Le radici dell’odio verso gli omosessuali. Studi e ricerche sulle cause dell’omofobia
Articolo di Gregory M. Herek* pubblicato sul sito dell’emittente PBS (Stati Uniti) e tratto dal Journal of Homosexuality, Vol. 10, No. 1/2 (1984), pp. 1-15, liberamente tradotto da Vanessa Guadagnini, parte prima
Nel tentativo di spiegare le ragioni per cui così tanti individui provano dei sentimenti negativi verso le persone omosessuali, i sociologi hanno avuto la tendenza a fornire speculazioni teoriche, oppure dati empirici, facendo poco lavoro di sintesi.
Più che le reazioni della società all’omosessualità, i resoconti teorici hanno spesso rivelato i pregiudizi personali degli autori.
Per esempio, William James (1890) afferma che il disgusto provato all’idea di un contatto intimo con una persona dello stesso sesso è istintivo, ed è presente più negli uomini che nelle donne. È interessante notare che, secondo James, nelle culture in cui esistono tali forme di “vizio innaturale”, come l’omosessualità, l’avversione istintiva viene sostituita dall’abitudine. In altre parole, James pensa che la tolleranza si possa acquisire, mentre la repulsione è innata, anziché viceversa. Ciò è particolarmente sorprendente alla luce della sua ipotesi secondo la quale esiste una “possibilità in germe” dell’attrazione per lo stesso sesso nella “maggior parte degli uomini”.
Tra il pensiero di James e quello di Edward Westermarck (1908) ci sono alcune somiglianze, ma quest’ultimo, nel suo studio interculturale sulla moralità, è andato oltre le spiegazioni basate sull’istinto, intendendo dimostrare che la censura dei comportamenti omosessuali da parte della società è dovuta “al sentimento di avversione o disgusto che l’idea di rapporti omosessuali tende a far emergere in individui adulti che si sono formati nella normalità, e i cui istinti sessuali si sono sviluppati in condizioni normali”.
Westermarck ritiene però che questa spiegazione non renda conto adeguatamente delle reazioni particolarmente violente contro l’omosessualità mostrate dalle religioni ebraica, cristiana e zoroastriana. Questa forte ostilità sarebbe dovuta al fatto che i comportamenti omosessuali erano associati storicamente all’idolatria e all’eresia, e quindi condannati dalle leggi e dai costumi.
Il punto di vista degli psicoanalisti era invece più orientato alla psicologia sociale. Sigmund Freud (1905) sostiene che un orientamento esclusivamente eterosessuale non ha solo cause biologiche, ma è anche influenzato dalle proibizioni sociali sull’omoerotismo e dalle prime esperienze con i genitori. Tutti gli uomini e tutte le donne hanno una forte attrazione per il genitore dello stesso stesso, ma questi sentimenti di solito sono repressi, e si risolverebbe così il complesso di Edipo completo.
Tuttavia, in molti casi, questa repressione rimane incompleta. Sándor Ferenczi (1914) aggiunge che i sentimenti di avversione, ostilità e disgusto verso l’omosessualità maschile provati dagli uomini eterosessuali sono in realtà formazioni reattive, sintomatiche di una difesa dall’attrazione per lo stesso sesso. Nella sua analisi Ferenczi non ha preso in considerazione né gli atteggiamenti delle donne, né quelli nei confronti delle donne lesbiche, tuttavia, anche in questi casi si potrebbero dedurre meccanismi simili.
La maggior parte degli studi ha cercato di scoprire gli aspetti correlati agli atteggiamenti negativi. Alcuni risultati sono contraddittori, come la relazione tra la conformità al ruolo di genere (la mascolinità, la femminilità e l’androginia, per esempio) e gli atteggiamenti. In generale, tuttavia, sono stati rilevati degli schemi ricorrenti nei diversi campioni.
Questi studi, se confrontati con quelli in cui si registrano atteggiamenti più favorevoli verso le persone lesbiche e gay, hanno messo in luce che le persone che hanno atteggiamenti negativi:
1. è meno probabile che abbiano avuto contatti personali con persone lesbiche o gay;
2. è meno probabile che abbiano riportato di aver attuato comportamenti omosessuali o di identificarsi come lesbiche o gay;
3. è più probabile che vedano degli atteggiamenti negativi anche nei loro pari, specialmente se gli intervistati sono maschi;
4. è più probabile che abbiano abitato in zone dove gli atteggiamenti negativi sono la norma (per esempio: il Midwest [gli Stati centro-occidentali, n.d.t.] e il Sud degli Stati Uniti, le praterie canadesi, le aree rurali e le piccole città), specialmente durante l’adolescenza;
5. è probabile che siano più anziane e meno istruite;
6. è più probabile che siano religiose, che vadano spesso in chiesa e che aderiscano a una ideologia religiosa conservatrice;
7. è più probabile che assumano posizioni tradizionali e restrittive riguardo i ruoli di genere;
8. sono meno permissive sessualmente, o associano maggiormente sentimenti di colpa o negatività alla sessualità, sebbene alcuni ricercatori non abbiano rilevato questo schema. Altri ricercatori, invece, non tenendo conto degli effetti degli atteggiamenti derivanti dai ruoli di genere, hanno riscontrato una correlazione sostanzialmente ridotta;
9. è più probabile che manifestino alti livelli di autoritarismo, e le caratteristiche personali che vi si associano.
Alcune differenze tra i sessi nella direzione e nell’intensità degli atteggiamenti sono state riscontrate in modo piuttosto costante. Sembra che le persone eterosessuali tendano ad avere atteggiamenti più negativi verso le persone omosessuali del loro stesso sesso, che verso quelle del sesso opposto, a causa delle esperienze vissute.
Gli atteggiamenti esperienziali si verificano quando le sensazioni e le percezioni associate a specifiche interazioni interpersonali vengono estese a tutte le persone lesbiche e gay. Una persona che ha avuto esperienze positive, di conseguenza, esprime generalmente atteggiamenti favorevoli, e una persona con esperienze negative riporta atteggiamenti sfavorevoli.
Si noti che gli atteggiamenti esperienziali non derivano necessariamente dalle interazioni. È inoltre necessario che siano le interazioni stesse (invece che, per esempio, le considerazioni ideologiche) a fornire la base su cui si fonda l’atteggiamento. Le interazioni hanno delle conseguenze sia su ciò che si crede, sia sulle sensazioni associate alle persone lesbiche e gay.
Grazie alle informazioni che forniscono, le interazioni faccia a faccia contribuiscono a smontare gli stereotipi e a ridurre l’ignoranza, identificati da Marmor (1980) come le due più importanti fonti di ostilità verso le persone omosessuali. Allo stesso tempo, gli incontri interpersonali hanno un impatto emotivo che può venire esteso a tutte le persone lesbiche e gay. Perciò, le persone eterosessuali che hanno delle conoscenze tra le persone lesbiche e gay sono più in grado di altre di riconoscere l’inesattezza degli stereotipi, ed è anche più probabile che esprimano atteggiamenti di tolleranza.
Poiché solo un quarto circa degli adulti degli Stati Uniti dichiara di avere amici o conoscenti omosessuali (sondaggio del settimanale Newsweek, 1983), si può ipotizzare che gli atteggiamenti potrebbero diventare più favorevoli, nel complesso, se più persone lesbiche e gay rivelassero il loro orientamento sessuale agli amici o alla famiglia.
Al momento, tuttavia, si presume che solo una minoranza di persone negli Stati Uniti abbiano degli atteggiamenti basati sull’esperienza; il resto ha formato le proprie opinioni e convinzioni senza beneficiare di un contatto personale. Di conseguenza, sono le convinzioni stereotipate a prevalere, ed è opportuno discuterne qui le forme e gli effetti.
* Gregory M. Herek è professore di psicologia presso l’Università della California a Davis, dove nel 1983 ha ottenuto il dottorato di ricerca in psicologia sociale. Successivamente è stato assegnista di ricerca presso l’Università di Yale. È stato cocuratore di Hate Crimes: Confronting Violence Against Lesbians and Gay Men (1992) e curatore di Stigma and Sexual Orientation (1998).
Testo originale: Hating Gays: An Overview Of Scientific Studies