Le persone transgender e la cultura del terzo genere in Pakistan
Articolo di Mobeen Azhar* pubblicato sul sito di Public Radio International (Stati Uniti) il 29 luglio 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Da secoli nel subcontinente indiano esistono le khawaja sira, ovvero il terzo genere e la sua cultura. Questa comunità, composta da persone che non si definiscono né uomini né donne, è considerata da molti una comunità di “persone scelte da Dio”, con la speciale prerogativa di benedire e maledire chiunque. L’accettazione delle khawaja sira in Pakistan è diventata un simbolo internazionale di tolleranza ed è praticata da molto prima che in Europa e in America ci fosse il minimo sentore del movimento per i diritti trans. Ma l’accettazione delle persone che scelgono il loro proprio genere è una questione molto più complessa.
Il termine transgender si riferisce alle persone la cui identità di genere è diversa dal genere di nascita, ma questo concetto deve ancora prendere piede in Pakistan e il movimento per i diritti transgender sta appena cominciando ad organizzarsi formalmente; intanto, alcune khawaja sira affermano che la moderna identità transgender sta minacciando la loro antica cultura.
Kami Choudary è diventata celebre in tutto il mondo come la “prima supermodella transgender pakistana”; tiene anche diverse conferenze nelle università e altrove, in cui racconta la sua storia e discute di diritti transgender. Si definisce una dona transgender, non una khawaja sira, e riconosce che la sua esperienza di celebrità transgender non costituisce la norma: “Mia madre mi sostiene, il mio fidanzato mi sostiene e così i miei mentori e amici” dice Kami, che vorrebbe le transgender pakistane più decise e determinate: “Dobbiamo fare qualcosa. Sto sotto la luce dei riflettori perché la gente possa parlare molto di me”.
Kami Choudary ha il privilegio di avere una famiglia che l’ha sostenuta nelle sue scelte: è istruita, parla inglese e la sua famiglia è piuttosto benestante. Molte khawaja sira, invece, vengono diseredate dalle loro famiglie biologiche. Questa comunità subisce pesanti discriminazioni e la maggior parte delle khawaja sira si guadagna da vivere facendo spettacoli, prostituendosi o chiedendo l’elemosina. Sono al tempo stesso celebrate come “predilette” da Dio e ridicolizzate perché non si conformano ai ruoli di genere prescritti dalla società.
Bindiya Rana è la matriarca del terzo genere a Karachi. Non si considera una transgender ma una khawaja sira, così rispettata come guru da avere più di cinquanta chelah o novizie. È una relazione che sostituisce la famiglia biologica ed è una pietra angolare della cultura delle khawaja sira. Ogni chelah giura fedeltà alla guru, come la guru stessa aveva fatto prima di loro. Questo legame famigliare assicura accettazione, sostegno sociale ed economico. La maggior parte delle chelah cede una percentuale degli introiti alla guru. È una promessa che dura tutta la vita e che fonda un legame famigliare che spesso rimpiazza la famiglia biologica.
Chi si ritiene transgender tuttavia, come Kami Choudary, non aderisce a questo sistema. Bindiya Rana e le sue chelah considerano perciò l’identità transgender come qualcosa di estraneo, se non immorale: “Se non hai una guru, noi non ti riconosciamo. Queste persone dicono di essere transgender ma questo concetto è sbagliato. Non potranno mai essere donne. Non possono generare. Anche se cambiano il loro corpo, non possono cambiare la loro identità. Noi non siamo donne: siamo come ci ha fatte Allah” dice una delle chelah di Bindiya Rana.
Questo smentisce l’idea che in Pakistan domini un punto di vista liberale sui diritti transgender: è più esatto dire che in Pakistan la cultura del terzo genere è largamente accettata. Sono due cose diverse. Il contrasto tra le donne transgender e le khawaja sira si riflette nelle differenze di grado di istruzione, linguaggio ed età. Sempre più di frequente i giovani pakistani che non si sentono uomini diventano transgender e non khawaja sira.
Qasim Iqbal conduce ricerche sul genere e la sessualità per il Naz Project. In un sondaggio del 2011 ha chiesto se questi giovani si sentissero maschi o femmine: l’87% ha risposto di non sentirsi né l’uno né l’altra, ma di preferire il termine “terzo genere”. Tuttavia, Iqbal afferma che la situazione sta cambiando: “Quando la generazione più giovane dice di essere transgender, si riferisce al concetto occidentale. Molte delle odierne donne transgender indossano top senza spalline e short di jeans. Stanno rompendo con la tradizione, stanno diventando sempre più hip e moderne”.
Anche se le khawaja sira e le donne transgender fanno riferimento a due identità e culture diverse, l’antica e generalizzata accettazione della cultura delle prime offre alle seconde un certo grado di protezione. L’idea che un ragazzo, crescendo, si senta una khawaja sira e non un uomo non costituisce una novità in Pakistan: è cosa accettata, anche se non sempre completamente, in ogni villaggio, cittadina e città pakistani.
Ma cosa succede quando la tua identità è quella di uomo transgender? In una società fieramente patriarcale come quella pakistana, l’idea che una femmina arrivi a sentirsi maschio è quasi inaudita. A Lahore, Mani e la sua fidanzata Razia si sono impegnati molto per mettere su casa assieme. Mani è un uomo transgender ed è chiaramente innamorato: mentre osserva Razia dice “È la ragazza perfetta. È una donna da sposare e non posso pensare alla mia vita senza di lei”. I due hanno fatto la fuitina dalla loro nativa Karachi per vivere insieme e amarsi, ma c’è un prezzo da pagare: “Mio papà mi ha detto che, se fossi andato a Lahore, non mi avrebbe più parlato”. Ora non ha più nessun rapporto con lui, anche se parla regolarmente con la madre e i fratelli. In una società dove molto spesso le relazioni sono di dominio pubblico, abbandonare la famiglia per vivere con un’amante, per di più come uomo transgender, è un atto rivoluzionario.
Mani ha subito una doppia mastectomia e il prossimo anno ha intenzione di rimuovere le ovaie: “Credo di essere il primo uomo transgender pakistano ad aver rimosso il seno. Ora sto prendendo gli ormoni. La rimozione delle ovaie è un’operazione costosa e in Pakistan non ci sono le attrezzature adatte, quindi ci vorrà tempo”. Mani è in contatto con altri uomini transgender pakistani e pensa che questa comunità stia lentamente emergendo dall’ombra.
Il dibattito sul genere in Pakistan è nel suo punto più infuocato in settant’anni di indipendenza. Per alcuni aspetti il Paese è anni avanti rispetto all’Europa: qui il terzo genere è riconosciuto, a volte celebrato, come parte della sua storia e del suo futuro, ma la possibilità di scegliere il proprio genere al di fuori del sistema delle khawaja sira rimane elusiva e quasi esclusivamente appannaggio di una minoranza benestante e istruita.
* Il radiodocumentario di Mobeen Azhar Inside Transgender Pakistan (Il Pakistan transgender visto da dentro), prodotto dalla BBC, è disponibile in download e streaming. Seguite l’autore su Twitter: @Mobeen_Azhar
Testo originale: Pakistan’s traditional third gender isn’t happy with the trans movement