Libertà, gloriosa libertà. I moti di Stonewall
Testo tratto dal sito della CHA (Comunidad Homosexual Argentina), liberamente tradotto da Ilaria Polloni
I moti di Stonewall furono una serie di violenti conflitti tra agenti della polizia di New York e gruppi da gay, lesbiche e trans. La lenta ma consistente apertura sociale verso l’accettazione -o meglio, comprensione- della diversità sessuale che solo oggi possiamo notare ha certamente origine in una focosa notte estiva del 1969, quando un gruppo di gay, lesbiche, travestiti, drag queen e transgender decise di smettere con il vittimismo e di iniziare a lottare per i suoi diritti.
Anche se tradizionalmente “i moti di Stonewall” sono considerati come la prima protesta di massa di gay e lesbiche in cerca di uguaglianza, la nostra ricerca ha dimostrato che già in precedenza esistevano gruppi omosessuali organizzati in protesta negli Stati Uniti.
Elenchiamone solo alcuni:
– 17 aprile 1965: davanti alle Nazioni Unite e alla Casa Bianca, membri dell’organizzazione Mattachine Society protestano contro le ingiustizie subite dagli omosessuali (gettati in campi di concentramento) da parte del governo cubano di Fidel Castro;
– aprile e maggio 1965: a Filadelfia, la Janus Society protesta contro il padrone di un ristorante che aveva negato il servizio a un gruppo di persone, identificate da lui come omosessuali e lesbiche;
– aprile 1966: la Mattachine Society di New York protesta la chiusura dei locali gay e un provvedimento del governo che prevede la revoca delle licenze di vendita di bibite alcoliche nei bar omosessuali.
Storia
Fino agli anni ’60, la legge imponeva frequenti incursioni in bar e discoteche gay degli Stati Uniti, ma, gradualmente, nelle grandi città cominciavano a diminuire. La maggior parte degli studiosi afferma che la diminuzione di questi attacchi è da attribuire a una serie di azioni legali e alla crescita della resistenza del Movimento Omofilo.
Prima del 1965, la polizia era solita registrare l’identità di tutti i presenti nella retata, e qualche volta dava la notizia ai quotidiani per farla pubblicare. Inoltre, usava qualsiasi giustificazione che conveniva per accostare l’arresto a un atto di indecenza. Tra le immoralità comparivano baci, prendersi per mano, indossare vestiti “del sesso opposto” e, addirittura, il semplice fatto di trovarsi nel locale al momento del blitz.
Nel 1965, l’intervento di due personaggi importanti si rivelò decisivo: a New York, circa nello stesso periodo, il liberale repubblicano John Lindsay fu eletto sindaco con una piattaforma riformatrice, e Dick Leitsch diventò presidente della Mattachine Society, prima organizzazione gay degli U.S.A. Rispetto ai suoi predecessori, Leitsch era più attivista e, inoltre, credeva nelle tecniche di azione diretta dei gruppi che agivano negli anni ’60.
All’inizio del 1966, la politica di amministrazione era cambiata a causa delle denunce fatte dalla Mattachine Society contro la polizia, che perseguitava i gay per le strade accusandoli di “indecenza”. Allora, il commissario di polizia, Howard Leary, dette ai suoi uomini l’ordine di non costringere i gay a infrangere “la legge” e, in caso di arresto di uno di loro, intimò qualsiasi ufficiale ad avere anche un testimone. Questa politica fece sì che le dichiarazioni degli omosessuali fossero meno comuni nella città di New York.
Nello stesso anno, con lo scopo di sfidare la politica dello State Liquor Authority (SLA) attivata nei locali gay e basata sulla revoca della licenza in caso di vendita di bevande a un gruppo di tre o più omosessuali, Leitsch realizzò un “sip in”: riunì in un bar addetti alla stampa e due omosessuali per mettere alla prova la chiusura della SLA; quando il cameriere si rifiutò di servirli, fecero una denuncia.
La domanda è “perché, allora, lo Stonewall Ill fu preso d’assalto se i bar gay erano legali e in aumento?”. John d’Emilio, storico illustre, afferma che la città era nel mezzo di una campagna elettorale e John Lindsay, che stava perdendo, aveva i suoi motivi se chiedeva una pulizia della città, specialmente nei bar. Fu così che lo Stonewall di Sheridan Square divenne un bersaglio facile, perché funzionava senza licenza per i liquori e offriva come intrattenimento “ragazzi poco vestiti”, facendolo apparire come non regolare. Lo Stonewall Inn era frequentato principalmente da ispanici, persone di colore, omosessuali, lesbiche, trans e drag queen.
L’incursione a Stonewall e le conseguenze
Il sabato mattina del 28 giugno 1969, poco dopo le 01.20, la polizia fece irruzione nello Stonewall Inn, bar gay situato nel quartiere di Greenwich Village. Una serie di fattori contraddistinse la retata del 28 giugno da quelle precedenti a Stonewall. Generalmente, prima di un blitz, l’agente della polizia numero sei avvisava il gestore dello Stonewall; le incursioni avvenivano poco dopo la mezzanotte per far sì che il bar riacquisisse il suo ordinario funzionamento nelle prime ore notturne. Circa alle ore 01.20, molto più tardi del solito, otto ufficiali della prima circoscrizione (solo uno era in uniforme) entrarono nel bar. Una volta dentro, annuncirono che avrebbero arrestato le persone senza documenti, con abiti del sesso opposto e alcuni o tutti i membri del personale.
Durante l’incursione, molti clienti cominciarono a reclamare il fatto che bisognava provvedere a far cessare gli abusi della polizia newyorkese sulla comunità omosessuale. Tra le angherie della polizia c’era il cosiddetto “Gay Only”, che consisteva nell’estorcere denaro a proprietari e clienti di locali gay per salvarli dalla retata. Se il locale non voleva pagare, l’incursione era assicurata e prevedeva l’arresto e la sottomissione dei clienti a ogni tipo di umiliazione e abuso.
La polizia entrò nello Stonewall Inn, chiuse le porte e trattenne i clienti dentro al locale finché non avessero deciso sul da farsi. Circa cinque minuti più tardi, la polizia annunciò che avrebbe fatto uscire coloro che avevano un documento di riconoscimento, mentre chi non lo possedeva veniva arrestato con i travestiti. Nel frattempo, girava già la voce che lo Stonewall Ill aveva subito un’incursione e una moltitudine di persone era accalcata davanti al locale.
Ogni volta che i clienti venivano liberati, la folla li applaudiva fuori e gli animi cominciarono a scaldarsi. C’erano più di 400 persone. Quello che scatenò la violenza fu l’arresto di tre travestiti, gettati nella pattuglia della polizia con il gestore e il padrone del locale. Uno dei travestiti scese, un agente lo colpì e lo alzò di nuovo con la forza. Fu in quel momento che la folla iniziò a lamentarsi della brutalità commessa dalla polizia e a insultare gli agenti.
La gente iniziò a lanciare monete nel bel mezzo del “Gay Only” come forma di insulto, e quando finivano, gettavano bottiglie, lattine, pietre e ogni tipo di oggetto. L’ispettore Pine e i suoi uomini si rifugiarono di nuovo nel locale e, una volta entrati, cominciarono a distruggerlo e a colpire fino allo sfinimento il resto dei clienti rimasti all’interno, compreso un cantante eterosessuale. La gente spaccò dall’esterno le finestre del locale per cercare di entrare e affrontare i poliziotti. Qualcuno iniziò a spargere il liquido degli accendini per dare fuoco al bancone che si trovava vicino alla polizia, altri sradicarono parchimetri per usarli come proiettili. Il grido di lotta era: “Gay Power!”.
L’ispettore Pine aveva già in mente di dare l’ordine di sparare contro la folla, quando sentì le sirene dei rinforzi. L’Unità di Operazioni Tattiche (squadrone antirivoluzionario di controllo, formato originariamente per opporsi ai manifestanti contrari alla guerra in Vietnam) entrò e riuscì inizialmente a controllare la massa di gente; tuttavia, al contrario di quello che pensava, la moltitudine cominciò a riorganizzarsi alle spalle degli agenti e li affrontarono lanciando loro ogni tipo di oggetto. La pattuglia della forza tattica si riunì per dividere il mucchio di persone, ma non ce la fece per la grande resistenza dimostrata.
Alla fine, la situazione si stava ristabilendo: nella prima notte furono arrestate tredici persone, e quattro agenti, così come un numero approssimativo di manifestanti, rimasero feriti. In ogni caso, sappiamo che almeno due persone furono colpite brutalmente dalla polizia e che il “megagruppo” stimato in circa 2000 persone aveva lottato contro più di 400 poliziotti.
Cosa hanno lasciato i moti di Stonewall
Le forze che stavano impotenti dinanzi ai moti iniziavano a farsi sentire. L’idea di comunità creata due decenni prima dalle organizzazioni omosessuali creò l’ambiente giusto per la nascita del Movimento di Liberazione Gay, che si formò a New York negli ultimi giorni di luglio, ed entro la fine dell’anno si consolidò anche nelle città e nelle università di tutta la nazione. Organizzazioni simili furono create in tutto il mondo come in Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania, Belgio, Olanda, Australia e Nuova Zelanda.
L’anno successivo e in occasione della commemorazione degli Stonewall Riots, il GLF organizzò una marcia di Greenwich Village a Central Park, alla quale aderirono tra le 5000 e le 10000 persone, uomini e donne. Molte marce dell’orgoglio scelsero il mese di giugno per celebrare la manifestazione. In onore di Stonewall, città come New York, Chicago, Houston, San Francisco, Seattle, Minneapolis e Columbia -come anche Toronto- scelsero l’ultimo giorno di giugno per commemorare i moti.
Tra il 1970 e il 1980, il vero Stonewall Inn rimase chiuso e abbandonato per molti anni. Dopo una prima ristrutturazione, il locale riaprì agli inizi del 1990. Un secondo rinnovamento fu effettuato alla fine degli anni ’90, e il suo nuovo disegno portò tante novità. Il club era molto popolare fino al 2006, quando la gestione perse il contratto di affitto. Il locale riaprì nel febbraio 2007, con una nuova e definitiva versione.
Nel 2006, durante l’anniversario dei moti di Stonewall, l’Islanda approvò una legge che concedeva alle coppie gay gli stessi diritti legali di quelle eterosessuali.
Inoltre, le autorità smisero di vedere la comunità omosessuale come una parte di società emarginata, e si resero conto che era un gruppo solido e unito, dotato di una voce e di un pubblico che lo ascoltava. Le politiche di governo della città di New York, legate agli interventi della polizia nei locali omosessuali, furono riviste e perfezionate per raggiungere un accordo più egualitario.
Anche l’attivismo degli omosessuali ottenne forza a livello mondiale e nacquero altre organizzazioni determinate a lottare a favore dei diritti di gay, lesbiche e trans. Molti di questi nuovi gruppi erano ancora attivi nella lotta per le cause della comunità.
Sicuramente, le rivolte di Stonewall segnarono un momento cruciale in cui gay, lesbiche e trans andarono oltre il “fare outing”. In questo storico evento, uscirono dal lungo silenzio e tirarono fuori la forza e la parola.
Testo originale: Los disturbios de Stonewall