Oltre il muro del silenzio. Storie di preti omosessuali
Riflessioni di Jean-Louis R. e Pierre tratti dal sito di David et Jonathan (Francia) del 23 marzo 2013, liberamente tradotti da Giacomo Tessaro
È la sesta volta che partecipo alla sessione annuale “Pescatori di uomini”, organizzata per iniziativa dei sacerdoti e dei religiosi dell’Associazione (francese) David et Jonathan. Le mie attese non sono più le stesse del mio primo incontro con il gruppo poiché in me circolano una libertà, uno spirito e una felicità che i dibattiti virulenti degli ultimi mesi sul “matrimonio per tutti” non hanno potuto soffocare.
Nutro comunque una grande aspettativa perché quest’anno la cornice della sessione non è la rassicurante casa di Bonneuil ma la foresteria di un’abbazia benedettina di cui non faremo il nome per rispettare la necessaria confidenzialità che circonda i nostri incontri.
Eravamo in tredici a partecipare a questi quattro giorni il cui scopo, dopo trent’anni di esistenza, è essenzialmente di avere uno spazio e un tempo in cui la storia personale di ciascuno possa essere ascoltata, accolta, rispettata con i suoi paradossi e le sue domande, la sua coerenza e le sue meraviglie: “Ci inseriamo in una storia che altri hanno scritto prima di noi” diceva uno dei partecipanti.
Molti di noi si sono ritirati dal ministero parrocchiale ma la maggior parte è coinvolta nella vita diocesana o in quella del loro ordine. Molti affermano l’importanza del compagno di vita che cammina con loro e con il quale bisogna “inventare una vita di coppia”, alcuni da più di 25 anni, altri da qualche mese: “una condivisione a un livello che non conoscevo e che mi umanizza”.
Ho in mente l’impatto devastante che l’istruzione romana per la formazione del clero del 2005 ha avuto per molti stigmatizzando i “preti gay”, e più recentemente ancora le violente prese di posizione dell’istituzione cattolica contro il matrimonio omosessuale per strada, nelle parrocchie, tra confratelli o all’interno dei consigli episcopali.
Le conseguenze sono disastrose: “Amo il sacerdozio, ma dopo il bilancio delle mie competenze che ho appena stilato, sono ormai pronto a lasciarlo per un lavoro vero”.
Un altro dice: “L’estraneità di essere uomo, omosessuale e prete: ascoltando ciascuno di voi, vedo che ognuno vive la sua vita più lontano e meglio che può. Ho trovato dei miei pari”. In effetti, in “questo clima unico”, il gruppo trova la sua legittimità nella testimonianza liberamente consentita a tutti, dove “l’impossibile di oggi non è comunque privo di un domani”.
Per tutti, uno dei momenti più belli è stata la mattina di martedì, passata in compagnia dell’Abate, venuto per incontrarci in semplicità e verità e che ha detto in primo luogo: “Il vostro gruppo è un luogo molto prezioso per poter raggiungere l’intimità”. Il suo modo di presentare Dio come “il più grande degli innamorati” e l’uomo come “attraversato dallo slancio della vitalità d’amore che Dio gli vuole comunicare” ci ha toccati.
Mi è piaciuta la sua domanda: “Come incoraggiare una relazione di amicizia amorosa sull’esempio di Cristo? Nella Chiesa non siamo abbastanza innamorati.
Ma lo slancio dell’incontro, della relazione, è vitale.” Le sue parole sono state “una boccata di ossigeno e di speranza”. La partecipazione agli uffici è stata l’occasione di “atteggiarsi, come in una ricreazione” diretta dalla comunità dei fratelli.
Al termine della sessione ascolto ancora le impressioni degli uni e degli altri: “In 25 anni di vita religiosa non ho mai condiviso nulla così profondamente con i miei fratelli. Ho la sensazione che la cosa non si fermerà qui: prevedo che questa non è una parentesi nella mia vita”, “Sono di nuovo toccato fino all’emozione per il fatto che riceviamo gli uni dagli altri”, “Ci si aiuta a vicenda a rimanere radicati in Cristo”, “È importante essere connessi a qualcosa più grande di noi: David et Jonathan o altro”, “Avevo bisogno di vedere dei preti omosessuali per potermi identificare: oggi posso dire di essere della compagnia. Qui, in questa piccola nicchia della Chiesa, ho l’impressione di ritornare in me”.
Alla fine della sessione eravamo in molti a domandarci “Cosa diventerà chi, per la prima volta, ha osato una parola personale durante questa sessione?” È evidente che possiamo legittimamente sentirci responsabili gli uni degli altri. Uno di noi diceva: “Se ho potuto parlare al mio vescovo e ai sacerdoti della mia diocesi è perché con David et Jonathan ho imparato a parlare”.
E un altro: “Voglio rendermi più visibile nella Chiesa, perché bisogna farlo”. Faccio dunque mio questo invito poiché sento che per me è venuto il momento di testimoniare a volto scoperto. Sarà una cosa molto concreta perché è stato organizzato un incontro ufficiale tra diversi vescovi francesi e due rappresentanti del nostro gruppo, tra cui io. Un battesimo di fuoco in qualche modo, a immagine degli smalti che, sottoposti a un grande calore, rivelano la bellezza e la forza dei colori che celano.
Per il gruppo “Pescatori di uomini” sono già state fissate le nuove date: dalla domenica 23 febbraio sera al giovedì 27 mattina 2014. Il luogo vi sarà comunicato al momento dell’iscrizione. Basta contattarci al seguente indirizzo: secretariat@davidetjonathan.com
Prete e omosessuale
“Non mancano siti internet sulla vita gay, compresi quelli per i preti. Recentemente visitavo “venerabilis.tk”, un sito internazionale il cui titolo è un programma: “reverendo”, specificato nel sottotitolo: “sacerdoti cattolici romani omosessuali”. Voilà, così sappiamo con chi abbiamo a che fare. La chat (francese) è piena: preti, seminaristi, religiosi che cercano un contatto. Quale deficit sembra mettere in luce!
Noi, cristiani e sacerdoti, annunciamo la Buona Novella di un Dio che ama e rispetta ciascuno, predichiamo la necessita della “comunità” e tuttavia, siamo chiusi, paralizzati, orribilmente individualisti. Di ci è la colpa? Degli altri ovviamente… no, in realtà è di tutti noi.
Non si tratta certamente di fare gli eroi, tanto c’è il coming out. È impossibile, vorrebbe dire, per la maggior parte di noi, distruggere completamente tutto ciò per cui viviamo: la nostra missione. Si tratta, in realtà, di essere felici di vivere e di rendere felici di vivere, tutto qui. E non è possibile essere felici se ci mettiamo sotto uno spegnitoio.
Io faccio parte degli “anziani”… Omosessuale e prete, come molti ho sofferto in silenzio, a rompermi la testa contro il muro. All’epoca, niente internet. Quindi ho cercato, scavato… E come molti, finalmente, è attraverso il cuore che sono stato indotto ad agire. Niente coming out, ma anche niente spegnitoio. Ma, un prete… c’è dell’incoerenza. Noi fondamentalmente siamo lì per delle comunità di credenti. E ci rifugiamo nella diffidenza degli uni e degli altri.
Diffidenza del resto giustificata dai fatti! Ma salvarmi da solo (o in due, è quasi la stessa cosa) non poteva soddisfarmi. È così che nel corso degli anni (ebbene sì, la pazienza è maestra di vita) ho scoperto altri preti, e non solo scavando! Ho scoperto un ambiente in cui, preti e religiosi, siamo veri! Sì, nel corso degli anni…
Ci sono tante barriere da superare: il timore di essere scoperti, la paura degli “altri preti”, il rimprovero della “doppia vita” da parte di chi sa, anche se comprende…
Inoltre le nostre riunioni ecclesiastiche, in cui la vita privata – e a ragione – è assolutamente bandita, non mi avevano abituato a incontrare dei “confratelli” senza maschera.
Allora, tre o quattro giorni di aria pura, sì, di aria pura, con altri preti omosessuali, come si respira bene, che sensazione di libertà! Consultate la pagina “sacerdoti e religiosi” in www.davidetjonathan.com . Vedrete. E se il cuore vi dice di sì, venite a vedere da vicino, è una cosa riconfortante.”
Testo originale: Rencontre du groupe “Prêtres et religieux”