Le scuole cattoliche chiudono un occhio su molte cose, ma non sui matrimoni omosessuali
Testimonianza di Allison King* pubblicata sul sito del quotidiano The Courier-Journal (Stati Uniti) il 21 marzo 2019, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Vorrei raccontarvi di come la discriminazione dell’arcidiocesi di Louisville [nel Kentucky] verso le persone LGBTQ mi abbia personalmente toccata.
Ero counselor scolastica da undici anni per l’arcidiocesi, quando sono stata costretta a lasciare il posto di lavoro per essermi sposata con un’altra donna, la mia compagna, con la quale sto da quindici anni. Ho provato ad andarmene con grazia, ma sono passati ben dieci mesi e il dolore causato dall’aggressione contro la mia persona e la mia integrità è intatto. Ho studiato in un liceo cattolico, e questa esperienza positiva è stata una delle ragioni che mi hanno spinta a cercare lavoro in una scuola cattolica: volevo lavorare con i giovani ed essere un modello per loro, come i miei insegnanti lo sono stati per me.
Quattro giorni prima della fine dell’anno scolastico sono stata convocata all’ultimo momento nell’ufficio del preside della Holy Spirit School, che è anche parroco. Questo sacerdote ha cominciato col dire che su di me aveva sentito solo cose positive, ma poi si è messo a leggere questa dichiarazione preparata in precedenza: “Ci è stato segnalato che lei ha presentato, ad alcuni alunni, una donna come sua moglie. Non siamo qui per stabilire cosa sia stato detto o per giudicare il suo stile di vita, ma abbiamo bisogno di sapere se è vero o no che lei si è sposata al di fuori della Chiesa e in maniera contraria alla dottrina cattolica. Secondo le linee guida sulla testimonianza cristiana emanate dall’arcidiocesi, tale atto non è coerente con gli insegnamenti della Chiesa Cattolica”.
Mi sentivo presa a tradimento e svergognata. Non avevo mai presentato [mia moglie] a nessun alunno. Più tardi mi è stato riferito che un genitore aveva protestato [per il mio matrimonio di fronte al preside], ma a quanto ne so nessuno ha cercato di verificare se fosse vero o no [che mi ero sposata]. Io ho confermato di essere sposata, e a quel punto mi è stata data l’alternativa tra le dimissioni e il licenziamento, perché avevo violato le linee guida dell’arcidiocesi riguardo la testimonianza cristiana, che tutti coloro che lavorano per i suoi istituti, le parrocchie e le scuole devono firmare.
È interessante constatare come le linee guida siano state emanate nel 2016, un anno dopo la legalizzazione del matrimonio omosessuale. Esse, chiarendo che vivere non in armonia con la dottrina cattolica può essere causa di licenziamento, ci tolgono di fatto il diritto di sposarci, che è un diritto vigente in tutti gli Stati Uniti.
Tra 2016 e 2017 sono stata molto incerta se firmarle o meno, ma poi l’ho fatto, per molte ragioni. Primo, non pensavo assolutamente che il mio datore di lavoro si sarebbe tanto intromesso nella vita privata di una dipendente, soprattutto se non cattolica; secondo, le mie competenze di counselor sono tali e quali erano prima che mi sposassi nel 2016, e in tutti gli anni per cui ho lavorato per l’arcidiocesi; infine, so che molto spesso si è scelto di chiudere un occhio su alcuni dettagli della vita privata di altri dipendenti, dettagli non graditi alla Chiesa, come il controllo delle nascite e la convivenza prematrimoniale. Per mettere davvero in atto le linee guida sulla testimonianza cristiana, i responsabili avrebbero dovuto compiere l’atto moralmente ambiguo ed eticamente traballante di scavare nella vita privata dei dipendenti.
Il preside ha promesso di non far trapelare nulla sulle ragioni delle mie dimissioni, che sarebbero state date per “ragioni personali”. Credo che stessero cercando di agire con compassione, pensando di preservare la mia reputazione; lo apprezzo, ma c’è il problema che nascondere la verità mi rende complice di quella cultura della vergogna che tanti danni provoca, specialmente tra i giovani.
Il sito web dell’arcidiocesi sostiene di gestire quaranta scuole elementari, con circa 13.100 alunni. Statisticamente, molti di loro un giorno scopriranno di essere LGBTQ, probabilmente già alle scuole medie. Quale messaggio vogliamo far arrivare loro, se continuiamo a licenziare i loro insegnanti LGBTQ?
Mantenere il silenzio sulla mia vita privata al posto di lavoro nel corso degli anni ha eroso la mia dignità. Mangiavo in mensa con i miei colleghi e questi continuavano a parlare di figli e di vacanze con la famiglia; io avrei voluto essere meno vaga, fornire più dettagli sulla mia vita privata. Avrei voluto farmi conoscere meglio per connettermi con loro in maniera più autentica. Ero molto cauta perché, a parte questo aspetto, amavo il mio lavoro, quello che facevo.
Ho lavorato con molta gente in tre diverse scuole e sono molto grata a chi ha detto chiaramente che non approvava ciò che mi è successo.
La Chiesa afferma ufficialmente di condannare qualsiasi tipo di aggressione verso le persone omosessuali. Non è forse un’aggressione licenziare persone LGBTQ che vogliono le medesime libertà civili garantite alle persone eterosessuali, e non vogliono essere coperte di vergogna e ludibrio?
* Allison King è stata counselor scolastica dal 2007 al 2018, prima alla St. Edward School, poi alla St. Francis of Assisi, infine alla Holy Spirit School. Ha frequentato un liceo cattolico a Wilmington, nel Delaware, laureandosi poi al Wellesley College e all’Università di Louisville. Dal settembre 2016 è felicemente sposata con la sua compagna Linda Zeller, con la quale sta da quindici anni.
Testo originale: The Louisville archdiocese forced me to resign because of my gay marriage