L’effetto Francesco si fa largo nel dibattito su Chiesa e persone LGBT
Riflessioni di Marianne Duddy-Burke pubblicate sullo Huffington Post (Stati Uniti) il 22 luglio 2016, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Si è scritto molto su come l’“effetto Francesco” potrebbe spingere la Chiesa cattolica sulla strada dell’inclusione o almeno dell’accettazione delle persone LGBT. Le dichiarazioni più citate sono la domanda “Chi sono io per giudicare?” (luglio 2013) e il suo più recente commento su come la Chiesa dovrebbe “chiedere perdono alle persone gay che ha offeso” (26 giugno 2016). Comunque, credo che il messaggio più promettente per le persone LGBTQ (e per altre persone allontanate dall’insegnamento e dalla pratica cattolici) si possa trovare in un’altra affermazione provocatoria di Francesco e nella ricaduta che ha avuto un anno e mezzo dopo.
In un’intervista del dicembre 2014 al giornale argentino La Nación Francesco ha affrontato l’argomento delle diverse opinioni esistenti tra gli ecclesiastici. Parlando della prima fase del Sinodo della Famiglia il Papa ha detto: “La resistenza, adesso, è evidente. Ed è un buon segno per me che venga allo scoperto, senza borbottii furtivi, se c’è disaccordo. È salutare portare queste cose allo scoperto, molto salutare!”. Francesco ha continuato dicendo che è naturale che nella Chiesa ci siano discussioni di questo tipo: “La resistenza significa punti di vista diversi, non è una cosa cattiva. C’entra con alcune delle posizioni che prendo qualche volta, lo concedo… Ma non sono preoccupato. Mi sembra che sia normale. Non sarebbe normale se non ci fossero differenti opinioni”.
L’accettazione, e anche l’incoraggiamento, di espressioni divergenti rappresenta una svolta “importante” per un pontefice, specialmente dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Durante questi pontificati, chiunque avesse messo in dubbio gli insegnamenti ufficiali o le opinioni del Papa avrebbe dovuto affrontare sanzioni molto dure. Anche le Conferenze Episcopali nazionali scoraggiano il dissenso, così per decenni c’è stata praticamente una grande uniformità su molti argomenti e certamente nessun aiuto per quanto riguarda l’inclusione delle persone LGBTQ, il riconoscimento delle relazioni omosessuali o la vicinanza a chi si identifica con un genere differente da quello di nascita.
In tempi recenti alcuni vescovi cattolici sono intervenuti per dimostrare che grande divergenza di opinioni esiste tra i capi della Chiesa su questi argomenti, e non solo su questi. Sebbene le due fasi del Sinodo della Famiglia non abbiano portato a significativi cambiamenti nella politica e nella pastorale per le persone LGBTQ, sono comunque stati redatti dei documenti intermedi, specie nella prima fase del Sinodo, che indicano chiaramente che alcuni dei partecipanti spingevano per una posizione più positiva su questi temi. Sebbene questo linguaggio non sia sopravvissuto nella relazione finale del Sinodo, il documento intermedio dichiara che “gli omosessuali hanno doni e qualità da offrire alla comunità cristiana” e “senza negare i problemi morali connessi alle unioni omosessuali, dobbiamo notare che ci sono casi il cui il mutuo aiuto fino al sacrificio costituisce un aiuto prezioso nella vita dei partner”. Qui è evidente che al Sinodo si è fatta sentire la voce di un gruppo di sostenitori delle persone LGBTQ che vuole un cambiamento del punto di vista della Chiesa.
Nel dicembre 2015 il vescovo belga Johan Bonny ha suggerito che la Chiesa dovrebbe dare un “riconoscimento formale” alle relazioni omosessuali in cui “siano centrali l’esclusività, la lealtà e la cura reciproca”. Negli Stati Uniti il massacro gay al Pulse di Orlando ha portato alla ribalta le diversità di opinione dei prelati cattolici. La Conferenza Episcopale Statunitense, così come molte dichiarazioni diocesane, hanno parlato di violenza, pistole e terrorismo, ma la maggior parte ha rifiutato di riconoscere che l’obiettivo era la comunità LGBTQ. Tuttavia, una manciata di diocesi nelle loro dichiarazioni hanno porto le loro condoglianze. Il vescovo di St. Petersburg Robert Lynch è andato anche oltre affermando che “è la religione, inclusa la nostra, che le prende di mira, il più delle volte verbalmente, e alimenta il disprezzo nei confronti di gay, lesbiche e transessuali, e questo è triste. L’attacco di oggi agli uomini e alle donne LGBT ha piantato il seme del disprezzo e dell’odio, che da ultimo può portare alla violenza”. Questa dichiarazione, accolta positivamente dalle persone LGBT e da molti altri, ha portato ad un subitaneo rimbrotto da parte dell’arcivescovo di Miami (e metropolita di Lynch) che ha detto che il vescovo Lynch “avrebbe dovuto conoscere meglio la verità delle conseguenze casuali dell’attacco terroristico di questo lupo solitario”.
All’inizio di luglio l’arcivescovo Chaput di Philadelphia ha annunciato che sarebbe stata negata la comunione a chiunque avesse avuto un partner dello stesso sesso; non solo, essi non avrebbero potuto far parte del consiglio pastorale, né leggere le letture durante la messa. Nella stessa settimana il vescovo di San Diego Robert McElroy ha partecipato ad una commemorazione per le vittime di Orlando organizzata dalla comunità LGBT e da gruppi di Latinos. Dopo quasi trent’anni in cui l’adesione agli insegnamenti ufficiali della Chiesa sembrava pressoché monolitica tra i vescovi cattolici, questa dichiarata differenza di opinioni è davvero un segno di speranza. Adesso possiamo renderci conto che, così come c’è diversità di vedute tra i laici riguardo alle persone LGBTQ, lo stesso si verifica tra i responsabili dello sviluppo e della guida della realtà ecclesiastica.
Mentre la volontà di rivedere gli odierni insegnamento e prassi riguarda comunque una minoranza dei leader della Chiesa, le loro voci sono state ascoltate ed è probabile che molte se ne aggiungeranno nei mesi prossimi. Questo potrebbe aiutare a spostare l’attenzione dalle dichiarazioni di papa Francesco al riconoscimento che esiste una comunità di leader responsabili dell’insegnamento e della politica della Chiesa. Mentre sempre più cattolici, nelle alte sfere come alla base, si impegnano per i diritti civili ed ecclesiali delle persone LGBTQ e delle loro famiglie, l’identità politica e culturale fermamente contraria ai diritti di gay e transessuali crollerà velocemente, nonostante i deboli tentativi di mantenere strutture oppressive. L’incoraggiamento di Francesco ad un dialogo onesto sulle differenti opinioni potrà avere un impatto maggiore sulla comunità LGBTQ, la politica pubblica e la cultura globale di ciò che ha detto o fatto fino a questo momento. Questo potrebbe essere un effetto, inatteso ma molto apprezzato, dell’“effetto Francesco”.
* Marianne Duddy-Burke è direttrice esecutiva di DignityUSA, organizzazione cattolica che opera per l’uguaglianza delle persone LGBTQ.
Testo originale: How an Unexpected Aspect of “The Francis Effect” May Further LGBTQ Equality