Le testimonianze dei cattolici LGBT sono come testi sacri
Riflessioni* di Terence Weldon pubblicate sul sito Queering the Church (Gran Bretagna) il 9 giugno 2010, libera tradozione di Giacomo Tessaro
Le nostre storie, nella loro verità semplice e non artefatta, offrono la migliore difesa contro le menzogne che costituiscono il fragile fondamento del Magistero vaticano ufficiale a proposito delle relazioni omosessuali. Queste pure e semplici menzogne sono molto varie, dall’affermazione che la nostra peccaminosità è dimostrata dalla storia di Sodoma (non è così), a quella che è “fuori discussione” che le Scritture disapprovino l’omosessualità (immediatamente contraddetta dai molti teologi che l’hanno messa in dubbio), alla blanda asserzione che gli “atti” omosessuali sono una pura autogratificazione egoista. Quest’ultima affermazione, priva di qualsiasi straccio di prova, è forse la più marchiana di tutte.
Persino i teologi evangelici conservatori, radicati nella loro personale esperienza di come una relazione intima e sessuale possa condurre i due partner più vicini a Dio attraverso il reciproco sacrificio di sé, hanno riconosciuto che il medesimo processo può mettersi in moto nelle coppie omosessuali. I burocrati vaticani, che nella vita si sono sempre negati questo particolare sentiero verso il divino, non riescono a riconoscerlo negli altri. È la semplice matematica a suggerire il rimedio: per dimostrare falsa una legge o regola pretesa universale, è sufficiente un singolo controesempio.
La mia vita costituisce quel controesempio. Nella mia esperienza, il tentativo di vivere in maniera rigida le regole vaticane sull’etica sessuale mi portarono ad allontanarmi dalla Chiesa; vivere apertamente come gay mi fece ritornare. Naturalmente la controargomentazione potrebbe essere che la regola non ha mai preteso di essere universale, bensì solamente una norma generale: avremmo perciò bisogno di più controesempi, anzi dovremmo produrne una massa che testimoni dell’errore del Magistero.
Lo stesso Vaticano, nella Homosexualitatis Problema, ci invita a ricordare due ingiunzioni bibliche: “Vivere secondo la verità nella carità” e “La verità vi renderà liberi”. Esistono ragioni sia teologiche che politiche per raccontare le nostre storie, tra cui una chiara esortazione biblica a farlo, il che alla lunga minerà alla base le blande e del tutto ingiustificate opinioni che stanno dietro all’ostilità del Vaticano. Distruggendo le fondamenta, potremo demolire l’intero edificio. Sabato 12 giugno [2010] sono stato a Londra per un incontro del RCC of the LGCM (Roman Catholic Caucus of the Lesbian and Gay Christian Movement, Assemblea Cattolica Romana del Movimento Cristiano Lesbico e Gay), dove la discussione verterà proprio su questo: raccontare le nostre storie.
Questo principio, per come l’ho riassunto in questo articolo, lo sto promuovendo da molto tempo. Duigan McGinley, nel suo libro Acts of Faith, Acts of Love: Gay Catholic Autobiographies As Sacred Texts (Atti di fede, atti d’amore: le autobiografie di omosessuali cattolici come testi sacri), va ancora più in là. Secondo McGinley, raccontare le nostre storie non si limita ad essere un aiuto: è un sacramento. Le storie che raccontiamo meritano di essere prese sul serio, come i testi sacri: “Per troppo tempo i cattolici omosessuali hanno vissuto avvolti nella segretezza promossa dal Magistero ufficiale cattolico. Per molti cattolici omosessuali il ‘nascondiglio’ costituisce una potente metafora per la segretezza e la vergogna che inducono molti di noi a continuare a tenere nascosta la propria identità sessuale.
A volte, la decisione di rimanere ‘nascosti’ è attentamente calcolata e deliberata; altre volte, il nascondimento ci viene imposto con la forza dall’esterno. Ma è proprio in questo contesto che i cattolici omosessuali devono riconciliare la loro vita spirituale con quella sessuale. Gli scritti autobiografici dei cattolici omosessuali rivelano la delicata interdipendenza tra sessualità, spiritualità e le molte altre componenti identitarie che rendono unica la persona.
Questi atti di apertura di sé, di confessione, costituiscono autentiche rivelazioni dell’intervento e dell’azione di Dio nelle vite dei cattolici omosessuali. Voglio offrire un’interpretazione di Matteo 10:27 sulla confessione aperta e priva di timori: “Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti”.
Quando ci assumiamo il rischio di narrare la nostra identità omosessuale, trasformando ciò che prima era segreto e pubblicandolo perché tutti ne vengano a conoscenza, questo atto pubblico diventa una ‘predicazione sui tetti’”.
Perciò io vi dico…
Obbedite alla voce delle Scritture, obbedite al chiaro comandamento della Chiesa: raccontatevi così come siete, anche se (soprattutto se) quello che dite non è ciò che la torre d’avorio dei moralisti vaticani vuole sentire.
* Il passo biblico è tratto dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
Testo originale: Our Stories as “Sacred Texts”.