L’incontro negli Stati Uniti sulla pastorale cattolica LGBTQ sottolinea i passi in avanti e le prossime sfide
Articolo di Camillo Barone* pubblicato sul sito di National Catholic Reporter (USA) il 5 agosto 2024, liberamente tradotto da Luigi e Valeria de La Tenda di Gionata
Subito dopo la messa di apertura del Convegno della Pastorale Cattolica LGBTQ Outreach 2024, celebrata nella cappella della Georgetown University dal cardinale di Washington Wilton Gregory, Christine Zuba è corsa emozionata a salutare e abbracciare don Andrea Conocchia. Il sacerdote italiano che ha portato più volte un gruppo di donne sex workers transgender a far visita a papa Francesco in Vaticano e con cui il pontefice ha instaurato un’amicizia e una corrispondenza epistolare.
Zuba, una donna transgender cattolica del New Jersey, ingegnere elettrico in pensione, ha incontrato Conocchia un anno fa al convegno di Outreach del 2023 e si è tenuta in contatto con lui tramite Facebook. Mentre il resto dei partecipanti alla conferenza lasciava la cappella per recarsi alle rispettive sessioni, Zuba è rimasta a parlare e a scattare foto con Conocchia davanti all’altare.
All’improvviso, il sacerdote ha proposto qualcosa che Zuba non si sarebbe mai aspettata.
«Perché non vieni anche tu dal Papa la prossima volta che andrò da lui?», le ha chiesto.
Il convegno di Outreach 2024, svoltosi dal 2 al 4 agosto, ha riunito più di quattrocento laici cattolici LGBTQ, ordinati, studiosi, artisti, educatori, studenti e familiari provenienti da tutti gli Stati Uniti e dall’estero per più di dieci sessioni, momenti di preghiera e spiritualità e occasioni di socializzazione.
Per la prima volta da quando sono iniziati gli incontri annuali di Outreach, nel 2022, quest’anno un cardinale ha celebrato una messa per i partecipanti. In una lettera al fondatore di Outreach, il gesuita p. James Martin, papa Francesco si è detto «lieto» della partecipazione di Gregory al convegno, aggiungendo che si unirà a lui nella preghiera.
«La presenza e i bisogni pastorali delle nostre sorelle e dei nostri fratelli LGBTQ possono spesso essere considerati come argomenti non rilevanti, ma devono essere affrontati con sincerità e profonda partecipazione», ha detto Gregory nell’omelia del 3 agosto. «Prego che questo incontro porti avanti questo obiettivo e ci renda una Chiesa e una nazione più forte, più santa e più accogliente».
Venerdì sera, 2 agosto, Zuba è salita sull’altare della Holy Trinity Catholic Church di Georgetown, gremita, durante la preghiera serale del convegno, dove tra canti e riflessioni spirituali ha raccontato la storia della sua transizione.
«Anche se sono stata cattolica per tutta la vita, credo che il mio cammino di fede si sia rivitalizzato con la mia transizione. Quando sono andata a confessarmi per dire al sacerdote che ero transgender, sapevo che solo il mio aspetto esteriore era cambiato. Tutto il resto – il mio cuore, la mia mente, la mia anima, la mia fede – non era cambiato», ha detto.
Al termine del suo discorso, nella chiesa si è levato un fragoroso applauso, seguito poi dal silenzio della preghiera.
In un’intervista rilasciata a National Catholic Reporter, Zuba ha dichiarato che condividere la sua storia sull’altare di una chiesa l’ha fatta sentire «benedetta», ed ha aggiunto che dopo aver fondato un piccolo gruppo di pastorale LGBTQ presso la parrocchia di Sts. Peter and Paul a Turnersville, nel New Jersey, la sua vita ha trovato un significato profondo alla luce della fede. Quando le è stato chiesto cosa ne pensasse della proposta di incontrare papa Francesco grazie all’invito di don Andrea Conocchia, ha pianto.
«Mi commuovo al pensiero che papa Francesco ci possa fare una o due domande sulla nostra vita, e che in questo modo possa capire meglio che siamo figli di Dio», ha detto.
Anche p. Christian Matson, un monaco diocesano transgender di Lexington, Kentucky – la prima persona apertamente transgender nella sua posizione nella Chiesa cattolica – è tornato quest’anno al convegno di Outreach. Negli ultimi due anni, Matson ha emesso la sua prima professione nell’ordine religioso e successivamente l’ha rinnovata come eremita diocesano, con la piena conoscenza della sua condizione, il consenso e il sostegno del vescovo John Stowe di Lexington, Kentucky.
Durante questo periodo, Matson si è messo in contatto con altri uomini transgender interessati come lui a perseguire la vita consacrata e religiosa.
Quest’anno cinque giovani transgender lo hanno accompagnato al convegno di Outreach, dove hanno anche svolto un incontro privato. Matson ha partecipato al convegno con l’intento di sostenere queste persone, di aiutarle a entrare in contatto con la comunità più ampia e di imparare lui stesso a servire meglio la comunità, ha detto a National Catholic Reporter.
Ha aggiunto che la tavola rotonda sui cattolici transgender, moderata dalla giornalista di National Catholic Reporter Katie Collins Scott, è stata particolarmente illuminante per lui, in quanto ha sottolineato l’urgenza di completare il suo prossimo libro, che offre delle considerazioni teologiche per supportare l’inclusione delle persone transgender nella vita consacrata.
Contrariamente alle speranze di Matson, tuttavia, alcuni dei ragazzi transgender che hanno intenzione di aderire alla vita religiosa sono già stati rifiutati da vescovi, conventi e monasteri dopo il loro coming out come persone transgender, anche se sono “perfetti” nella loro vocazione, secondo molti direttori spirituali che hanno parlato con loro.
«Vogliono solo servire la Chiesa. Vogliono solo essere riconosciuti per il loro amore», ha dichiarato Matson a National Catholic Reporter. «Sono persone straordinarie che dovrebbero essere assolutamente ammesse nelle comunità religiose. Sono candidati eccellenti. L’unica ragione per cui non vengono ammessi è il loro percorso medico di affermazione di genere, il loro status di persone transgender».
Craig Ford Jr., ricercatore di teologia e studi religiosi presso il St. Norbert College di De Pere, Wisconsin, ha partecipato alla tavola rotonda su I cattolici transgender e la Chiesa. Ha detto che una domanda ricorrente che ha ricevuto dai partecipanti al convegno è stata: «Come si possono rendere le istituzioni della Chiesa più accoglienti per le persone trans e non binarie?».
Questa domanda, secondo lui, riflette il fatto che queste persone «vogliono un posto in cui le persone trans e non binarie possano sentirsi a casa, e che vogliono realizzarlo all’interno dei confini dell’istituzione cattolica».
La resilienza della comunità cattolica LGBTQ nonostante il rifiuto della Chiesa istituzionale è stato un tema ricorrente nella maggior parte delle sessioni del convegno di Outreach.
«La componente conservatrice della Chiesa degli USA e i vescovi cattolici statunitensi hanno una posizione ben definita su questo argomento, ma la maggior parte della gente nei banchi delle chiese è con noi. Sostengono le persone LGBTQ, sostengono il nostro accesso ai sacramenti», ha detto Meli Barber, presidente di DignityUSA, un’importante organizzazione cattolica LGBTQ fondata nel 1969.
Nel corso della tavola rotonda Le donne cattoliche LGBTQ e la Chiesa, Barber ha condiviso la sua storia di cattolica LGBTQ che è stata costretta a lasciare la sua carriera di educatrice religiosa e di incaricata della pastorale giovanile per poter sposare la sua partner.
«Ho deciso di rimanere nella Chiesa cattolica perché è il luogo da cui provengo e a cui appartengo», ha detto a National Catholic Reporter. «Sono qui. Sono queer. E ne ho pieno diritto in forza del mio battesimo, quindi non vado da nessuna parte».
Secondo un altro partecipante al convegno, Justin Telthorst, trentadue anni, cattolico gay di Denver, molte persone LGBTQ sono scomparse dalla Chiesa perché gli è stato fatto credere di non essere ben accette, o sono state proprio espulse o si sono suicidate. Per questo motivo, Telthorst ha lanciato una nuova iniziativa online chiamata Empty Chairs (Sedie vuote), un progetto ideato per promuovere un atteggiamento pastorale più inclusivo per la comunità queer e per costruire un ponte tra la dottrina ufficiale della Chiesa su genere e sessualità e le esigenze dei suoi membri queer.
Telthorst, che è un sopravvissuto alle terapie di conversione, ha dichiarato a National Catholic Reporter che ancora oggi le sfide più grandi nel suo lavoro e nella sua vita di cattolico gay sono le convinzioni preconcette e i pregiudizi che il resto della comunità cattolica ha su di lui e sulle sue intenzioni.
«Cerco di affrontare l’argomento con delicatezza e attenzione, ma internet non è sempre il posto migliore per le sfumature», ha detto. «È difficile quando la gente mi accusa di voler cambiare la Chiesa o corrompere le persone. È difficile quando le persone danno per scontato le peggiori intenzioni, mentre io voglio davvero costruire ponti. Voglio davvero favorire la comunicazione».
Ivan Briggiler, fondatore della pastorale LGBTQ presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a New York, è stato uno dei pochi invitati a parlare in due diverse sessioni: Pastorale LGBTQ nelle parrocchie e Genitorialità dei bambini LGBTQ. Quando il figlio di Briggiler ha fatto coming out come gay, Briggiler ha inizialmente elaborato la notizia interiormente, cercando di fare un discernimento su come Dio avrebbe voluto che affrontasse la situazione, ha dichiarato a National Catholic Reporter.
Col tempo, però, la sua ricerca di senso e di comprensione, nata come un percorso personale, è diventata un itinerario radicato nella comunità. Briggiler ha deciso di affrontare la questione all’interno della sua parrocchia, quella di Sant’Ignazio, una comunità aperta e accogliente. Si è rivolto al parroco e ha chiesto perché non ci fosse una pastorale LGBTQ nella chiesa.
Il suo coinvolgimento è diventato ancora più importante dopo aver partecipato a un evento a Baltimora nel 2016, dove p. Martin ha ricevuto un premio dal New Ways Ministry. Durante il viaggio di ritorno in auto a New York, padre Martin, Briggiler e suo figlio hanno discusso su come continuare i loro sforzi, decidendo infine di avviare una attività di pastorale LGBTQ a Sant’Ignazio.
Otto anni dopo, al convegno di Outreach 2024, Briggiler ha dato consigli a genitori, sostenitori e sacerdoti su come accogliere i propri figli così come sono e su come fare in modo che non si sentano soli nelle loro parrocchie, evitando così che abbandonino la Chiesa per sempre.
«I miei figli non sono i miei figli. I miei figli sono prima di tutto una creazione di Dio», ha detto. «Il mio consiglio a tutti i genitori che sperimentano la difficoltà di accettare i loro figli LGBTQ è di cogliere questa situazione come un’opportunità per riflettere sulla loro fede e per rafforzare il loro contatto con Dio. Egli li sta benedicendo attraverso i loro figli LGBTQ».
*Camillo Barone è un giornalista dello staff di National Catholic Reporter.
Testo originario: Outreach conference underscores progress and challenges for LGBTQ Catholics