L’incenso al posto della paglia. Perché quest’anno ho preparato una mangiatoia diversa
Riflessioni di Giuseppe M. del Progetto Giovani Cristiani LGBT
Qualche settimana fa ho riletto un libro di don Luigi Maria Epicoco “La stella, il cammino, il bambino”, ripubblicato da poco da Edizioni San Paolo. E sono state le riflessioni di questo giovane sacerdote della diocesi di L’Aquila, ad indurmi a modificare in modo forse fin troppo originale un particolare del Presepe, che anche quest’anno ho allestito nel mio salotto.
Sappiamo che uno dei tre Magi dona a Gesù Bambino incenso.
Sappiamo anche che i doni dei Magi non sono “decorativi”, ovvero non aggiungono nulla al Bambino, ma sono invece “rivelativi” ovvero si tratta di tre modi diversi per spiegare a noi chi è davvero Gesù Cristo. E il dono che mi ha colpito di più, sviscerato nelle pagine del libro di don Luigi, è proprio quello dell’incenso.
Sì, l’incenso… esattamente tutto quel fumo che il più delle volte nelle nostre liturgie, piuttosto che veicolare messaggi, provoca tosse e fughe repentine di tutti i fedeli che sono nelle prime file.
Tuttavia l’incenso rappresenta qualcosa di fondamentale per noi cristiani: la preghiera che sale a Dio, come il fumo dell’incenso sale al cielo. I Magi regalano al Bambino incenso riconoscendo che lui è Dio, è il nostro Padre premuroso e onorandolo pertanto nella sua divinità.
Allora domenica scorsa, ritrovatomi per un attimo da solo nella sacrestia della mia Chiesa, mi sono avvicinato al portaturibolo, ho aperto la navicella e ho “rubato” un po’ di grani di incenso, nascondendoli fino a casa in un fazzolettino nella tasca del pantalone.
Così quest’anno la culla di legno che è pronta ad accogliere Gesù Bambino, al momento non è ricoperta da paglia ma da un tappeto di grani di incenso, di varie dimensioni e inodori. Un particolare direi poco evidente, dato che i miei genitori non se ne sono neppure accorti.
La preghiera che sale al cielo come incenso, affonda le sue radici nei nostri desideri. Noi preghiamo perché desideriamo. Tra tutti i nostri desideri è radice di preghiera ciò che ci compie come persone: il desiderare di essere amati, il desiderare di avere un figlio, il desiderare di avere un motivo per cui vivere, il desiderare di realizzarsi, il desiderare cose grandi per la nostra esistenza.
Mi scuserà Gesù Bambino della scomodità di un letto di pietroline rispetto ad uno di paglia, ma quest’anno avverto il bisogno di ricordare a Gesù i desideri-preghiera della persona nella cui vita ha deciso di nascere anche quest’anno.
Il Dio in cui noi crediamo non è una divinità pagana da non far arrabbiare altrimenti si vendica, ma è Colui con cui noi non solo possiamo metterci faccia a faccia, ma dobbiamo, dobbiamo necessariamente, essere sinceri, entrare in intimità e dire la verità. E la verità è che nei Suoi confronti noi molto spesso proviamo rancore.
Io per esempio vorrei tanto sapere perché Dio mi ha messo nel cuore dei desideri per poi negarmeli nella realtà, o almeno così sembra. Perché pur avendomi creato Lui, sembra che ignori completamente tutto ciò che porto nel cuore, sofferenza compresa.
L’incenso nel mio presepe è il mio personale, forse profano, modo per dire a Dio che sono fondamentalmente arrabbiato e deluso da un’infinità di cose, Lui compreso.
C’è una figura nella Bibbia la cui vita è completamente cambiata il giorno in cui ha offerto a Dio l’incenso: Zaccaria. Un sacerdote che ha vissuto una vita intera col desiderio-preghiera di diventare genitore.
La vecchiaia sua e di sua moglie Elisabetta sembravano aver reso definitiva la loro condanna alla sterilità. Immagino Zaccaria avanti con l’età, drammaticamente rassegnato, che fino a qualche ora prima dell’ingresso nel Tempio pregava dicendo “Signore io accetto tutto ma non comprendo. Non comprendo perché hai messo nel mio cuore il desiderio della paternità, se poi non mi hai permesso di realizzarlo”.
Andava al tempio ma aveva accantonato da tempo i suoi desideri. Un po’ come accade nella nostra partecipazione alla Messa domenicale, quando ci andiamo per abitudine, senza nessuna aspettativa, senza più nessuna preghiera vera.
Eppure la storia di Zaccaria ci insegna che il Signore ascolta anche quelle preghiere che noi non riusciamo più a pronunciare. E quelle che non riusciamo ancora ad esprimere, a tirar fuori dal cuore, con le parole giuste. Per anni magari abbiamo domandato qualcosa ma il Signore non ci ha esaudito… e poi ad un tratto ci ascolta anche se, rassegnati, non chiedevamo più.
A Zaccaria è capitata un’occasione unica nella sua vita: “gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel santuario del Signore per fare l’offerta dell’incenso” (Lc 1,9). Il sacerdote che veniva sorteggiato per l’offerta dell’incenso, non poteva più essere estratto finché tutti gli altri sacerdoti non avessero avuto la stessa possibilità.
Dunque per Zaccaria si tratta di un’occasione tanto irripetibile quanto straordinaria: entrerà in luogo santo riservato ai sacerdoti e allo spuntar del sole verserà l’incenso su carboni dell’altare; poi rimarrà per qualche istante in preghiera. La Bibbia ci racconta che ad un certo punto l’Angelo Gabriele appare all’anziano Zaccaria e gli annuncia che Dio ha ascoltato la sua preghiera, che ha preso sul serio il suo desiderio (Lc, 1, 5-25).
Miracolo!
Ho messo l’incenso nella culla perché sono certo che anche i miei desideri saranno esauditi. Quasi sicuramente non saranno esauditi nel modo che penso io, pertanto anche io vivo e vivrò le mie delusioni, consapevole che Dio delude le mie aspettative per prendere sul serio i miei desideri.
Se il Signore mi ha messo nel cuore il desiderio dell’amore, di amare ed essere amato, per poter rispondere a questo desiderio la prima cosa che cerca di fare in me, è demolire ciò che io mi sono inventato di quel desiderio: il principe azzurro, perché è il frutto della mia fantasia. La persona che mi amerà non sarà mai il corrispettivo di quello che mi sono immaginato.
Affetti stabili, tetto coniugale, stabilità lavorativa, serenità in famiglia: nessuno di questi desideri sarà mai realizzato nel modo che mi sono immaginato io, ma nel modo che ha stabilito Dio. E sarà sicuramente qualcosa di molto più grande di quanto io possa immaginare.
Zaccaria infatti non ha visto realizzarsi semplicemente un desiderio di paternità. È diventato padre di Giovanni Battista, il profeta, nientepopodimeno che colui che preparerà la venuta di Gesù.
Zaccaria non può non restare senza parole; in più non crede all’Angelo e per questo diventa muto. “Basta stai zitto. Non ci credi? Potrai parlare solo davanti all’evidenza dei fatti”, sembra proprio che la storia sia andata così.
Mi piace pensare che quando nella mia vita spirituale vivo i miei momenti di mutismo, forse è perché anche io, come Zaccaria, ho mancato di fiducia nel Signore, insomma di fede e come Zaccaria ho contrapposto ai suoi progetti sulla mia vita, la mia razionalità, i miei ragionamenti, i miei calcoli.
Perché quando la preghiera diventa ragionamento, lì manco di fede, perché sto credendo più a quello che penso nella mia testa che a quello che dice e che fa Lui… sto credendo più ai limiti che circoscrivono i miei desideri e li rendono irrealizzabili, che a Lui.
E allora la preghiera più bella, se siamo più fortunati di Zaccaria e abbiamo ancora la parola, non può essere che “Sia fatta la Tua volontà”, perché di sicuro la volontà di Dio comprende anche la nostra. Il nostro desiderio non contiene quello Dio, è quello di Dio che contiene il nostro.
Se ognuno di noi è nato con uno scopo, con un motivo vero… che nessuno di noi è frutto del caso… se è vero che siamo venuti al mondo in mezzo a miriadi di possibilità perché Lui ci ha pensato da sempre e per sempre… allora esiste un sogno di Dio che ci ingloba, che ingloba la nostra storia e i nostri desideri.
Perché la volontà di Dio non è qualcosa contro di noi, ma è ciò che si accorda maggiormente con quanto desideriamo.
I grani di incenso nel mio Presepe sono l’offerta dei miei desideri a Gesù. Tutte le volte che li vedo lì, adagiati in una culletta di legno, mi ricordano che pregare è lasciarmi mettere in crisi, lasciare che Lui mi tolga tutto quello che mi sono immaginato, con la certezza che la mia preghiera verrà ascoltata.
Lasciare che Lui possa compiere le cose che stabilito per me, perché sono sicuramente molto meglio di quanto io posso desiderare ed immaginare.
Vieni Signore Gesù, quest’anno ti chiedo di prendere contatto, nel vero senso della parola, con i miei desideri mentre io provo a mettere in pratica le parole di Sant’Agostino: “Se tu desideri sempre, tu preghi sempre”.