Le possibili benedizioni nella chiesa cattolica per le unioni omosessuali
Estratto dal testo di Stefan Gugerel*, contenuto nel saggio cattolico “Benediktion von gleichgeschlechtlichen Partnerschaften” (La Benedizione delle coppie omosessuali), curato da E. Volgger e F. Wegscheider (Austria), editore Puster, anno 2020, pp.116-128, liberamente tradotto da Antonio De Caro
La storia della liturgia è un ricco forziere di testi che dimostrano la sensibilità e le forme della preghiera nei secoli. Dai testi è possibile capire quali valori sono espressi dalle forme della celebrazione. La liturgia può cambiare nel tempo, ma anche nello spazio.
1. Riflessioni giuridiche sulla necessità di creare formulari liturgici specifici (pp.117-118)
Il battesimo permette ai credenti di partecipare al sacerdozio di Cristo. Secondo il Diritto Canonico, tutti i credenti sono tenuti a impegnarsi, ciascuno secondo il proprio stato, a condurre una vita santa e a promuovere la crescita della Chiesa nella santità (CIC 1983, can. 210).
Il canone 213 afferma che la Parola di Dio e i Sacramenti costituiscono un aiuto per questa crescita. Il canone 219 afferma: Christifideles omnes iure gaudent ut a quacumque coactione sint immunes in statu vitae eligendo. Tutti i cristiani godono del diritto di scegliere il proprio stato di vita liberi da qualsiasi forma di costrizione (p. 117). Tra le “forme di costrizione” rientrano anche le posizioni del Magistero, altrimenti il codice di diritto canonico avrebbe usato una forma più articolata e precisa.
2. Istruzioni dalla storia della liturgia (pp.118-119)
Conoscere la storia della liturgia significa anche comprendere che le forme liturgiche non sono state sempre le stesse; esse hanno conosciuto e conoscono un’evoluzione (p.118). Il passato è quindi istruttivo, non normativo.
La consacrazione di un vescovo è un sacramento. Un abate o un’abadessa hanno sulla loro comunità (che è come una “piccola Chiesa”, una specie di diocesi) autorità vescovile. La benedizione di un abate o di un’abadessa non vale come sacramento (cioè come l’ordinazione vescovile), ma possiede alcune caratteristiche liturgiche simili (come anamnesi ed epiclesi). Per cui tali riti hanno la dignità di “sacramentali”. Allo stesso modo, la benedizione di una coppia di omosessuali potrebbe costituire il sacramentale corrispondente al sacramento del matrimonio.
Una possibile obiezione alla benedizione di coppie omosessuali sarebbe la loro infecondità biologica: ma allora non si comprende come mai la Chiesa possa benedire solennemente uomini o donne che, scegliendo la vita monastica, andranno a vivere in una comunità di persone dello stesso sesso rinunciando alla procreazione biologica -ma non certo alla fecondità spirituale, a servizio di Dio e della Chiesa. Spesso queste benedizioni adoperano una simbologia e delle metafore matrimoniali.
Il matrimonio cristiano può essere celebrato, e la sessualità può essere moralmente ammessa, anche fra persone che -per disparati motivi- non possono avere figli. Il matrimonio può essere celebrato anche quando uno dei due sposi non è cattolico, o non è cristiano o in generale non è credente. Esiste un rito specifico per l’incoronazione del marito di una regina (che non per questo diventa re). Nelle chiese orientali viene anche celebrata la adelfopoiesis, cioè l’adozione di un “fratello” o di una “sorella” spirituale.
Quindi la pluralità dei riti di benedizione già esistenti nella Chiesa illustra la pluralità delle condizioni di vita che una persona cristiana può liberamente scegliere.
Benedire le coppie omosessuali vorrebbe dire che i due partner si consacrano al servizio uno dell’altro, con un’assunzione di responsabilità e una scelta di dono anche per la Chiesa e il mondo. Per essere testimoni credibili del Dio trino ed uno.
La benedizione delle coppie omosessuali avrebbe quindi l’effetto di combattere la discriminazione, di mostrare una possibilità di vita e di amore anche per le persone omosessuali (p. 126).
3. Sintesi (pp. 127-128)
La Chiesa conosce già diverse forme di benedizione, che si adattano alle diverse circostanze di vita. Una benedizione pone le persone nella luce di Dio, che agisce per il loro bene e la loro salvezza. Essa si richiama al battesimo e deve prevedere l’annuncio della Parola e la preghiera della comunità. Inoltre è importante che la persona coinvolta abbia la possibilità di esprimere un consenso consapevole e libero.
In assenza di una regola per la Chiesa universale, i singoli vescovi hanno l’autorità per introdurre e regolare forme di benedizione specifiche all’interno delle loro diocesi.
* Stefan Gugerel, superiore militare nell’esercito federale austriaco, direttore dell’Istituto “Religione e Pace” (Vienna) è formatore all’Accademia Militare Teresiana (Vienna, Città Nuova) e all’Accademia Sottufficiali dell’Esercito (Enns).