Le persone trans sono i nostri figli, amici e vicini. Impariamo ad ascoltarle
Testimonianza dei genitori Aldo e Valeria letta nella Veglia di Riconciliazione, Preghiera e Benedizione con e per le persone omo e transessuali tenuta nella Parrocchia cattolica di San Luca a Parma il 27 maggio 2021
Nella primavera del 2016 nostra figlia Silvia, che è omoaffettiva e particolarmente sensibile alle realtà delle persone con disabilità o appartenenti a minoranze sociali discriminate, chiese a noi genitori se fossimo disponibili ad accogliere un ragazzo straniero transessuale. Il ragazzo parlava solo inglese e doveva seguire un percorso sanitario per continuare la sua ‘transizione‘ da femmina a maschio.
Nostra figlia ci informò esattamente in cosa consisteva la transessualità prima di iniziare l’accoglienza che durò quattro mesi. Anche i nostri due figli maschi erano favorevoli a che noi attuassimo questa ospitalità.
Mazen, fin dal primo giorno che entrò in casa nostra, si mostrò ciò che egli effettivamente è: educato, sincero, sensibile e colto, è laureato in medicina e nel suo paese, la Libia, era anestesista. La difficoltà comunicativa dei primi giorni, tra lui e noi genitori, venne superata velocemente, perché Mazen iniziò a frequentare, a Reggio Emilia, un corso di lingua italiana per stranieri.
Spesso dopo cena ci intrattenevamo a colloquio con Mazen fino a notte inoltrata: ci parlava della Libia, della cultura della sua gente, della sua famiglia, dei suoi genitori, dei suoi fratelli e della sua drammatica storia personale, carica di disagi, conflitti, esclusioni famigliari, violenza e sofferenza esistenziale.
Parlare con Mazen ed ascoltarlo, col tempo ci ha permesso di allargare lo sguardo su un mondo diverso, che ci era sconosciuto. Abbiamo compreso quanto la condizione transgender sia complessa ed inevitabilmente legata a sofferenze di ogni specie causate soprattutto dalla mancanza di conoscenza di questo argomento, da caparbie chiusure discriminatorie e dai pregiudizi della gente. La condizione “trans” è difficile e molto triste: le statistiche confermano che più della metà delle persone transessuali pensano al suicidio.
Oggi Mazen opera con entusiasmo nel campo dell’assistenza e consulenza a migranti e della solidarietà lgbt+ e frequenta un corso universitario di “Servizio Sociale”.
Quando gli impegni di lavoro glielo permettono o in occasione di compleanni, torna a trovarci e ci dice che il suo sogno è tornare ad abitare a Reggio Emilia dove, dice lui, ha lasciato i fratelli, la sorella e la mamma ed il papà che non lo hanno generato, ma l’hanno accolto con grande amore! Adesso vi leggiamo la testimonianza di Mazen che non è potuto venire per motivi di lavoro:
Mi chiamo Mazen e sono una persona transessuale FTM (da femmina a maschio). Fino a due anni fa vedevo la mia situazione come se fosse un crimine di cui dovessi vergognarmi. Io vivevo in un paese, la Libia, in cui l’omosessualità e la transessualità non sono accettate e le persone omosessuali e trans vengono arrestate per legge.
Tre anni fa ho dovuto lasciare la Libia e scappare in Egitto, ma anche lì la situazione è peggiorata fino a quando sono arrivato in Italia ed ho trovato gente che mi sta aiutando per continuare il mio percorso di transizione.
In Italia mi ha ospitato un ragazzo musulmano gay con il suo compagno e poi una famiglia cattolica, Aldo e Valeria con i suoi figli e figlia, a Reggio Emilia. Per la prima volta nella mia vita ho sentito di avere una vera famiglia e dei veri amici che mi vogliono bene e mi danno la fiducia per andare avanti. Senza di loro non avrei potuto fare nulla.
Provate ad immaginare la situazione, un rifugiato appena arrivato che non conosce la lingua, non ha denaro, non ha un tetto in cui dormire tranquillo ed oltretutto è una persona lgbt+. Non mi hanno solo aiutato concretamente, ma mi hanno anche aiutato a cambiare mentalità.
Prima io ero convinto che le persone credenti, di qualsiasi religione, non potessero conciliare la fede con la loro omosessualità o transessualità. Io pensavo queste cose perché quando le persone non si frequentano, o non dialogano, o non si ascoltano, non è possibile vedere bene e comprendere a fondo la loro situazione reale. Vi prego di stare vicino alle persone lgbt+, di parlare con loro, d’informarvi da loro su cosa è l’omosessualità e su cosa vuol dire essere transgender.
La nostra battaglia come persone lgbt+ è ancora lunga e abbiamo bisogno del vostro supporto, perché non è sufficiente avere una legge per i diritti a mettere fine a discordie e preconcetti.
Noi viviamo con voi, siamo i vostri figli, i vostri amici e figlie, i vostri amici e amiche, i vostri vicini. Non possiamo e non vogliamo vivere in un mondo isolato dal vostro.