L’incontro con papa Francesco di quattro donne transgender, un passo verso la guarigione dalle ferite
Articolo di Camillo Barone* pubblicato sul sito di National Catholic Reporter (Stati Uniti) il 26 settembre 2024, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Prima di incontrare papa Giovanni Paolo II, ventiquattro anni fa, Mark Mogilka fu preso dal panico. Mentre saliva i gradini per salutare il Papa, pensava al segreto che non aveva mai condiviso con nessuno, tranne che con sua moglie: essere una persona transgender/bigender.
«Ricordo che ero nel panico più totale, perché sono convinto che il Santo Padre sia una persona piena di Spirito Santo che può vedere i cuori delle persone», ha detto, ricordando quel giorno. «Avevo l’incubo che, quando mi fossi avvicinato a lui per stringergli la mano, lui l’avrebbe ritirata, perché avrebbe visto quello che c’era nel mio cuore, cioè che ero una persona transgender e che non vivevo una vita nella verità e nella pienezza secondo la dottrina cattolica».
A quel punto della sua vita, Mogilka era all’apice dei suoi quarant’anni di esperienza di mandato nella pastorale familiare e parrocchiale per la diocesi di Green Bay, nel Wisconsin (Stati Uniti); per altri nove anni ha svolto attività pastorali in posizioni di vertice nelle diocesi di La Crosse, nel Wisconsin, e di Columbus, nell’Ohio.
Dopo aver trascorso più di dieci anni tra i massimi esperti negli Stati Uniti per la definizione delle linee guida della pastorale cattolica su come ottimizzare la creazione di collegamenti, la fusione, il raggruppamento e la chiusura delle parrocchie, nel 2017 Mogilka ha ricevuto il premio Louis J. Luzbetak, SVD, conferito annualmente dal Centro per la Ricerca Applicata all’Apostolato dell’Università di Georgetown, «per l’esemplare ricerca applicata alla Chiesa e il servizio alla Chiesa».
Ha quindi pensato che fosse il momento giusto per andare in pensione e vivere finalmente come persona transgender/bigender, cosa che aveva mantenuto nascosta per quasi sessant’anni, e identificarsi come Martha Marvel.
Sette anni dopo, Marvel e altre tre donne transgender cattoliche americane hanno incontrato brevemente papa Francesco. Il 18 settembre scorso, ognuna di loro gli ha stretto la mano e ha ricevuto una benedizione, dopo essersi presentate come «quattro donne transgender che hanno sempre vissuto e lavorato nella Chiesa cattolica».
Prima di andare oltre sulla sua sedia a rotelle per incontrare e benedire gli altri partecipanti, Francesco ha detto loro due volte: «Pregate per me». Incontrando il Papa questa volta, Marvel ha detto di essersi sentita «in pace nel il mio rapporto con Dio».
«Il Papa rappresenta Dio, lo Spirito Santo, e mi sono sentita come se fossimo sulla stessa lunghezza d’onda. Non c’era nulla di cui aver paura. È stato meraviglioso», ha dichiarato al National Catholic Reporter.
Marvel, Maureen Rasmussen, Christine Zuba e Lynn Discenza hanno saputo che avrebbero potuto incontrare il Papa a settembre quando hanno partecipato alla August 2024 LGBTQ+ Ministry Outreach Conference. Lì hanno incontrato don Andrea Conocchia, un sacerdote italiano della chiesa della Beata Vergine Immacolata, una parrocchia periferica di Torvaianica, una piccola città fuori Roma. Il sacerdote accompagna regolarmente le sex worker transgender alle udienze pubbliche e ai pranzi con il Papa dal 2020.
All’apice della pandemia di COVID-19 in Italia, un gruppo di donne transessuali chiese aiuto a Conocchia per avere qualcosa da mangiare dopo giorni di digiuno. Conocchia aprì loro le porte della sua parrocchia, ma quando si rese conto di non avere abbastanza risorse per aiutarli, scrisse una lettera al Papa. Poche ore dopo, il Papa gli fece sapere che avrebbe inviato degli aiuti.
Da quel giorno, le sex worker transgender di Torvaianica scrissero lettere di ringraziamento al Papa che mettevano in luce anche le loro sofferenze e le loro storie di vita. In risposta, il Papa le invitò più volte in Vaticano per pranzi e udienze.
Il 6 luglio, Lilli, una sex worker transgender della comunità di Conocchia è stata trovata morta in una pineta vicino alla spiaggia di Torvaianica. Conocchia ha detto che la sua morte ha sconvolto la comunità transgender del luogo. Proprio l’anno scorso, Lilli aveva incontrato il Papa in Vaticano insieme a un gruppo di compagne della sua comunità.
Quando Marvel, Rasmussen, Zuba e Discenza hanno partecipato alla 2024 Outreach Conference, hanno ringraziato Conocchia per il suo lavoro e la sua attività di supporto per la comunità transgender, e lui ha avuto l’idea di invitarle a un’udienza con papa Francesco. All’inizio le donne hanno avuto qualche esitazione, ma poi hanno accettato, pensando che questa opportunità potesse essere un segnale importante per la comunità cattolica LGBTQ+ americana.
Due giorni prima dell’incontro con il Papa, le donne sono andate a trovare Conocchia a Torvaianica, dove hanno incontrato alcune delle sex worker che lui supporta, hanno recitato il rosario nella sua parrocchia e hanno fatto una donazione per sostenere il lavoro pastorale del sacerdote.
Le quattro donne hanno fatto coming out con le loro famiglie e i loro amici come donne transgender a sessant’anni, quando hanno iniziato i loro rispettivi percorsi di affermazione di genere. Sono tutte cattoliche praticanti da sempre e, nelle interviste rilasciate a National Catholic Reporter, hanno dichiarato che le loro identità di persone cattoliche e transgender sono inseparabili. Oggi sono attive nella pastorale LGBTQ+ in Wisconsin, Maryland, New Jersey e Connecticut.
Nonostante i risultati ottenuti nella sua attività pastorale in diverse diocesi, Marvel ha dovuto affrontare un percorso interiore complesso per la scoperta della sua identità. Poiché era cresciuta con tre sorelle, aveva spesso avvertito la tentazione di indossare i loro abiti, ma all’epoca «non aveva il linguaggio o la guida per capire quello che provava», ha detto. Solo all’università ha scoperto il termine cross-dresser, che le ha fatto intuire qualcosa, anche se inizialmente cercava una “cura” per quella che percepiva come una preoccupante ossessione. Marvel, che si descrive come una “stacanovista”, si era allora immersa nel lavoro per evitare di affrontare quello che avvertiva interiormente.
Con il passare del tempo, Marvel ha riconosciuto la necessità di essere onesta nel suo matrimonio. Dopo tredici anni, ha deciso di rivelare la sua identità transgender alla moglie dopo una festa di Halloween in cui si era vestita da donna barbuta. La discussione che ne è seguita è stata impegnativa: sebbene abbia fornito alla moglie una serie di documenti e strumenti per informarsi e capire, le ci sono voluti nove mesi per elaborare la nuova situazione. Durante questo periodo, Marvel si è trovata a dover mantenere un delicato equilibrio tra il vivere come Martha e il mantenere la vita familiare e le attività parrocchiali come Mark.
«Stavo attraversando una grande crisi matrimoniale. Una volta qualcuno mi ha chiesto come ho fatto a sopravvivere così a lungo nell’attività pastorale diocesana e nel lavoro. Lavoravo sessanta ore alla settimana. In parte, questo è dovuto al fatto che avevo ogni anno un momento di discernimento secondo gli Esercizi di Sant’Ignazio, in cui guardavo all’anno precedente e se riuscivo a dire a me stessa che stavo facendo la differenza nella vita delle persone e che stavo migliorando la Chiesa, allora sapevo che Dio era alla base di tutto questo e potevo continuare», ha raccontato.
«È stato un periodo strano e anche oggi non vivo a tempo pieno come Martha», ha continuato. «Vivo una vita da persona bigender, ed è una questione di equilibrio tra la mia energia femminile e la mia energia maschile: se trascorro troppo tempo come Martha, il mio cuore sente il desiderio di passare del tempo come Mark; d’altra parte, se passa troppo tempo in cui Martha non ha potuto esprimersi pienamente, uscire e socializzare con gli altri, avverto un peso sul mio cuore, sul mio spirito».
Da quando è andata in pensione, Marvel ha contribuito a creare reti di sostegno per le persone transgender. Nel 2017 ha fondato il TG/CD 1st Thursday Gathering, un gruppo di sostegno mensile che si tiene al Napalese Lounge di Green Bay. Il gruppo, che conta in media venticinque partecipanti, ha contattato più di trecento persone transgender e offre eventi speciali per coniugi e partner. Inoltre, nel 2022, Marvel ha dato vita alla Bay Area Trans Youth Alliance (BATYA), che offre uno spazio sicuro ai giovani transgender, attirando anche più di venti partecipanti al mese.
La sua attività include anche importanti interventi in pubblico e la partecipazione a programmi educativi. Nel 2023, Marvel ha organizzato il primo ballo di fine anno per gli studenti LGBTQ+ delle scuole superiori dell’area di Green Bay, con ottanta partecipanti. È intervenuta in varie istituzioni, tra cui il St. Norbert College e il Northeast Wisconsin Technical College, su temi legati all’inclusione e al sostegno delle persone LGBTQ+.
Nonostante le sfide che ha dovuto affrontare per conciliare la sua identità di genere con il suo lavoro e la sua vita di persona cattolica, Marvel ha detto che continua a desiderare fortemente un rapporto positivo con la sua fede. Marvel è tutt’ora sposata, ha quattro figli e undici nipoti.
Fin da piccola, anche Maureen Rasmussen ha avvertito una profonda dissonanza tra il suo corpo e la sua mente. «Probabilmente avevo tre o quattro anni, non di più», ha ricordato, descrivendo sogni vividi di essere una ragazza e di frugare di nascosto nel cesto dei vestiti della madre per trovare oggetti da indossare. È stata un’esperienza che l’ha gettata in confusione, soprattutto quando a dieci anni è stata sorpresa con la gonna della sorella nascosta sotto i pantaloni. «Ero terrorizzata. Non sapevo cosa stessi facendo, non sapevo come risolvere quella situazione», ha raccontato.
Il suo percorso professionale l’ha portata a ricoprire una posizione di rilievo nel marketing della General Electric, dopodiché ha acquisito un’azienda di illuminazione nel Maryland, dove, in qualità di ex presidente e amministratore delegato, ricopre ancora il ruolo di consulente strategico.
Mentre la sua vita professionale prosperava, la lotta interiore continuava a pesare su di lei. Il pensiero di acquistare abiti femminili la terrorizzava, così come l’idea di essere scoperta per quello che era veramente.
«Ero spaventata a morte», ha detto.
Alla fine Rasmussen ha sposato una donna nel 1995. La svolta nel rapporto con la moglie avvenne durante la veglia pasquale del 2013, quando Rasmussen tornò a casa e trovò che la moglie non sentiva più le gambe – un segno della neuropatia legata all’alcolismo che aveva iniziato a manifestarsi.
La donna aveva bevuto molto per anni e aveva subito una serie di cadute e di vuoti di memoria, spingendo Rasmussen a tentare diversi interventi terapeutici che alla fine fallirono tutti. Negli anni successivi, la moglie di Rasmussen peggiorò drammaticamente e morì nel luglio del 2024.
Allo stesso tempo, durante quei tragici anni, cominciò a emergere la lotta di Rasmussen contro la sua disforia di genere. In un’intervista a National Catholic Reporter, ha ricordato che all’inizio del 2015, al ritorno da un viaggio di lavoro a Key West, in Florida, la sua vita ha subito una svolta drammatica. Per anni, Rasmussen aveva espresso segretamente la sua vera identità, Maureen, durante i viaggi di lavoro, prendendosi giorni extra per vestirsi secondo la sua identità di genere ed esplorare la sua percezione interiore. Ha iniziato ad avvertire intensi sintomi fisici: dolori insopportabili al petto, notti insonni ed estrema perdita di peso.
Una serie di esami medici non rivelò alcuna causa fisica. In quel periodo, con l’aiuto di un terapeuta, la Rasmussen si rese conto di qualcosa che le avrebbe cambiato la vita: se l’origine della sua sofferenza non era fisica, forse era profondamente legata alla sua disforia di genere repressa.
Durante tutto il suo percorso di affermazione di genere, la sua fede cattolica è rimasta un pilastro centrale. Ha ricordato il sostegno che i sacerdoti le hanno fornito durante la convalescenza dopo gli interventi chirurgici per l’affermazione di genere in un ospedale di San Francisco, in particolare il momento in cui un sacerdote gesuita è venuto nella sua stanza, l’ha benedetta con l’olio santo, ha ascoltato la sua storia e le ha dato la Comunione.
«L’Eucaristia è il centro della mia vita», ha detto. «Ero così in pace con la mia fede e con me stessa, con la persona che ho sempre saputo di essere. C’era una gioia incredibile, e quella luce brilla ancora oggi, un senso di gioia che non credo di aver mai provato prima. Penso che non andrà mai via. È come se ce l’avessi fatta, ho finalmente stabilito un collegamento e Dio è proprio qui con me».
Il 16 settembre, due giorni prima dell’incontro con papa Francesco, dopo aver salutato Conocchia fuori dalla sua parrocchia, Discenza ha sussurrato alla Rasmussen: «Maureen, riesci a credere che sta succedendo davvero?». «Sì», ha risposto Rasmussen, «e mi sembra di essere in paradiso».
Quando Discenza ha incontrato papa Francesco, gli ha regalato un libro contenente una raccolta di storie di vita scritte da cattolici LGBTQ+ e da genitori di persone LGBTQ+ della sua parrocchia, St. Patrick-St. Anthony di Hartford, nel Connecticut. Ingegnere in pensione e attivista per le persone LGBTQ+ da oltre dieci anni, Discenza si è dedicata al sostegno della comunità cattolica queer, istituendo gruppi di mutuo aiuto e intervenendo come relatrice per promuovere la comprensione e l’accettazione della comunità LGBTQ+.
In una lettera personale che le quattro donne hanno scritto tutte insieme e consegnato al Papa tramite Conocchia prima del loro incontro, Discenza ha ripercorso la sua intera vita di credente, raccontando come ha trascorso più di un anno in un seminario agostiniano quando aveva diciannove anni, il suo matrimonio e il successivo divorzio, e il suo percorso di affermazione di genere.
«Credo che Dio mi abbia creato così come sono e che la volontà di Dio per me sia quella di essere me stessa in maniera autentica, di vivere la chiamata a essere la versione migliore di me stessa. Non per nascondere me stessa e i miei doni sotto il moggio. Ma per testimoniare agli altri, specialmente ai cattolici, che come donna transgender sono stata creata a immagine di Dio e amata da Dio per quello che Dio mi ha fatto essere», ha scritto.
Discenza ha raccontato a National Catholic Reporter che nel periodo «più doloroso» della sua vita, ovvero quando la moglie ha divorziato e lei non poteva più ignorare il bisogno di affermare la sua identità di genere, ha avuto pensieri suicidi. Tuttavia, un lungo percorso spirituale intrapreso con la lettura del libro Il Dio crocifisso di Jurgen Moltmann l’ha aiutata a sopravvivere.
«La gente mi chiede sempre: ‘Perché rimani nella Chiesa cattolica?’. La mia coscienza dice che è un bene che io sia vicino a Dio. Non c’è motivo di sottrarsi. Mi considero proprio come i profeti. Sono disposta ad accettare le critiche, e nella comunità LGBTQ+ ne ricevo molte per il fatto di essere nella Chiesa cattolica. In qualche modo, tutto ciò mi sembra giusto e prego di poter continuare a essere me stessa», ha detto.
«Una visita al Papa, e il modo in cui tutto ciò è avvenuto, mi ha convinta di essere sulla strada giusta».
Nella lettera al Papa, Christine Zuba, la quarta donna transgender cattolica del gruppo, ha menzionato l’importanza del ministero di suor Luisa Derouen, una suora delle Missionarie Eucaristiche di San Domenico che negli ultimi venticinque anni ha lavorato per promuovere una maggiore inclusione delle persone transgender nella Chiesa cattolica, riportando molti cattolici transgender alla Chiesa.
Dopo che papa Francesco ha benedetto Zuba, lei gli ha chiesto di autografare il suo recente libro autobiografico, Life, spiegando che lo avrebbe dato a Derouen.
Ha detto a National Catholic Reporter di sentirsi fortunata per essere stata invitata a incontrare il Papa e ha definito l’intera giornata «un’esperienza assolutamente meravigliosa». Ma ha anche espresso una certa delusione per il fatto che nessuno dei partecipanti ha avuto l’opportunità di fare una domanda diretta a papa Francesco. «Penso che cercare di fargli dire anche una piccola cosa positiva sulle persone transgender sarebbe stato un grande passo», ha commentato.
Zuba, ingegnere elettrico in pensione del New Jersey, ha detto che la sua fede è «sbocciata» dopo la sua transizione. Ha detto di sentirsi «rinata» e arricchita spiritualmente, soprattutto quando ascolta messaggi positivi sulle persone LGBTQ+ da parte delle autorità religiose. «La nostra Chiesa è cambiata nel corso della storia: questo è certo, e continuerà a evolversi, forse non a cambiare, ma a evolversi, in meglio», ha detto. «Prego che papa Francesco possa capire che anche noi, come persone transgender, non abbiamo scelta: siamo chi Dio ha voluto che noi siamo».
* Camillo Barone è un giornalista di National Catholic Reporter.
Testo originale: 4 trans Catholic women call meeting pope a step toward healing and inclusion.