L’incontro della famiglia ignaziana (IFTJ) a Washington chiede giustizia per la comunità LGBT
Articolo di Kevin Molloy* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT New Ways Ministry (Stati Uniti) il 22 novembre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Più di duemila studenti, insegnanti e responsabili pastorali provenienti da licei, università e parrocchie gesuite si sono incontrati a Washington (Stati Uniti), dal 16 al 18 Novembre 2019, per l’annuale Seminario sulla Giustizia della Famiglia Ignaziana (IFTJ), in cui la giustizia verso la comunità LGBTQ ha svolto il ruolo da protagonista.
Gli studenti Emma Menchaca-Chavez e Regi Worles, che insieme presiederanno il Seminario Queer Ignaziano all’Università Regis di Denver, hanno dichiarato, durante una sessione plenaria dell’IFTJ, che parte della giustizia consiste nel considerare l’altro nella sua pienezza, e nell’amarlo come tale. È un’idea radicale, hanno affermato, perché viviamo in un mondo che insegna alle persone queer di farsi piccole, e di non richiedere né visibilità né amore. Per contrastare questo disprezzo da parte della società, i due studenti affermano la necessità di un amore nuovo e olistico, che sappia veramente costruire una comunità intersezionale ricca di senso.
Per questo padre James Martin SJ ha raccontato, di fronte a centinaia di partecipanti, il suo personale cammino dedicato a costruire relazioni con le persone LGBTQ, e ha descritto come anche la Chiesa potrebbe tessere relazioni significative con i suoi fedeli LGBTQ.
Padre Martin ha ricordato che le persone LGBTQ cattoliche sono membri a pieno titolo della Chiesa, che sono state create da Dio in modo stupendo e dotate di doni e talenti con i quali contribuiscono al Corpo di Cristo. Pur venendo trattati spesso come lebbrosi dalla Chiesa, le persone LGBTQ cattoliche anelano a conoscere Dio, come qualsiasi altro cristiano. Dio ama le persone LGBTQ, perciò dovrebbe amarle anche la Chiesa.
L’amore che la Chiesa dovrebbe condividere con la comunità queer è l’amore olistico di cui parlano Emma Menchaca-Chavez e Regi Worles: non un amore tollerante e superficiale, bensì un amore che imiti l’amore e la cura mostrati da Gesù per gli emarginati. È un amore che valorizza le persone queer, che soffre quando loro soffrono, che sta dalla loro parte, in quanto membri della medesima famiglia.
Padre Martin ha chiuso il suo intervento invocando la Chiesa pro-vita: “Io sono pro-vita, e invito voi ad essere pro-vita oltre i confini, vale a dire essere pro-vita anche per i vostri fratelli e sorelle LGBT, perché è la stessa cosa che farebbe Gesù. Se non cercate di essere come Gesù, che siete cristiani a fare?”.
Due i laboratori che hanno sviluppato le tematiche LGBTQ nell’ambito dell’educazione.
Suor Jeannine Gramick e Robert Shine di New Ways Ministry hanno condotto un laboratorio per fornire al personale scolastico degli istituti e università cattoliche strumenti adeguati per trattare con studenti, professori e colleghi LGBTQ.
Suore Jeannine ha ribadito come le regole di giustizia verso le persone LGBTQ siano in linea con la dottrina cattolica; purtroppo, molto spesso si valutano tali regole sulla base dell’etica sessuale cattolica, ma questo punto di vista non è completo: sono i fondamenti della dottrina cattolica riguardo la dignità umana, l’uguaglianza e il bene comune che dovrebbero guidare le decisioni delle nostre istituzioni.
Jack Raslowsky, preside del liceo Xavier di New York, ha guidato una discussione sull’accoglienza nelle scuole superiori assieme ad alcuni studenti, che hanno parlato delle realtà scolastiche da cui provengono. Alcuni di essi, tra cui quelli del liceo Xavier, frequentano scuole molto inclusive, che hanno al loro interno alleanze omo-etero e altri tipi di sostegno. Altre scuole cattoliche, invece, sono piuttosto restrittive e osservano una cultura del silenzio sulle tematiche LGBTQ. Alla fine del laboratorio, Raslowsky ha sottolineato l’importanza di agire subito, anche se a piccoli passi.
Se una scuola adotta un regolamento rispettoso della dignità umana di ciascuno e del bene comune, allora è in grado di insegnare che la discriminazione è incompatibile con la dottrina cattolica. Nello stendere regolamenti che abbiano come base i fondamenti della dottrina di cui sopra, noi possiamo, alla stregua di Gesù, far rivivere nella pienezza un’intera comunità di persone che sono state “spezzate dalla violenza e dall’odio”, secondo le parole di Menchaca-Chavez e Worles.
Come tutti questi relatori, e altri ancora, hanno fatto notare, per i nostri giovani l’inclusione delle persone LGBTQ è un dato di fatto. È apparso ovvio, a questo seminario, che i nostri giovani non stanno lottando semplicemente per essere inclusi loro soli nella Chiesa. Per loro è scontata l’inclusione dei loro fratelli e sorelle LGBTQ. Per loro è scontata la pienezza di senso della loro famiglia queer. I nostri giovani sono affamati di giustizia per la loro famiglia LGBTQ. Non è certo una questione singola e isolata, bensì una componente inseparabile di quella giustizia integrale che la famiglia ignaziana ha ereditato da Gesù, dai suoi fondatori e dai suoi martiri.
Noi, la Chiesa, già stiamo cominciando a vedere le azioni profetiche dei nostri giovani, li stiamo vedendo mettere in discussione il modo in cui trattiamo le persone LGBTQ e tutti gli emarginati. Tutti gli altri dovranno decidere se seguire e amare ogni persona “in maniera piena e olistica”, come farebbe Gesù, oppure rifiutare la speranza radicale che offrono (e quindi, quella di Gesù), e continuare, a loro rischio e pericolo, a cancellare, zittire, rendere invisibili ed escludere le persone LGBTQ.
* Kevin Molloy svolge dal 2013 il suo ministero tra i giovani e gli studenti universitari. È laureato in Studi Religiosi presso il College of the Holy Cross nel Massachusetts, e in Teologia Sistematica presso l’Union Theological Seminary di New York. Kevin, inoltre, studia e insegna teologia della liberazione, con una particolare attenzione verso la liberazione LGBT e le teologie queer.
Testo originale: Ignatian Family Demands Justice for LGBTQ Community at #IFTJ19