Dovevamo indossare i nostri cappotti con il lato abbottonato dietro e portare la neve nella sacca che si formava in questo modo. Dovevamo spalare la neve con le mani – le mani nude, poiché non avevamo guanti. Lavoravamo a gruppi di due. Venti volte a spalare la neve con le mani e venti volte a portarla via. E così, fino a sera e tutto raddoppiato!
“Questo tormento mentale e fisico durava sei giorni, finché nuovi prigionieri con il triangolo rosa venivano consegnati al nostro alloggiamento e prendevano il sopravvento su di noi. Le nostre mani erano spaccate e mezze assiderate ed eravamo diventati schiavi muti e indifferenti alle SS. “Appresi dai prigionieri che erano già stati per un po’ nel nostro alloggiamento che, in estate, un lavoro simile veniva fatto con la terra e la sabbia. Sul cancello del campo di prigionia, comunque, era scritto a lettere Maiuscole“l’eloquente” slogan nazista “Il lavoro rende liberi!”.
Per di più, gli omosessuali avevano un altro svantaggio importante: non avevano l’aiuto del gruppo all’interno del campo per mantenere alto il morale”. Come osserva Lautmann: “I prigionieri con il triangolo rosa avevano certamente mostrato capacità di sopravvivenza nell’”accamparsi”, ma non ebbero la possibilità di applicare queste qualità al campo. A causa della loro subcultura e delle organizzazioni che erano state distrutte smodatamente, non si sviluppò nessuna solidarietà di gruppo all’interno del campo….
Da quando ogni contatto esterno fu considerato sospetto, gli omosessuali non osarono nemmeno parlare ad un altro all’interno (come numerosi sopravvissuti hanno riportato nelle interviste)”.
Le percentuali di morte per gli omosessuali erano molto più alte, forse 3-4 volte più alte rispetto alle altre categorie di prigionieri non ebrei. Mentre i loro numeri complessivi erano minimi, il loro destino nei campi si avvicinava quasi agli ebrei più che ad ogni altra categoria, eccetto, forse, agli zingari. Gli omosessuali non sopravvissero a lungo: tra coloro che furono sterminati, la maggioranza morì nei primissimi mesi dell’esperienza di campo.
Conclusione
Un ultimo tema merita una breve attenzione. I Processi per i Crimini di Guerra di Norimberga, svoltisi nel 1945, non considerarono la persecuzione degli omosessuali con la stessa serietà accordata alle altre vittime dell’Olocausto. Burleigh e Wipperman suggerirono che questo poteva riflettere il fatto che dopo la guerra l’omosessualità era ancora un crimine in base alla legge tedesca e lì ancora esisteva un’omofobia molto diffusa.
Infatti, le leggi del Reich contro l’omosessualità (cioè le interpretazioni naziste del Paragrafo 175 del Codice Criminale del Reich) non furono abrogate in Germania fino al 1969. Di conseguenza, gli omosessuali sopravvissuti all’esperienza di campo furono reticenti ad insistere sul proprio caso dinanzi alla Corte sin da quando furono perseguitati sotto le leggi esistenti. Tuttavia, il contemporaneo Movimento dei Diritti per i Gay, sia negli Stati Uniti che in Europa, ha portato ad una riapertura sulla persecuzione degli omosessuali nella Germania nazista.
Il trattamento senza precedenti degli omosessuali sotto il regime nazista solleva le stesse domande sollevate dall’Olocausto: come è potuto accadere tutto questo? Può accadere di nuovo? E come si può evitare che si ripeta?
Bibliografia
Burleigh, Michael and Wolfgang Wipperman. The Racial State: Germany, 1933-1945. New York: Cambridge, 1991.
Ford and Beach. Patterns of Sexual Behavior, New York: Harper and Row, 1952.
Heger, Heinz. The Men With the Pink Triangle. Boston: Alyson Publishing Co., 1980.
Laska, Vera. Women in the Resistance and in the Holocaust: The Voices of Eyewitnesses. Westport: Greenwood Press, 1983.
Lautmann, Reudiger. “Gay Prisoners in Concentration Camps Compared with Jehovah’s Witnesses and Political Criminals,” in Licata and Peterson, eds., Historical Perspectives on Homosexuality. New York: 1981.
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Testo originale: Homosexuals and the Holocaust