Legge Zan contro l’omofobia: serve il nostro impegno
Riflessioni di Massimo Battaglio
Con un po’ di comprensibile ritardo, prosegue la discussione del disegno di legge Zan contro l’omofobia. Alla Commissione Giustizia del Senato, si stanno svolgendo le audizioni dei vari esperti convocati dai partiti. E comincia a servire il nostro impegno.
Serve il nostro impegno perché tutti i detrattori della legge rappresentano associazioni ed enti di stampo cattolico. E noi, che siamo sia omosessuali o transessuali e sia cattolici, non possiamo permettere che la nostra religione sia strumentalizzata per coprire un crimine proprio contro di noi.
Deve essere chiaro: Gesù non discrimina. Chiunque sostenga che sia legittimo discriminare le persone lgbt, deve farlo unicamente a nome proprio. Chi tira in ballo la “libertà di espressione” per legittimare l’odio contro di noi, non lo faccia in nome di Dio. Chi sostiene che un atto discriminatorio o violento di stampo omofobo sia robetta che non merita aggravanti, non creda di avere Nostro Signore dalla sua parte. Gesù, in proposito, è molto netto:
“Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna” (Mt 5,21-22)
Punto. Non ci sono attenuanti dovute a “libertà di espressione”. Il disprezzo per il proprio fratello non appartiene alla logica di Dio. Addirittura il Catechismo, che non è certo gayfriendly, lo ribadisce:
“Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali […]. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (CCC 2358).
Lasciamo stare il linguaggio vetusto (“tendenze omosessuali”) dovuto al fatto che si tratta di un testo degli anni ’80. Concentriamoci sulla sostanza: “si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Non c’è posto per equivoci. E’ inutile arrampicarsi sui vetri per tentare di dimostrare che esistono anche discriminazioni giuste. Per carità: è un esercizio in cui si cimentò anche Ratzinger, non ancora papa. Ma le sue personalissime opinioni sull’omosessualità sono ormai superate anche all’interno della Chiesa. L’enciclica “Amoris Laetitia” chiarisce piuttosto bene il concetto:
“Ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza” (AL 250).
E’ quindi del tutto fuori luogo invocare la tradizione cattolica di condanna degli atti omosessuali, per contestare un disegno di legge che, implicitamente, non fa che sposare un principio del magistero cattolico stesso: ribadire il rispetto della dignità di ogni persona ed evitare ogni forma di aggressione e violenza.
Chi sono gli “esperti” che si oppongono al disegno li legge Zan, e quali sono i loro argomenti, oltre alla retorica della “libertà di espressione”?
Massimo Gandolfini, portavoce del comitato Difendiamo i Nostri Figli e organizzatore del family day, si esprime così:
“Primo, è una legge inutile. […] I cittadini italiani hanno diritto ad essere trattati con dignità qualsiasi sia la loro condizione. […] E’ una legge inutile perché ogni cittadino non può essere fatto oggetto di minaccia o di violenza”.
E’ la storia della violenza omofoba come violenza qualuque, magari anche giustificabile. Ed è una storia che dobbiamo rigettare, perché sappiamo benissimo che gli atti di omofobia non sono affatto atti qualunque. Un’aggressione omofoba è più grave di una rissa da bar perché è alimentata da motivi più “abietti” e perché lascia conseguenze più pesanti, traumi anche psicologici inevitabili, paura che il fatto si possa ripetere dal momento che l’orientamento sessuale non si può cambiare. Dunque: a danno più grave deve corrispondere pena più grave. E’ un semplice principio di civiltà giuridica. Ma Gandolfini prosegue:
“Questa legge è pericolosa perché introduce l’idea che ci siano delle categorie di cittadini che per scelte personali, in questo caso di una certa condotta sessuale, debbano essere più privilegiate e trattate meglio di altri”.
Scelte personali? Condotta sessuale? No caro dottor Gandolfini. Qui non si parla di “condotte” ma di “orientamento”. Se davvero si parlasse di “condotta sessuale”, sarebbe gravissimo perché essa non è e non deve essere oggetto di diritto per nessuna ragione al mondo. Viceversa, un orientamento sessuale che definisce una minoranza di persone, è un dato giuridicamente molto interessante. Perché le minoranze hanno proprio bisogno di protezione giuridica, specialmente quando il loro essere minoranza non è per nulla una scelta personale!
Tra l’altro: capita abbastanza spesso che un ragazzo venga bullizzato non perché abbia una “condotta” omosessuale (per esempio perché si bacia col fidanzatino) ma semplicemente perché ritenuto gay. Magari non lo è nemmeno ma basta il pregiudizio per armare la mano dell’omofobo.
Toni Brandi e Jacopo Coghe, di Pro Vita stanno raccogliendo firme contro la legge Zan. Sono decisamente fuori tempo massimo ma ci provano:
“Anche sostenere il diritto dei bambini a crescere con una mamma e un papà, essere contro le adozioni gay, oppure dire che il sesso non si può cambiare, può essere interpretato come un atto omofobico o transfobico”.
Ma quando mai? Sostenere che il sesso non si può cambiare non vuol dire nulla. E’ già più serio sostenere che non si possono cambiare l’orientamento sessuale e l’identità di genere. E proprio per questo, noi sosteniamo, insieme alla quasi totalità dei ricercatori scientifici del mondo, che è del tutto naturale che una persona segua l’orientamento sessuale, immutabile, che la natura stessa gli ha assegnato. Del pari, sosteniamo che è naturale che una persona che non si identifica nel proprio genere biologico desideri transitare verso il genere a cui mentalmente appartiene. Ma “identificarsi” è una cosa seria. E transitare verso il genere in cui ci si identifica non vuol dire, volgarmente, “cambiare sesso”.
Chi sostiene il contrario non è nemmeno un omofobo ma è semplicemente uno che propaganda il falso approfittando della credulità popolare. Questo è vietato anche in assenza della legge Zan. Il fatto stesso di sostenere che noi si sostenga ciò che non sosteniamo, potrebbe essere oggetto di querela.
Gianfranco Amato, presidente dell’associazione Giuristi per la Vita, arriva a contestare il termine “omofobia” in quanto non presente nella legislazione italiana e mancante della relativa definizione “nella legislazione universalmente riconosciuta”. Ora: nè il disegno di legge Zan nè quelli concorrenti usano questo termine ma piuttosto “discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o l’identità di genere”, adottando una terminologia scientificamente e giuridicamente impeccabile.
Ma il senso della sua polemica è altro. Vuole dimostrarci che l’omofobia non esiste. E di fronte a questa becera provocazione, basta ricordare che, l’anno scorso, le vittime di omofobia accertate sono state 226. Quest’anno siamo a 42 (nonostante il distanziamento sociale dovuto al coronavirus) ma non è ancora arrivata l’estate, periodo in cui si concentrano maggiormente i gesti omofobi.
E noi?
Contro questi attacchi, che potrebbero mettere ancora una volta in forse la legge contro l’omofobia, serve davvero tutto il nostro impegno. Dobbiamo raccontare le nostre storie, far sentire le nostre voci. Già lo stiamo facendo con le veglie per il superamento dell’omofobia ma dobbiamo andare oltre: scrivere ovunque, denunciare torti subiti, parlare di noi nei nostri ambienti. Chi di noi non ha ancora fatto coming out, ci pensi: potrebbe essere la migliore occasione per dare, al proprio intimo, il valore politico che gli spetta. Il nostro dev’essere un coro in cui tutti fanno la loro parte.
E ancora, come credenti, dobbiamo chiarire sempre: Dio non è omofobo. Chi lo asserisce, non crede in Lui ma in un’immagine falsa che di Lui si è fatto per dare credito a se stesso.