Le spietate. Quando l’amore tra donne irrompe nel vecchio West
Dialogo di Katya Parente con Claudia Cravens
Il vecchio West, una giovane ragazza carina e ingenua (ma forse non troppo), tenutarie e avventurieri: questi alcuni degli ingredienti de “Le spietate” (NN editore 2024) di Claudia Cravens.
Opera prima elogiata dalla critica, il titolo italiano richiama, non tanto velatamente, quello del famosissimo e ormai classico film di Clint Eastwood “Gli spietati”. Siamo riuscite a raggiungere Claudia che ha gentilmente risposto ad alcune domande.
Prima di tutto, da dove ti viene l’idea di una storia western?
All’inizio sono stata portata verso il western per la meravigliosa tensione tra vissuti emotivi enormi e travolgenti e una posta in gioco incredibilmente alta, che quasi domandano di essere concretizzati fisicamente. C’è così tanto spazio per trasformazioni sostanziali, che cambiano la vita, ma chiunque non sa cavalcare e accendere un fuoco, può trovarsi in guai seri e credo che il contrasto tra questi due poli sia affascinante. Per quanto amassi il genere, comunque, volevo vederlo da una nuova prospettiva, così ho deciso di rendere protagonista la voce di qualcuno che solitamente è un personaggio secondario, ed aggiungere una svolta: cosa succederebbe se il misterioso straniero di cui si innamora la protagonista sia una donna invece di un uomo?
La storia di Bridget è quella di tante altre ragazze giunte nella grande città dalla periferia – non solo nel ‘700. Ti sei ispirata a qualche personaggio storico o a qualcuno che hai conosciuto personalmente?
Non sono stata ispirata da nessuno in particolare. A quel punto della vita di Bridget, la prostituzione sembrava l’opzione più verosimile. Non aveva praticamente più denaro ed era virtualmente analfabeta, così le opzioni erano il matrimonio, il lavoro domestico o la prostituzione. Bridget è abbastanza pragmatica da capire quante poche possibilità di scelta avesse, ed è in grado di riconoscere un opportunità nell’offerta di lavoro di Lila al Buffalo Queen. Usa ciò che ha – la bellezza, la grinta e la sua concretezza – per ottenere ciò di cui ha bisogno – cibo, un riparo e la sicurezza. E’ solo quando si innamora – la cosa meno pratica al mondo – che per lei le cose si mettono davvero sottosopra.
Come ti sei documentata a livello storico?
Credo che l’obiettivo della ricerca storica sia far sentire reale il mondo del romanzo. Il mio metodo è molto visivo: ho guardato film storici e vecchie pubblicità, fotografie, e cataloghi di Sears & Roebuck per vedere come appariva la vita alle persone reali dell’epoca. A partire da ciò, ho potuto immaginare tessuti, odori, luci, e tutte quelle cose che fanno sentire veri, al lettore, i diversi paesaggi. Credo che viviamo e moriamo tra le cose ordinarie della vita di ogni giorno. Il sapore del nostro caffè, il vento che ci passa tra i vestiti quando usciamo di casa, i suoni e gli odori che definiscono il nostro mondo, i tessuti – qui è dove viviamo la nostra vita. Ho voluto portare i lettori nel mondo de “Le spietate”, nella vita, nel cuore e nel corpo di Bridget – ed è qui dove cerco tutto quello che può aiutarmi a farlo.
In particolare, trovo che i principi del costume design siano molto utili nella creazione del mondo del mio romanzo; mia madre è una costumista, e ho imparato molto da lei su come il design possa sostenere il racconto. Un costume accurato non vuol dire tanto far sembrare favolosa la gente quanto portarci nell’ambiente della storia. Anche se non si nota a livello cosciente, l’età, il colore, i tessuti e la vestibilità di un indumento può dare una grande quantità di informazioni sul personaggio, la sua posizione sociale, le sue finanze, e le relazioni che, nella storia, intrattiene con gli altri (altre e più esaustive informazioni a riguardo, in inglese qui[https://lithub.com/how-to-think-like-a-costume-designer-when-writing-historical-fiction/].
Spartan Lee stravolge certi cliché maschilisti, oltre alla vita di Bridget. Quanto sono importanti le “donne forti”, allora come oggi?
Le donne forti sono sempre state importanti perché sono sempre esistite. E’ semplice guardare alle donne del passato come sottomesse agli uomini, come apparizioni nelle loro vite, ma la storia è piena di esempi -grandi e piccoli – di donne che si sono prese cura di se stesse. Il Buffalo Queen è pieno di donne forti che si fanno strada in un mondo che preferirebbe non lo facessero. Attraverso di loro, ho voluto mostrare che questa forza, specialmente per le donne, si concretizza in forme diverse. Lo spietato pragmatismo di Lila, la forte gentilezza di Kate, l’astuzia di Sallie e l’intelligenza di Constance sono tutti “poteri” che permettono alle donne della storia di crearsi propri percorsi di vita. Anche il cuore selvaggio di Bridget è una forma di forza, perché le dà l’abbrivio per essere se stessa. Proprio come ci sono diversi modi di essere donna, ci sono diversi modi per essere una donna forte, e spero che, leggendo il libro, si capisca.
La critica è entusiasta del tuo esordio. Cosa farai dopo esserti goduta la tua meritata fama?
Sono così eccitata per la bellissima accoglienza de “Le spietate” da parte di critici e lettori – significa molto per me che alle persone là fuori piaccia questo libro! Dopo l’uscita de “Le spietate”, ho passato molto tempo viaggiando con la mia compagna facendo escursionismo sulle Alpi, un festeggiamento perfetto. In questo momento sto lavorando ad un nuovo romanzo, ma, oltre a questo, sto leggendo molto, giocando con il mio cane Rosie, ed allenandomi con la squadra di pattinaggio locale, i Mid-Hudson Misfits. Non ho un nome di battaglia, ma è solo questione di tempo, visto che mi sono completamente innamorata di questo sport!
Aspettiamo la prossima uscita di Claudia Cravens: per ora immergiamoci in questa storia piena di donne forti in cui la queerness (intesa come non conformità ai modelli sociali viventi) la fa da padrona e lasciamoci trasportare in una storia d’amore lesbica d’altri tempi.