Il cammino pastorale con le persone LGBT delle parrocchie cattoliche americane
Articolo di don Alexander Santora* pubblicato sul sito NJ.com (Stati Uniti) il 13 febbraio 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Christine Zuba vive nel New Jersey, vicino a Philadelphia. Lo scorso 29 novembre [2018] si è recata a Newark, nei locali della cattedrale del Sacro Cuore, per cenare con l’arcivescovo della città, il cardinale Joseph Tobin. Christine Zuba si è laureata alla Penn State University e lavora per la TV e la radio.
Durante la cena la conversazione si è svolta attorno alla conferenza dei vescovi a Baltimora, agli abusi sessuali e ai colloqui del cardinale con papa Francesco. Ma ciò che più interessava a Christine erano i rapporti della Chiesa con la comunità LGBT; sì, perché Christine è transgender. “[Il cardinale Tobin] mi ha chiesto dei consigli su come continuare il dialogo e su come lui potesse essere d’aiuto.” Poi l’arcivescovo ha voluto offrire una nota positiva per il futuro, in modo da aiutare la Chiesa “a essere consapevole di ciò che non conosce”.
Lo scorso mese Christine era a Hoboken assieme a una cinquantina di persone provenienti da quattro stati (Connecticut, New York, Pennsylvania e New Jersey) che fanno parte della LGBT Interparish Collaborative (Collaborazione Interparrocchiale per la pastorale LGBT), una rete di ventun parrocchie che hanno messo in piedi dei ministeri pastorali per le persone LGBTQ.
Tra loro c’erano persone LGBTQ, i loro genitori, diversi sacerdoti e diaconi, che sono d’accordo su un punto: operano nelle loro parrocchie, nei ministeri pastorali e con la loro vita perché la Chiesa sappia quello che loro hanno imparato.
Ecco cosa sa Ed Poliandro: “Non possiamo starcene nascosti, perché nell’Eucarestia siamo completamente rivelati. E questo vale per tutti noi”. Ed fa parte della parrocchia gesuita di San Francesco Saverio a Chelsea, un quartiere di Manhattan, ed è tra i fondatori di Interparish Collaborative. Nel 2004 si recò alla conferenza dei vescovi statunitensi a Washington e si piazzò fuori dall’assemblea, cercando di incontrare qualche prelato. Molti non lo guardavano nemmeno in faccia, o comunque non gli concedevano nemmeno un secondo, ma uno lo notò: il defunto Joseph Sullivan, vescovo di Brooklyn, che poi si rivelerà molto attento per l’inclusione delle persone omosessuali nella Chiesa.
Un altro partecipante ricorda i progressi compiuti dal gruppo fin dalla sua fondazione nella parrocchia del Carmelo a Brooklyn, nel 2011. Oggi il gruppo ha un suo sito web, organizza ritiri spirituali e partecipa al Pride fin dal 2012. Il Pride di Manhattan di quest’anno, che si terrà il 30 giugno prossimo, è stato designato come World Pride Parade in memoria dei moti di Stonewall del 1969, e Interparish Collaborative spera ci siano moltissimi cattolici e cattoliche LGBT.
All’incontro di Hoboken erano presenti fedeli, sacerdoti e diaconi da tutte le cinque diocesi del New Jersey e da quelle di Brooklyn, New York, Bridgeport, Hartford, Philadelphia e Harrisburg.
Di solito si assegna il merito della crescita e dello sviluppo del movimento in New Jersey a David Harvie, leader del gruppo In God’s Image (A immagine di Dio) nella parrocchia del Sacro Cuore a South Plainfield.
Negli anni ‘80 David, assieme al suo compagno Mark Nebus, frequentava la parrocchia di San Luigi a Jersey City, dove lui e io ci siamo conosciuti. David, tra le altre cose, nel maggio 2017 ha organizzato lo storico pellegrinaggio alla cattedrale del Sacro Cuore [a Newark].
David ha guidato l’incontro di Hoboken, che si è tenuto nei locali della mia parrocchia, intitolata a Nostra Signora della Grazia. I partecipanti hanno incoraggiato i responsabili parrocchiali a moltiplicare gli sforzi nel mettere in pratica ciò che funziona. Si è parlato anche di eventi regionali, ritiri e seminari, e c’è stata l’occasione di approfondire la conoscenza reciproca.
Ci sono stati due registi, Evan Mascagni e Shannon Post, che hanno parlato della loro opera col sacerdote gesuita James Martin, redattore del settimanale America, che ha scritto un libro, assai moderato, intitolato: Un ponte da costruire, che lo ha reso bersaglio degli estremisti anti-LGBT, i quali sono riusciti a far annullare alcune sue conferenze presso istituzioni cattoliche (negli Stati Uniti). Hanno parlato anche di John Petillo, un ex sacerdote dell’arcidiocesi di Newark e preside dell’Università del Sacro Cuore a Bridgeport, il quale non vuole annullare la prossima conferenza di padre Martin, nonostante le pressioni. Mascagni e Post sperano di terminare il loro documentario entro giugno e di presentarlo a qualche festival importante.
Di fronte ad alcune critiche, Ed Poliandro ha offerto una riflessione in cui molti si sono ritrovati: “L’oscurità non può essere cacciata dall’oscurità, ma solo dalla luce, e l’odio non può essere cacciato dall’odio, ma solo dall’amore” ha detto, parafrasando Martin Luther King.
I membri di Interparish Collaborative sanno di avere ancora moltissimi ostacoli da affrontare, eppure Christine Zuba non avrebbe mai immaginato di cenare con un cardinale della Chiesa Cattolica: “È stata una benedizione. Dio è buono” ha detto di fronte al gruppo.
* Padre Alexander Santora è parroco di Nostra Signora della Grazia e di San Giuseppe a Hoboken, nel New Jersey. Email: padrealex@yahoo.com Twitter: @padrehoboken
Testo originale: Gays want Catholic church to acknowledge their goodness | Faith Matters