Lettera aperta alla commissione europea contro l’omofobia del governo polacco
Articolo di Sian Cain* pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 18 agosto 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il premio Nobel polacco Olga Tokarczuk, Margaret Atwood, JM Coetzee, Ian McEwan, Slavoj Žižek e Judith Butler sono tra i settanta firmatari (scrittori, attori e registi) di una lettera aperta che condanna l’ascesa dell’omofobia e della transfobia in Polonia dopo l’elezione del presidente Andrzej Duda.
La lettera è indirizzata al presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e intende “esprimere la nostra grave preoccupazione per il futuro della democrazia in Polonia, un Paese con una bellissima storia di resistenza al totalitarismo e di lotta per la libertà”, e anche per “le repressioni contro la comunità LGBT+ in Polonia”.
Tra i firmatari troviamo i registi Pedro Almodóvar, Yorgos Lanthimos, Mike Leigh, Luca Guadagnino e il polacco Paweł Pawlikowski, gli attori Ed Harris, Isabelle Huppert e Stellan Skarsgaard, e gli scrittori John Banville e Sebastian Barry, Deborah Levy, Édouard Louis e Valeria Luiselli.
La lettera è un’iniziativa di Olga Tokarczuk, della regista Agnieszka Holland e della sociologa Agnieszka Graff, e vuole essere una risposta alla retorica anti-LGBTQ+ sempre più pervasiva da parte del governo e dei media, e alle repressioni delle manifestazioni LGBTQ+ di protesta dopo la rielezione di Duda, membro del populista Partito Diritto e Giustizia.
Duda è stato eletto presidente per la prima volta nel 2015, e da allora ha sempre bollato i diritti LGBTQ+ di ideologia di importazione che minaccerebbe i valori cristiani della Polonia (più del’86% della popolazione si definisce cattolica). Duda ha proposto di stilare una “Carta della Famiglia” per proibire “la propaganda dell’ideologia LGBTQ+ nelle scuole e nelle istituzioni”, e per impedire alle persone LGBTQ+ di sposarsi e avere figli. La legge polacca non considera gli attacchi alle persone LGBTQ+ un crimine d’odio.
A partire dal 2019 un terzo delle amministrazioni comunali polacche hanno dichiarato il loro territorio “libero dall’ideologia LGBT”, una risoluzione minacciosa, anche se non vincolante, che invita a non avere tolleranza per le persone LGBTQ+. Il mese scorso l’Unione Europea ha annunciato un taglio di fondi verso sei città polacche colpevoli di aver approvato tale dichiarazione, e la città olandese di Nieuwegein ha annunciato l’interruzione del rapporto di gemellaggio, che durava da molti anni, con la città di Puławy, nella Polonia orientale.
La lettera richiama l’attenzione su caso di Margot, un’attivista non binaria posta sotto arresto lo scorso 7 agosto in attesa di processo; a giugno era stata denunciata per aver aggredito un uomo che stava gridando insulti omofobi attraverso un altoparlante; a luglio era stata arrestata, assieme ad altre tre persone, “per vilipendio dei sentimenti religiosi e dei monumenti di Varsavia”, sui quali aveva posto delle bandiere arcobaleno.
Il 7 agosto, dopo il secondo arresto, centinaia di manifestanti sono scesi in strada a Varsavia al grido di “Ridateci Margot” e “Ci siamo noi dietro Margot”; circa 48 persone sono state arrestate per manifestazione non autorizzata. Gli utenti polacchi di Twitter, per ricollegarsi ai moti di Stonewall del 1969, hanno creato l’hashtag #PolishStonewall.
Secondo la lettera, gli atti di Margot “non sono né vandalismo, né provocazioni, come insistono a dire i media allineati al governo; si tratta invece di atti disperati di resistenza contro i degradanti discorsi omofobi”.
Continua la lettera: “Quel camioncino [dell’uomo che diffondeva insulti omofobi] è uno dei molti veicoli che percorrono la Polonia a diffondere offese, a equiparare l’omosessualità con la pedofilia e a dire che i gay sono veicolo di malattie e una minaccia per i bambini. Gli sforzi messi in atto per fermare con mezzi legali questa campagna d’odio, che gode di lauti finanziamenti, non ha portato a nulla.
“Ci sono sempre più aggressioni omofobe in Polonia, in quanto il partito al potere chiude un occhio perché ha preso di mira le minoranze sessuali come capro espiatorio, senza nessun riguardo per la sicurezza e il benessere dei cittadini. Margot è di fatto una prigioniera politica, tenuta in carcere per aver rifiutato di accettare il disonore”.
I firmatari invitano il governo polacco “a smettere di prendere di mira le minoranze sessuali”, e la Commissione Europea “a prendere immediatamente dei provvedimenti per difendere i fondamentali valori europei: l’uguaglianza, la lotta alla discriminazione, il rispetto per le minoranze, valori apertamente violati in Polonia. I diritti LGBT+ sono diritti umani, e come tali devono essere difesi”.
* Sian Cain si occupa di libri per il Guardian. Twitter: @siancain
Testo originale: Writers, actors and directors call for end to homophobia in Poland in open letter