Le scuse di papa Francesco alla comunità LGBT: uno sguardo in profondità
Articolo di James Martin SJ* pubblicato sul sito del settimanale gesuita America (Stati Uniti) il 27 giugno 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Dato il grande dibattito sulle parole di papa Francesco, secondo il quale la Chiesa dovrebbe porgere le proprie scuse alla comunità LGBT, vorrei parlare un po’ del loro contesto generale.
Primo punto: papa Francesco stava rispondendo a una domanda su una dichiarazione del cardinale Reinhold Marx, presidente della conferenza episcopale tedesca, il quale per primo ha espresso l’auspicio che la Chiesa porga le sue scuse per aver emarginato la comunità LGBT.
Secondo punto: ecco cosa ha detto il Papa in risposta alla domanda di Cindy Wooden del Catholic News Service a bordo del suo aereo privato di ritorno dall’Armenia: “Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa – come ha detto quel Cardinale “marxista” [Cardinale Marx] – a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa anche ai poveri, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro […] e quando dico “Chiesa” intendo i cristiani; la Chiesa è santa, i peccatori siamo noi! – i cristiani devono chiedere scusa di non aver accompagnato tante scelte, tante famiglie […] Come cristiani dobbiamo chiedere tante scuse, non solo su questo. Perdono, e non solo scuse! “Perdono, Signore!”: è una parola che dimentichiamo”.
Terzo punto: le scuse della Chiesa a determinati gruppi o individui non sono state poche. Nell’anno giubilare del 2000 san Giovanni Paolo II pronunciò significative richieste di perdono nei confronti, tra gli altri, degli ebrei, dei popoli indigeni, dei rifugiati e delle donne. Il perdono, ovviamente, è una parte essenziale della vita cristiana.
Quarto punto: questo è un fatto decisivo. Per quanto molti possano dire che non c’è niente di nuovo, qualcosa di nuovo c’è. Nessun Papa ha mai parlato così nei riguardi della comunità LGBT. Solo pochi anni fa, una persona che avesse detto che la Chiesa avrebbe dovuto “scusarsi” con i gay e le lesbiche sarebbe stata probabilmente censurata, punita o zittita. Perché? Perché solo pochi anni fa ogni accenno alle “scuse” sarebbe stato visto come una critica all’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Ma papa Francesco sa bene che la comunità LGBT si è sentita spesso e volentieri emarginata dalla Chiesa.
Quinto punto: è un atto corretto. Nessun gruppo si è mai sentito emarginato come la comunità LGBT. Perché? Per molte ragioni. Eccone alcune. Primo, il linguaggio utilizzato per descrivere la loro esperienza. Secondo il catechismo, la loro inclinazione è “oggettivamente disordinata”. Questo non è il luogo dove fare un’approfondita discussione su questa espressione, ma per la maggior parte delle persone LGBT essa è profondamente offensiva. (Immaginate se qualcuno vi dicesse che una parte profonda di voi, quella che prova l’amore, è disordinata.) Inoltre alcuni vescovi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, quando si degnano di parlare della comunità LGBT ne parlano in termini molto offensivi. Nei Paesi in cui gay e lesbiche sono ferocemente perseguitati, i vescovi fanno scarsa opposizione a quei governi, quando non ne approvano tacitamente le politiche. Infine, molte persone LGBT non si sentono accolte nelle loro parrocchie, dove alcuni sacerdoti, sia dal pulpito che in privato, creano un ambiente poco accogliente. E se avete qualche dubbio, chiedete ai vostri amici LGBT. Forse pensate che non dovrebbero essere emarginati, invece lo sono.
Sesto punto, un chiarimento. Padre Federico Lombardi SJ, portavoce del Papa, ha fatto notare che il Papa ha utilizzato la parola “condizione”. In italiano questa parola non si riferisce a una condizione medica, ma si traduce in inglese con “situazione” [situation].
Ultimo punto, questo è un fatto decisivo, ma bisogna tenere conto del contesto. Papa Francesco non ha detto che l’insegnamento della Chiesa deve cambiare. Inoltre, la sua risposta tiene conto di altri contesti e altri gruppi che sono stati danneggiati dalla Chiesa. Ma il tono e la risposta stessa rimangono epocali. È un passo in avanti molto positivo per la comunità LGBT e la Chiesa. E ovviamente, la prima è parte della seconda.
Cosa fare ora? Per esempio, incoraggiare i vescovi ad ascoltare più attentamente (se mai l’hanno ascoltata) la comunità LGBT. Quali sono le loro esperienze? Quali sono le loro esperienze di Dio e della Chiesa? Questo sarebbe un buon inizio.
* James Martin SJ è sacerdote gesuita, scrittore e redattore di America, la rivista cattolica degli Stati Uniti.
Testo originale: Keeping Pope Francis’ Comments on the L.G.B.T. Community in Context