Lesbica e cattolica: il grido d’amore di Dio
Articolo di Myriam Bettens pubblicato sul mensile Courrier pastoral (Svizzera) nel febbraio 2021, liberamente tradotto da Flavia Piepoli
Scegliere tra le convinzioni religiose e l’orientamento sessuale? Per Clémentine Dubuis la questione non si pone. Ha dovuto superare alcuni ostacoli prima di sentirsi accettata. Omosessuale e cattolica, l’equazione non sempre è facile. Eppure, queste due componenti “fanno parte della mia vita”. Ecco la sua testimonianza.
“Senza la fede non avrei mai accettato chi ero”, dichiara di primo acchito Clémentine Dubuis. Questa giovane vallese (Svizzera) di 26 anni, cattolica praticante, è pienamente convinta del suo orientamento affettivo. Ne ha dato testimonianza in una serata organizzata verso la metà di gennaio dall’Antenne LGBTI della Chiesa protestante di Ginevra, in collaborazione con la pastorale delle famiglie della Chiesa cattolica romana ginevrina.
Quest’incontro, in videoconferenza e voluto all’unanimità da più di cinquanta persone, aveva per scopo quello di incoraggiare altre persone LGBTIQ+ a vivere liberamente la propria fede oltre che di aiutare la Chiesa ad aprirsi piano piano alla differenza.
Il “ti amo di Dio”
Mai l’omosessualità è apparsa a Clémentine come una malattia, dal momento che ha sempre avuto “la fortuna di sentire la presenza di Dio mormorarle un « Ti amo» all’orecchio”. Tuttavia, riconosce che dichiararsi tale non è stato semplice. La vallese è cresciuta in una famiglia praticante e molto affettuosa. Impegnata nel Movimento dei Focolari, è durante un campeggio che esprime per la prima volta i sentimenti che prova per le donne. Si apre con le altre campeggiatrici nel mezzo di una conversazione sui primi tormenti amorosi.
Tutto questo arriva all’orecchio della responsabile del campeggio. Alla giovane viene richiesto di parlarne unicamente con gli adulti, non sono cose di cui parlare tra ragazze. Ha 12 anni e comincia a covare la rabbia per la Chiesa. “Negava chi ero, ma ho comunque continuato a frequentare la mia comunità, la spiritualità per me era vitale.”
Oggi, Clémentine si sente totalmente libera di essere così com’è. Ma lo scatto non funziona senza soffrire. Quando era adolescente una delle amichette, nella stessa condizione, ha messo fine ai suoi giorni. Cerca consigli e perdono da un prete della parrocchia, ma l’incontro non sortisce gli effetti sperati.
Un altro sguardo sull’omosessualità
Tra rabbia e determinazione, Clémentine non vuole che la morte della sua amica resti senza conseguenze. Non appena raggiunge la maggiore età decide pubblicamente di prendere posizione e di fondare un gruppo per giovani cattolici omosessuali. “Era importante per me dare una testimonianza a questi giovani. È molto triste vederli lasciare la Chiesa perché non si sentono accettati”, racconta Clémentine.
In questa iniziativa viene aiutata da Joël Pralong, prete della diocesi di Sion. Quest’ultimo da diversi anni si era fatto carico delle preoccupazioni dei cattolici omosessuali. “Finalmente un prete che apriva il dibattito e si assumeva il rischio di parlarne”, afferma la giovane. Grazie a lui, il gruppo viene ascoltato dal vescovo di Sion e riceve pure la sua benedizione nel 2015.
Per la vallese è un passo verso la buona direzione, ma ancora insufficiente per considerarla una reale integrazione delle persone LGBTIQ+ nella Chiesa. “Siamo ancora nella fase di accoglienza. L’integrazione sarà piena e totale solo quando non avremo più bisogno di parlare di questo argomento”, si sbilancia Clémentine. Fa eco alla giovane Anne-Claire Rivollet, responsabile della pastorale delle famiglie di Ginevra, che si esprime sulle piste da esplorare per raggiungere l’integrazione.
Dall’accoglienza all’integrazione
“Al momento stiamo lavorando nel modo più utile per dimostrare la legittimità della presenza dei credenti LGBTIQ+ nella comunità cattolica ginevrina. Desideriamo offrire in futuro alcuni spazi di parola o di incontro per mostrare quello che viene fatto dal lato protestante.” Lei mira anche al “legame tra libertà e verità che oggi si profila in modo molto differente, la teologia deve poter essere all’ascolto e confrontarsi con questi nuovi luoghi di rivelazione”.
“La Chiesa deve assolutamente aprire i suoi dibattiti a una teologia pastorale e non solo dogmatica. Per far questo occorre che da un lato le persone possano esprimersi e dall’altro che la Chiesa possa ascoltare, ma ancora troppi nella Chiesa non sono pronti all’ascolto della parola di una persona omosessuale che desidera camminare nella fede cattolica.”
Oltre alla missione che Clémentine si è data di testimoniare e di torcere il collo agli stereotipi, Joël Pralong sottolinea in più che “nella Chiesa c’è l’urgenza di aiutare le persone a prendere atto di ciò che sono affinché possano trovare unità in se stessi. Il nostro obiettivo deve essere quello di accompagnarle nella loro ricerca di Dio e scoprire con loro cosa c’è dietro alle azioni che intraprendono.”
È quello che auspica anche Pascal Desthieux, vicario episcopale del cantone di Ginevra e presente durante la conferenza. “Siamo in un cammino che richiede tempo e mi auguro con tutto il cuore che ci siano apertura e arricchimento reciproco.”
Testo originale: « Homo et catho: le murmure d’amour de Dieu »