Le religioni e l’omofobia in Burundi. L’odio che non osa dire il suo nome
Articolo del Movimento per le libertà individuali (MOLI), maggio 2010, liberamente tradotto da Francesca 82
Nell’Aprile 2009 il Burundi, per la prima volta nella sua storia, ha innalzato i rapporti sessuali tra due persone dello stesso sesso a crimine passibile di due anni di carcere e /o di un’ammenda da cinquanta a centomila franchi.
Le religioni si sono poste come grandi difensori di questo decreto e si sono valse della loro influenza (in un paese dove più del 98% della popolazione è credente) affinché fosse mantenuto nonostante era stato bocciato dal Senato e anche a dispetto della protesta che ha suscitato in seno alla società civile e nella comunità internazionale.
I propositi di odio verso gli omosessuali sono stati proferiti dalla quasi totalità delle religioni in Burundi.
Designando gli omosessuali e l’omosessualità con parole come « portatori delle disgrazie alla nazione », « degli atti ignobili », « delle malattie spirituali », « anomalia », « pratica contro natura » ecc., le religioni hanno contribuito ad alimentare un clima omofobo in un paese in cui gli omosessuali avevano già difficoltà a vivere in tranquillità nelle loro famiglie e nel vicinato.
In tre settimane, Moli ha intervistato 4 religiosi e 5 credenti sull’omosessualità.
Con queste interviste, tenta di determinare quale ruolo hanno giocato le religioni nel periodo in cui il decreto è stato proposto e promulgato e, inoltre, cerca di determinare quale ruolo queste chiese giocheranno nel futuro, nel caso in cui questa disposizione venga rimessa in causa.
Raccomandazioni
Ai responsabili religiosi
Di non compiere nessun atto né di pronunciare nessuna parola aventi il potere di alimentare un clima di odio contro gli omosessuali; i propositi discriminatori sono contrari ai valori fondamentali del Burundi, consacrati negli articoli 13 1 14 [1] della Costituzione.
Al presidente della Repubblica
Di rispettare la laicità della Repubblica del Burundi consacrata nel primo articolo della Costituzione e di evitare di usare le convinzioni personali e religiose sull’omosessualità per giustificare la disposizione 567 del nuovo codice penale.
Alla società civile burundese
Di integrare nei loro programmi di sensibilizzazione i diritti sessuali e i diritti delle minoranze sessuali al fine di dissipare sul lungo periodo i pregiudizi e le discriminazioni nei confronti di questa parte della popolazione burundese.
Contesto
Il 22 aprile 2009 viene promulgato il nuovo codice penale che riprende nell’articolo 567 una disposizione che erige le relazioni tra due persone dello stesso sesso a crimine in questi termini: «chiunque abbia dei rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso è punito con i lavori forzati che vanno dai tre mesi fino ai due anni di carcere e con una multa da cinquanta a centomila franchi o solo con una di queste pene ».
L’omosessualità non è mai stata oggetto di dibattito o discussione nazionale in Burundi. Il presidente Nkurunziza Pierre, in un discorso tenuto in occasione della festa dell’Assunta del 2008, diffondeva delle idee che presagivano un’imminente criminalizzazione dell’omosessualità.
Il presidente della repubblica affermava che fintanto che fosse stato presidente, non avrebbe mai sostenuto l’aborto e i rapporti sessuali fra due persone dello stesso sesso.
Perché quest’apparizione così brutale dell’omosessualità al più alto livello dello Stato?
Una fonte sicura afferma che la questione è stata sollevata da Nukunziza in seguito a una trasmissione piuttosto radiodiffusa alla radio CCIB, nella quale due attivisti omosessuali erano invitati a parlare di prevenzione contro l’HIV/AIDS in seno alla comunità degli omosessuali.
Questa mediatizzazione ebbe come conseguenza il licenziamento della conduttrice della trasmissione; anche il ministro della cultura, della gioventù e dello sport, Jean Jacques Nyenimigabo fu interpellato dal presidente.
A partire da quel momento, il presidente Nukunziza Pierre fa sua la questione, trasformandola in una lotta personale.
I dibattiti sull’omosessualità fra i politici e le organizzazioni in difesa dei diritti umani e di lotta contro l’HIV/AIDS hanno cominciato ad alimentare le prediche e degli appelli da parte dei religiosi contro l’omosessualità che si facevano sentire qua e là nei luoghi di culto, alle stazioni radio e nei canali televisivi.
Da allora Denis Nkurunziza, prima donna della Repubblica e membro della Comunità della Chiesa del Rocher, non ha smesso di moltiplicare le dichiarazioni contro l’omosessualità e contro l’aborto ogni volta che le si presentava l’occasione.
Il 6 marzo 2009, una grande manifestazione mai organizzata a Bujumbura dal CNDD FDD (partito al potere) riunisce più di 10 000 persone. Monsignore Elie conferma il sostegno di queste persone alla manifestazione: « sì, i giovani del CNDD FDD hanno manifestato contro questa disposizione e anche noi »[2]. E’ da sottolineare che qui l’attenzione non si limita più a condannare l’atto sessuale ma a condannare gli omosessuali.
Un allievo del Liceo Islamico (Buyenzi) del senatore Rukara spiega che in quel giorno di manifestazione sono stati rilasciati per unirsi alla manifestazione contro gli omosessuali. Il senatore Rukara è membro del CNDD FDD ed è una personalità molto influente della religione musulmana in Burundi, molto vicina a Nkurunziza.
Non sono terminate le prediche che demonizzano l’omosessualità nelle moschee, principalmente a Bunyenzi, quartiere di Bujumbura di maggioranza musulmana. In questo medesimo giorno di manifestazione la chiesa cattolica, tramite una conferenza dei vescovi, ha espresso una dichiarazione considerata meno violenta di quelle degli altri.
Essa fornisce i tre passaggi biblici su cui le religioni cristiane si basano per condannare l’omosessualità, essa fustiga « chi difende questa pratica col pretesto che l’omosessualità può essere congenita e quindi normale », «sono nell’errore », continua il testo; essa invita tutte le « persone di buona volontà a non promuovere l’omosessualità col pretesto di rispettare la dignità e la libertà della persona»; allo stesso tempo essa invita a non criminalizzare l’omosessualità ma piuttosto a mettere in atto dei programmi di aiuto agli omosessuali, considerati come dei malati.
Questa dichiarazione, lungi dal costituire una dichiarazione meno violenta contro l’omosessualità, diffonde la confusione nella comunità dei credenti, data la rappresentanza morale molto rispettata della chiesa cattolica.
L’odio che non osa pronunciare il suo nome
L’ipocrisia dei responsabili religiosi porta la società, non solo burundese ma anche africana e mondiale, a un nuovo tipo di cultura omofobica, diffusa fra i credenti delle grandi religioni del mondo.
Effettivamente, i vescovi, i pastori e gli imam adottano un linguaggio che mantiene i credenti in uno stato di incomprensione e di confusione. Basandosi sulla Bibbia, le religioni non hanno argomenti convincenti per spiegare un appello a curare, a guarire l’omosessualità.
Per i cristiani tre riferimenti biblici fissano la loro attenzione: la storia della creazione nella Genesi [4], il passaggio del Levitico sugli interdetti e la lettera di Paolo ai romani [6] sulla questione.
Attualmente molte religioni si accordano con la scienza qualificando la storia della creazione biblica come un mito. I religiosi omettono ciò deliberatamente, per continuare a basare la loro autorità nei confronti dei credenti su uno schema sacrosanto dell’esistenza dell’uomo sulla terra.
Ma altri religiosi smentiscono questa visione. Monsignor Eli della Chiesa Metodista Libera del Burundi: « ci sono dei teologi che affermano queste parole, ma, secondo me, non sono nella verità».
Tuttavia, un prete cattolico conferma che «alcuni libri biblici non sono un riferimento da seguire senza un’analisi giusta e profonda. Benché siano ispirate, le Scritture Sacre devono essere prese in considerazione in modo globale, vale a dire che l’interpretazione che bisogna farne deve essere globale e tener conto di tutti gli aspetti del contesto nel quale sono scritte » [7].
Ma questo prete, così come gli altri religiosi intervistati, è categorico sull’omosessualità. « E’ un atto contro natura, praticato da anime corrotte dalla cultura occidentale. »
Così le religioni in Burundi non sanno loro stesse che pesci pigliare, perdendosi in affermazioni gratuite che escludono ogni interrogativo sulle «verità fondamentali» da cui sono rette, come afferma un pastore della Chiesa Pentecostale del Burundi. Questo atteggiamento, come nel caso delle ideologie estremiste, rifiuta ogni autocritica sulle dottrine religiose.
Nella comunità dei credenti le conseguenze sono molto tangibili. Un giovane della Chiesa del Buon Pastore spiega: «l’insegnamento della Bibbia è molto chiaro sulle relazioni autorizzate.
Dio ha creato un uomo e una donna. » « non ci sono finalità in queste relazioni, e se anche ci fossero, la formazione di una coppia ha sempre come obiettivo quello di avere una progenie »[9], «quindi, quello che fanno queste persone sono delle pratiche contro l’ordine stabilito da Dio. »
Questo traduce la percezione generale in una società dove più o meno il 98% della popolazione è credente. Così, il peso e l’influenza delle religioni nella società burundese condizionano fortemente il cambiamento di comportamento della società nei confronti dell’omosessualità.
«Malattia spirituale?»
Monsignor Eli afferma che « l’omosessualità è una malattia spirituale », questo per giustificare l’incapacità della scienza di occuparsi « con efficacia », come dice lui, dell’omosessualità.
Per Monsignor Justin Nzoyisaba della Chiesa Metodista Unita: « L’omosessualità è una malattia», «un vizio che gli occidentali hanno introdotto in Africa »[10].
A proposito della posizione di Desmond TUTU, grande figura della chiesa africana che sostiene senza pecca i diritti dei LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender e Intersessuali), Monsignor Justin non ha peli sulla lingua « i sudafricani sono come gli europei.
Seguono un ritmo di sviluppo negativo perché si distanziano molto dai valori morali biblici e africani». Monsignor Eli va più lontano: « questo dipende da ciò che TUTU stesso fa».
Un giovane musulmano di 24 anni intervistato sull’omosessualità afferma che è « una malattia che si prende tra i 2 e 4 anni » « le madri di norma sanno se i loro figli hanno o no delle tendenze omosessuali e lo devono segnalare per una buona presa in carico da parte degli uomini di Dio »[11].
Delle affermazioni simili sostenute dai religiosi non possono lasciare indifferenti i genitori. Anastasie, cristiana e madre di 5 figli, afferma: «se si rivela che mio figlio ha tali tendenze, Gesù è il solo a poter fornire una risposta efficace »[12]; « in realtà, si cerca di far credere che non è una malattia».
Molti parenti sono pronti a consegnare i propri figli ai religiosi perché li guariscano dall’omosessualità.
Conclusione
Queste interviste tracciano uno scenario desolante di come è vista l’omosessualità in Burundi. Dato che la situazione degli omosessuali è già difficile in famiglia, questa ripresa della questione fa solo aumentare la vulnerabilità degli omosessuali di fronte agli attacchi violenti.
I responsabili religiosi e le autorità nazionali non si rendono conto della gravità delle loro affermazioni contro l’omosessualità. Questi atteggiamenti coltivano dei pregiudizi e alimentano delle discriminazioni nella popolazione. Anche le organizzazioni della società civile hanno un ruolo importante che non hanno ancora giocato appieno.
Il piano strategico nazionale di lotta contro l’Aids, dal 2007 al 2011, e la Costituzione della Repubblica rappresentano degli strumenti chiave per esigere il ritiro del decreto 567 del nuovo codice penale in Burundi.
La mancanza di informazioni sufficienti sulla sessualità è un problema che deve attirare l’attenzione dei popoli africani. Perché, in realtà, sin dalla notte dei tempi non è di alcuna utilità nascondere a se stessi le realtà delle società.
Purtroppo è difficile avere dei dati statistici sull’omosessualità in Burundi. Questo comportamento delle religioni suscita molte altre preoccupazioni sulle violenze nei confronti degli omosessuali su cui bisogna far luce, soprattutto in famiglia.
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[1] Costituzione della Repubblica del Burundi del 18 marzo 2010, http://www.senat.bi/documents/constitution_bdi_francais.pdf
[2] Intervista con Monsignor Elie, vescovo e rappresentante legale della Chiesa Metodista Libera del Burundi, Hope University, Bujumbura il 06 maggio 2010
[3] “Dichiarazione dei vescovi cattolici del Burundi sull’omosessualità”, Bujumbura, il 06 marzo 2009
[4] Genesi cap. 2
[5] Lévitico, cap. 20, 8 ecc.
[6] Romani, cap. 1, 18 ecc.
[7] Intervista con un prete teologo della diocesi di Bujumbura, 02 maggio 2010
[8] Intervista con un pastore della chiesa pentecostale del Burundi, parrocchia Nyakabiga, 01 maggio 2010
[9] Intervista con un giovane della chiesa del buon pastore del Burundi, 02 maggio 2010
[10] Intervista con Monsignor Justin Nzoyisaba, vescovo della chiesa Metodista Unita del Burundi, 10 maggio 2010
[11] Intervista con Harushamagara Jimmy, studente musulmano, Bujumbura, 25 aprile 2010
[12] Intervista con Anastasie, cristiana e madre di 5 figli, 02 maggio 2010
Link originale: Religions et Homophobie au Burundi