Lesbica e cristiana. La storia del mio coming out
Testimonianza di Ebony Smith (Michigan, USA) tratta da gaychristian101.com, liberamente tradotta da Marta
Ok, da dove comincio? Ho diciotto anni – presto ne avrò diciannove – e ad autunno inizierò il secondo anno d’università. Mi piacerebbe poter credere di essere intelligente, caparbia, compassionevole e un’intera gamma di altre meravigliose qualità, ma devo essere umile, come Gesù mi spingerebbe ad essere, e fermare qui il mio sproloquio.
Sono stata adottata a soli due anni. La mia madre biologica era troppo giovane e troppo violenta per prendersi cura di me in modo adeguato.
Nessuno sa neppure chi fosse il mio padre biologico. Sono stata educata in una casa cristiana, battista, e sono cresciuta come qualsiasi bambino. Ho undici fratelli e sorelle, tutti, tranne due, più grandi di me. Ricevevo tantissimo amore ed ero ‘normale’ da tutti i punti di vista.
Ricordo perfettamente un giorno. Era gennaio (ricordo il mese perché mia madre compiva gli anni a gennaio) e ricordo che mia madre, due dei miei fratelli ed io eravamo a casa e stavamo guardando un film di moda su Lifetime1.
Avevo solo nove anni all’epoca, ma ricordo chiaramente il momento in cui apparve sullo schermo una donna, in un lungo e bellissimo abito bianco da matrimonio.
Ricordo di aver pensato ‘E’ così bella…voglio sposarla!’. Non avendo visto nulla di male in tutto ciò, mi rivolsi gioiosa a mia madre: “Quando divento grande sposo una donna bella come lei!”.
Pensando (probabilmente) che stessi semplicemente scherzando, la mamma rise e rispose: “Tesoro, non sposerai una ragazza, sposerai un ragazzo”.
Ero confusa e le chiesi: “Perché? Voglio sposare una ragazza”. Mia madre rise di nuovo e scrollò le spalle: “Le ragazze sposano i ragazzi e i ragazzi sposano le ragazze”. Non mi presi la briga di chiedere altro.
Qualche anno più tardi, al sesto anno di scuola, feci amicizia con Julie. Frequentavo una scuola con alunni, per la maggior parte, di colore (sono birazziale e la mia famiglia è a maggioranza nera) ed ero intrigata da Julie perché lei era bianca. Ma poi la conobbi meglio e scoprii che era assolutamente meravigliosa.
Mi raccontò di come avesse ‘sperimentato’ con le ragazze ed ero curiosa a questo riguardo, perché, a parte la mia dichiarazione a nove anni, non vi avevo più pensato.
Fu solo tre anni dopo – a 14 anni, al nono anno di scuola – che mi presi la prima cotta. Per una ragazza della mia squadra di calcio. Ad una scuola privata cristiana.
Dapprima pensai di essere semplicemente presa dalla sua personalità. Era molto sportiva, faceva parte dell’elenco degli studenti meritevoli ed era assolutamente fantastica.
Era più avanti di me di un anno, ma visto che la scuola era relativamente piccola (solo 750 studenti dal primo al dodicesimo anno) e che facevamo parte della stessa squadra, ci vedevamo spesso. Diventammo davvero delle buone amiche.
Uscivamo insieme dopo la scuola, andavamo insieme alle lezioni di Bibbia, alle attività. Ricordo un giorno piovoso in cui eravamo diretti, in pullman, ad una gara di calcio fuori casa. Nel corso della partita (ero difensore sinistro) continuai a scivolare e cadere così spesso sul terreno bagnato che Katie (la ragazza di cui mi ero infatuata), che era il portiere, a causa della mia inettitudine non poté evitare tre gol.
Mentre tornavamo al pullman, dopo la partita, mi misi a piangere. Avevamo perso in modo clamoroso. Ricordo di aver sentito una mano sulla spalla che mi fece girare, e poi guardare dritto negli occhi di Katie.
Era così dolce, così amorevole, che mi sentii in imbarazzo di piangere vicino a lei. Cercai di allontanarmi e prima che me ne rendessi conto lei mi stava tirando a sé in un abbraccio. Non mi lasciò andare finché non mi fui calmata e mi fece sedere con lei nel pullman, di modo che potessimo parlare tra di noi.
Il modo in cui batteva il mio cuore, il mio stomaco che esplodeva in farfalle al sentire le sue braccia attorno a me – sapevo di non poter negare ciò che sentivo. Fu lì che iniziò la mia leggera depressione, perché mi dissi ‘Dio non potrà amarmi, ora che sono gay, giusto?’.
Presi a ritirarmi dalla famiglia e a rinchiudermi dentro di me. Continuavo a ripetermi che se fossi rimasta single per il resto della mia vita allora, forse, Dio mi avrebbe amata.
Le cose giunsero ad una svolta quando mi innamorai di una ragazza di nome Kayla (questo accadde due anni più tardi, all’undicesimo anno di scuola, dopo che ebbi lasciato la scuola privata per una pubblica).
Facevamo insieme inglese e ci occupavamo dell’annuario. Le davo una mano in inglese e lei era il mio editor nella sezione sportiva dell’annuario. Me l’ero presa davvero male per lei, ma continuavo a ripetermi che dovevo rimanere single.
A casa i familiari iniziarono per curiosità a farmi domande sulla mia vita sentimentale, chiedendosi perché non uscissi con nessuno. Mi limitavo a sorridere e a scrollare le spalle.
E poi arrivò il mio ultimo anno. Ora avevo diciassette anni. Non mi ero mai fatta avanti con nessuna delle mie cotte, non avevo mai avuto un appuntamento e avevo ancora il mio amato marchio di fabbrica intatto: a prescindere dalla mia sessualità, non credo nel sesso pre-matrimoniale.
Stavo ricevendo lettere di accettazione da parte delle università e i miei genitori mi parlavano spesso di come ora sarei stata per conto mio e di come presto avrei preso le mie decisioni.
Avevo paura di ‘sprofondare’ e ritrovarmi a fare cose che andavano contro la Bibbia. Desideravo disperatamente l’approvazione di Dio. Pregavo fino alle lacrime e poi pregavo ancora un po’ per chiedere a Dio di ‘ripararmi’, così che Lui avrebbe potuto amarmi. Sarei sicuramente dovuta diventare etero per farmi amare da Lui, giusto?
E poi partii per l’università e lì pian piano imparai la verità. Dio mi ama già e non serve che Lui ‘ripari’ la mia omosessualità. Lui mi conosceva prima ancora che nascessi. Ero gay prima di essere battezzata nella Chiesa, ad 11 anni, e lo sono tuttora. La mia anima per Lui è preziosa come quella di qualsiasi altra persona, resa perfetta dal supremo sacrificio di Gesù.
Per ora le uniche persone che sanno della mia omosessualità sono due mie amiche, entrambe bisessuali, la mia sorella più piccola e due nipoti. Lentamente, ma con sicurezza, mentre inizio ad accettare me stessa, trovo sempre più facile lasciare che le altre persone (quelle di cui mi fido e che sono importanti nella mia vita) sappiano qualcosa di me di così prezioso.
Quanto alle persone con cui temo di svelarmi… Sono convinta che quando i cristiani omofobi predicano il loro credo non lo facciano perché ci odiano, ma perché sono male informati o perché si trovano a proprio agio con valori tradizionali che gli sono stati impartiti nelle loro case. Predicano semplicemente quel che è stato sempre insegnato loro.
Le idee diverse possono essere spaventose per alcune persone. Ma credo che se diamo tempo alla cosa, se continuiamo a dimostrare e non solo a parlare alle persone, l’accettazione sia alla nostra portata. La benedizione di Dio è con noi e Lui ci ama.
_________
1 Canale televisivo americano via cavo, dedicato alla messa in onda di film e sitcom pensati per il mondo femminile o che hanno donne per protagoniste.
Testo original: My coming out story”