Le reazioni e i sentimenti dei genitori dopo il coming out di un figlio
Testo di Mary Ellen e Casimer Lopata tratto dal loro libro Fortunate Families: Catholic Families with Lesbian Daughters and Gay Sons (Famiglie fortunate: famiglie cattoliche con figlie lesbiche e figli gay),Trafford Publishing, 2003, capitolo 3, pp.14-17, libera traduzione di Diana
Con gli occhi pieni di lacrime Jim mi disse tranquillamente: “Mamma sono solo. Sono solo, in attesa di un altro uomo”. Con queste parole capii che il mio figlio maggiore era gay. È difficile descrivere i miei sentimenti iniziali.
In realtà non ero del tutto sorpresa. Fin da quando era piccolo Jim sembrava un po’ diverso – diverso in un modo che potrei descrivere – un po’ più sensibile e premuroso, più interessato ad argomenti spirituali rispetto agli altri bambini – ma non riuscivo ad etichettarlo, non riuscivo a dare un nome a questa differenza. Ogni tanto, mentre cresceva, la mia mente era attraversata da un fugace pensiero che potesse essere gay – più veloce di un batter d’occhio. Ma questi pensieri li respingevo ancor prima che me ne potessi rendere conto – più precisamente li eliminavo.
Jim fu chiaro con me e alcune parole di quella notte resero impossibile ogni negazione. Ero stupita, come quando si guarda i fuochi d’artificio. Sapete che ci sarà un forte botto, uno scoppio! Lo state aspettando, ma qundo lo avvertite siete lo stesso spaventati. Penso che il mio cuore abbia perso alcuni battiti. Dopo un attimo, con un fiume di lacrime, il battito del mio cuore è tornato regolare.
So che avevo detto a Jim che lo amavo, ma le mie lacrime lo fecero dispiacere. Aveva pianificato con tanta cura il modo in cui darmi la notizia. Mi disse: “Mi spiace, mamma. Non volevo che piangessi. Ho cercato di dirtelo in un momento in cui non c’era niente di stressante in casa”. La verità è che non esiste un buon momento per dare una notizia che una persona non vuole sentire. Effettivamente Jim scelse il momento migliore e, ancora più importante, scelse le parole con estrema cura. Le sue parole: “Sono solo” trasmettevano i suoi sentimenti e la sua realtà in un contesto che io comprendevo. Davanti a me c’era uno studente di diciannove anni, solo col desiderio di trovare un compagno, dell’affetto ed un amore. Lo potevo capire.
Il fatto che il suo desiderio fosse rivolto verso un altro uomo non negava i suoi sentimenti. Cominciai allora a capire che essere gay non significa soltanto sesso, ma amore, affetto, premura, supporto, buonumore e tutte quelle qualità che speriamo siano presenti in una relazione intima, sana e santa.
Per quanto ora possa essere razionale, all’epoca i miei sentimenti e i miei pensieri erano caotici. Ricordavo il contesto storico e sociale protetto in cui ero cresciuta, le mie ipotesi inconsce e tutto ciò che “sapevo” sull’omosessualità. In realtà, non ne sapevo nulla e le domande emersero alla superficie velocemente: “com’è potuto accadere? Io o il padre di Jim siamo da biasimare? Jim è mentalmente malato? Ha avuto qualche tipo di esperienza sessuale traumatica da bambino? È condannato all’inferno? Ha scelto di essere omosessuale?”.
Avevo paura per la sicurezza fisica di Jim e ero preoccupata che sarebbe stato discriminato al college o dovunque avrebbe lavorato in futuro. Ero imbarazzata e preoccupata che gli amici e la nostra famiglia potesse rifiutare Jim e disprezzare me.
Jim ritornò al college alla fine della festa del Ringraziamento, lasciandomi col pensiero che fosse cambiato per sempre, che fosse in un certo modo diventato una persona completamente diversa. Quando tornò a casa per Natale, ed abbiamo avuto tempo per stare insieme, mi resi conto con grande sollievo che non era cambiato affatto. Qualcuno stava cambiando. Non era Jim… ero io.
La descrizione delle mie reazioni quando Jim mi disse di essere gay rispecchiava l’intensa e caotica gamma di emozioni che spesso i genitori sperimentano in questi casi. I genitori possono essere talmente confusi dalla notizia che il loro figlio è gay che sono pessimi giudici delle proprie reazioni. Nell’indagine che ho realizzato ho chiesto ai genitori cattolici di valutare le loro reazioni al coming out del figlio, se fossero state positive (comprensive, scevre da giudizi) o negative (non comprensive, che avessero espresso un giudizio). Quando ho chiesto loro di descrivere, nel miglior modo che ricordavano, cos’era successo esattamente e cosa era stato detto quando i loro figli avevano fatto coming out, i genitori mi rivelarono grandi emozioni conflittuali.
Alcune storie rinforzavano l’autostima dei genitori, mentre altre erano in contrasto con la loro autovalutazione. Per esempio una madre valutava la sua prima risposta alla figlia “molto negativa”. Tuttavia descrivendo cosa era in effetti successo scriveva: “Le dissi che l’amavo e le chiesi se era sicura e felice della sua decisione. Questo era l’importante”.
Un padre che si valutava “molto positivo” ricordava di aver detto al figlio: “È la tua vita e ci devi convivere”.
Queste valutazioni personali e i dettagli delle storie possono apparire contradditori. Tuttavia non sappiamo cosa accadeva in quel momento a questa madre che giudicava la sua risposta come “molto negativa”, nonostante avesse detto a sua figlia che l’amava e che voleva solo che fosse felice. Deve aver lottato parecchio dentro di se per dire queste parole accoglienti a sua figlia. Nella memoria della figlia questo evento può essere completamente diverso, a seconda che si sia focalizzata sulle parole della madre, oppure che abbia percepito in esse un conflitto interiore.
Cosa dire del padre che si è valutato come “molto positivo”, eppure ha detto al figlio: “È la tua vita e ci devi convivere?”. Questa affermazione può apparire non “molto positiva” a tante persone, sebbene possa essere stata la migliore che in quel momento il padre aveva da offrire. Questi possono essere esempi del grave – spesso inconscio – conflitto che alcuni genitori sperimentano tra il loro istinto di proteggere i figli e il sentimento negativo interiorizzato sull’omosessualità.
A volte una reazione iniziale può cambiare – da negativa a positiva o viceversa. Theresa, madre di Bob, si è valutata “alquanto comprensiva” e ha descritto la reazione ritardata nella sua famiglia in questo modo: “ho risposto abbastanza bene. Non ero scioccata, avevo sentito che c’era qualcosa nella sua vita, ma non ero sicura di cosa fosse. Suo padre ed io gli dicemmo che lo amavamo. Volevamo che continuasse a venire a casa e a sentirsi parte della famiglia. Non volevamo dei segreti tra di noi, perché eravamo una famiglia unita. Ma il mattino tutto era molto diverso. Suo padre era pronto a vendere la casa e a trasferirsi fuori città, per non rivelare la cosa a nessuno. Il nocciolo della questione era che noi amavamo nostro figlio come i suoi fratelli. Sapevamo che dovevamo educarci”.
Quando Larry, il figlio di Art, fece coming out, suo padre dimenticò la bontà e le doti di suo figlio e lo insultò. “Io rimasi scioccato dopo la rivelazione di mio figlio e lo insultai. Lui si arrabbiò, ma mia moglie mi convinse a ricordarmi il suo comportamento eccellente ed i suoi numerosi e meravigliosi risultati conseguiti nello studio. Dopo un iniziale scoppio d’ira, io suggerii che potevamo aiutarlo a curarsi. Tuttavia lui disse; “No, non voglio.” Il giorno seguente gli dicemmo che lo amavamo ed avremmo fatto di tutto per aiutarlo”.
Circa la metà degli intervistati pensano di aver reagito “negativamente” quando hanno saputo che i loro figli erano omosessuali. Alcuni genitori hanno notato la loro tristezza, delusione, il loro imbarazzo e il senso di colpa scatenati in loro dal coming out del figlio.
I genitori le cui reazioni rientrano tra quelle positive o negative, sembrano più consapevoli della battaglia di emozioni che si è scatenata dentro di loro. Sebbene si sentissero devastati, hanno cercato di essere comprensivi. Hanno pianto. Alcuni si sono sentiti feriti dal fatto che il figlio non abbia avuto abbastanza fiducia in loro da dirglielo prima. Altri, riconoscendo la loro reazione negativa, hanno semplicemente insistito sul fatto che “avrebbero sempre amato il peccatore e odiato il peccato”.
Barbara, la mamma di Jason, si è sentita del tutto impreparata a gestire questa notizia. La sua reazione fu una conseguenza dello shock che così racconta: “Rimasi scioccata dalla sua rivelazione e piansi senza controllo per molti giorni. Ho detto molte cose che non avrei dovuto, ma non sono sicura che sarebbe potuta andare diversamente – ero talmente impreparata e senza alcun sospetto. Ero arrabbiata con mio figlio Jason e con Dio perché aveva permesso che ci accadesse una cosa simile. Sentivo che doveva esserci un errore, che forse non doveva essere così.
Forse noi avevamo qualcosa a che fare con questo. Dato che nostro figlio era sempre stato orgoglioso nel non voler andare a messa, nell’essere stato sempre un po’ diverso, pensai che forse questo lo stava facendo per essere diverso.
Non gli abbiamo mai negato il nostro amore o abbiamo smesso di volere che fosse parte – una parte importante – della nostra famiglia. Abbiamo dovuto elaborare veramente questa notizia e sistemare tutti i pezzi di questo puzzle per poter riavere Jason nella sua interezza”.
La confusione sulle nostre reazioni riconosciute o percepite, di fronte al coming out di un figlio, rappresenta solo una delle tante sensazioni che sconvolgono i genitori alla notizia che il loro figlio è omosessuale. Questa confusione può durare giorni, mesi, anni.
Tuttavia, di solito queste prime reazioni sono solo le prime reazioni. Col tempo, la pazienza, il dialogo e il rispetto reciproco, gradualmente queste sensazioni si risolvono e le relazioni tra figli e genitori crescono e diventano più profonde grazie all’amore e alla comprensione reciproca.