Le scuole cattoliche come possono accogliere le persone LGBT? Con le parole e i fatti
Articolo di padre James Martin SJ* pubblicato sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 3 febbraio 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte terza
4. Coinvolgete l’intera università. Tutto l’ateneo deve unirsi nel sostegno a una causa che viene spesso vista come assolutamente secondaria. La storia di Khadija mostra come le cose possono funzionare bene quando l’intera università comprende le esigenze uniche degli studenti e delle studentesse LGBT. Un preside ha detto: “Nessuna parte dell’ateneo può venire incontro alle esigenze degli studenti e delle studentesse LGBTQ meglio di un centro LGBT. L’addestramento è necessario in ogni ambito dell’università: consulenza accademica, salute, counseling e servizio psicologico, ministero religioso, vita del campus, sport”. Coinvolgere l’intera università e costruire relazioni rende più facile comunicare, in periodi di crisi, su questioni LGBT particolarmente calde.
La vostra università sa essere un luogo dove le persone LGBT si sentono amate? Prima di rispondere, chiedetevi: Si sentirebbero a loro agio a fare coming out nella vostra università? Spesso i professori LGBT sono i primi con cui gli studenti fanno coming out, ma come dice l’ex rettore di una grande università, essi possono essere scarsamente connessi con responsabili del counseling, dei servizi psichiatrici e dei ministeri: “I professori, più degli altri professionisti dell’università, tendono a pensare che la Chiesa condanni senza appello tali studenti. L’amministrazione deve fare del suo per segnalare all’intero ateneo la posizione della Chiesa, vale a dire l’accompagnamento pastorale”.
Una questione ancora più fondamentale è se l’università può essere un luogo in cui le persone LGBT si sentono al sicuro. Un ex rettore di un’università del Nordest ha detto: “La priorità è sempre stata la sicurezza e il benessere degli studenti. Se uno studente omosessuale o trans viene aggredito, non voglio che qualcosa che posso aver detto, anche non intenzionalmente, criticando gli studenti omosessuali o trans, il loro stile di vita o quello che fanno, possa essere preso per un invito ad aggredire”.
5. Ricordate che le parole contano, così come contano i segni e i simboli. Molte persone tendono a considerare le questioni LGBT come questioni politiche e armi identitarie. Le parole che usiamo (i pronomi, per esempio), o in generale il modo in cui parliamo delle persone LGBT in ambito cattolico, spesso si trasformano in una guerra; si può venire criticati anche solo per il fatto di utilizzare il termine “LGBT”.
Ma per le persone LGBT, tali questioni significano altro. Una studentessa, Maddie Foley, ha scritto nel giornale dell’Università Notre Dame: “Vi prego, nel nome della gentilezza e della misericordia […] anche se vi opponete all’inclusione delle persone LGBTQ+ nella Chiesa, scegliete con cura le parole che usate, e ricordate che chi le ascolta sono persone reali, complicate, piene di dignità, fatte a immagine di Dio, persone le cui preghiere non conoscete, persone che sono state ferite dalla Chiesa, persone che amano Dio, persone che hanno pianto lacrime amare al pensiero di non avere un posto nel Regno di Dio, persone che saranno molto colpite dalle vostre parole sui diritti omosessuali, come voi non lo sarete mai”. I problemi inerenti alle parole, ai termini, alle frasi, e anche al modo in cui discutiamo di tali questioni, hanno un grosso impatto sulla vita reale, ben al di là di “agende” immaginarie.
Questo è il posto adatto per disegnare la missione istituzionale della vostra università. Un responsabile alla diversità di un’università del Sud, fondata da un ordine religioso, ha detto: “La missione istituzionale ci dice […] come trattare i nostri studenti e colleghi LGBT, come fa anche la dottrina cattolica”. E ovviamente non possiamo dare per scontato che tutti gli studenti siano cattolici. Un professore gay del Nordest ha detto: “Cosa vuol dire, per un’università cattolica, accogliere studenti e studentesse LGBT provenienti da altre fedi, o da nessuna? Il modo in cui trattiamo le persone LGBT, cattoliche o meno, la dice lunga ai non cattolici su come trattiamo in generale gli altri”.
Gli studenti e le studentesse LGBT provengono oltretutto da esperienze molto diverse. Molti hanno abbandonato la Chiesa perché si sono sentiti rifiutati, altri non l’hanno mai considerata casa loro. Alcuni si sentono a loro agio con la loro sessualità, e non vedono nessuna contraddizione tra fede e sessualità, anche se magari non seguono la dottrina cattolica sulla castità (si può fare la stessa osservazione a proposito degli studenti etero sessualmente attivi).
Sono giovani LGBT felici di seguire il ministero universitario, felici di andare a Messa e di essere nella Chiesa. Altri, invece, lottano con la dottrina. Infine, molti lottano con quella che alcuni teologi chiamano “cristofobia”, ovvero la paura di Cristo e della Chiesa frutto di decenni di odio e omofobia. Il disprezzo di se stessi è un problema non da poco.
Andiamo al di là delle parole: quali segni e simboli mostrano loro che sono amati? Magari le spiritualità, le teologie, le liturgie e gli spazi protetti LGBT? Le persone LGBT sono le benvenute a Messa? Ricordate: Lex orandi, lex credendi: Il modo in cui facciamo culto dà forma a (e mostra) ciò in cui crediamo, e questo vale anche per il modo in cui studiamo. Studiamo mai le loro esperienze, vale a dire le loro storie e la loro storia, i loro contributi alla società e le loro lotte?
Altri simboli importanti sono professori e impiegati LGBT visibili e sostenuti come tali. L’ex rettore di un’università cattolica non molto grande ha detto: “Nella mia università, i professori omosessuali erano tra i più devoti alla missione dell’ateneo”, aggiungendo che essi possono fungere da modelli; non è obbligatorio lo facciano, ma spesso lo sono.
Un responsabile della pastorale di una grande università del Midwest ha indicato un simbolo ancora più visibile: la statua di Tom Dooley all’Università Notre Dame, immagine di un uomo gay famoso per la sua generosità.
Ricordate che voi potete offrire ai vostri studenti, per la prima volta nella loro vita, uno spazio in cui sono sostenuti dalle parole, incoraggiati dai segni, e aiutati dai simboli a rivedere la loro posizione personale sulla Chiesa, su se stessi, sulla loro famiglia e su Dio.
* Il gesuita americano James Martin è editorialista del settimanale cattolico America ed autore del libro “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018). Padre James ha portato un contributo sull’accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa Cattolica all’Incontro Mondiale delle Famiglie Cattoliche di Dublino e ha portato una sua riflessione anche al 5° Forum dei cristiani LGBT italiani (Albano Laziale, 5-7 ottobre 2018). Twitter: @jamesmartinsj
Testo originale: How can Catholic colleges welcome the L.G.B.T. person?