Letture possibili. Quelle catene coperte di fiori che ci legano
Riflessioni di Massimo de Il ramo del Mandorlo, gruppo di cristiani LGBT+ di Roma
“La maggior parte degli uomini non vuole essere liberato dalle proprie catene. Cerca solo nuovi padroni, trovando spesso nella religione catene coperte di fiori“
Siamo giunti all’ultima domenica dell’anno liturgico. Domenica prossima inizierà l’Avvento, il tempo in cui abbiamo modo di sintonizzarci su ciò che profondamente ATTENDIAMO.
Nessuno può vivere senza “attendere” perché è l’attesa a proiettarci nel domani e a darci l’impulso all’azione.
Nella vita cristiana si può attendere sapendo di essere già stati salvati oppure come persone che cercano ancora qualcuno che le salvi.
Queste ultime sono le più predisposte ad incappare nelle false profezie che sono belle da ascoltare perché ci deresponsabilizzano e dietro obbedienza al potere ci fanno sentire dalla parte dei privilegiati.
La prima lettura ce ne dà subito un esempio, insegnandoci a distinguere le false dalle vere profezie di sventura.
Attraverso la maledizione di Malachia, si rende evidente come le religioni abbiano commesso una grande impostura. Mettere Dio dove non c’è. Fare dire a Dio più di quello che abbia già detto. Profetizzare sventure da cui sono coinvolti solo gli altri. E questo a noi uomini e donne piace perché ci libera dallo stress di prendere una posizione nelle situazioni della vita.
L’impostura delle religioni è quella di promettere dietro buona condotta, l’arrivo di un mondo più giusto, in cui una facile consolazione sarebbe destinata a tutti coloro che credono che sia più incisiva l’azione di un dio invisibile che la forza della sua divinità in noi.
(Questa è da rileggere due volte per capirla!!)
San Paolo ai Tessalonicesi infatti rincara la dose. Esiste una pigrizia dei credenti quando ci affidiamo a Dio invece di fare quanto sarebbe in nostro potere fare, perdendo tempo, e stando in continua agitazione.
Il lavoro è uno strumento nobile di contatto con la realtà, estremamente efficace, tanto che molti santi come ad esempio Charles de Foucauld, accostavano la dimensione contemplativa ad un lavoro manuale, così come i rabbini o San Paolo stesso.
La giustizia più grande risiede nel dare un giusto compenso a chi ha lavorato e la pratica di questi strumenti di giustizia già costruisce relazioni e legami di fiducia tra gli uomini.
Ma è nel Vangelo che Gesù si diverte a destrutturare se stesso. Inizia il suo discorso dicendo di non credere alle false profezie e poi lui si lancia in una bella invettiva. Perché dovremmo non credere alla prima e credere alla sua ?
Terremoti, pestilenze, guerre ukraine, sanzioni e diritti umani calpestati nel mondo sarebbero la prova che Dio stia arrivando? Troppo comodo.
Gesù sottolinea invece gli effetti si chi prende una posizione a favore della giustizia, a favore dei più deboli, a favore di chi non ha voce, dei feriti e dei non amati e la sua profezia è credibile perché l’ha vissuta sulla sua pelle.
È stato lui ad essere consegnato prima di noi, ad essere tradito, a scoprire intorno a sé persone attirate solo dall’interesse.
Lui ha incarnato le conseguenze della giustizia, per questo traccia il sentiero a tutti quelli che vogliono esserne la sua imitazione.