L’inferno dei credenti. Ma la casa di Dio non è una casa di paura
Riflessioni bibliche* del pastore A. Stephen Van Kuiken pubblicate sul sito della Lake Street Church di Evanston (Stati Uniti) il 19 ottobre 2014, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
“Molti di noi non credono nell’inferno, nel fuoco eterno o nel diavolo […] In effetti penso che l’idea dell’inferno sia moralmente ripugnante, perché fa della paura la base della fede.” (Rita Nakashima Brock)
Il testimone antico: Luca 12:4-5; 4:16-20a
… Halloween mi ricorda un fatto accadutomi alcuni anni fa: una donna mi telefonò, il disagio impresso nella sua voce. Mi disse di essere scossa e che non sapeva chi chiamare. Stava ascoltando una radio cristiana quando sentì la pubblicità di una cosa chiamata “Casa dell’Inferno”, un’iniziativa della Chiesa di Dio di Kings Point, congregazione conservatrice che ha sede a nord di Cincinnati. Ora, dovete sapere che Halloween è una festività che molti cristiani conservatori considerano repellente: si sentono offesi dalla giocosa sarabanda di streghe, mostri, fantasmi e spiriti. Spesso cercano di cristianizzare Halloween e la Casa dell’Inferno è uno di questi tentativi. La donna, che si presentò come un’evangelica conservatrice, disse che la pubblicità parlava di una scena ambientata all’inferno: il funerale di un gay morto di AIDS. Era rimasta così offesa da questa grettezza che chiamò la stazione radio per protestare. Poi chiamò la mia chiesa perché aveva ancora bisogno di parlare, così parlammo.
Poco dopo lessi un articolo in cui il pastore della chiesa di cui sopra prendeva le difese della Casa dell’Inferno, dicendo che essa, con le sue illustrazioni, non faceva che rappresentare gli effetti del peccato: “Non sto dicendo che tutti gli omosessuali con l’AIDS andranno all’inferno” diceva il pastore, ma solo quelli “che non si pentono dei loro peccati”. (Ah be’, questo sì che mi fa sentire meglio!) Altre scene raffiguravano una giovane donna che aveva abortito, un adolescente che si era suicidato (riuscite a immaginare cosa possono pensare i genitori dei ragazzi suicidi?) e un festino con tanto di overdose. Mi sembrava che questa congregazione, impedendo ai suoi bambini di indossare maschere di Frankenstein e costumi di Dracula, avesse mascherato Dio da mostro. Non c’è da sorprendersi, pensai, che la gente rifiuti il cristianesimo.
Ma la Chiesa, amici e amiche, nella storia ha fatto spesso cose del genere. Con i suoi insegnamenti sull’inferno, la Chiesa ha rovesciato gli insegnamenti di Gesù e ha trasformato il Dio d’amore in un Dio di crudeltà e le anime gentili che hanno messo in discussione questo cupo ritratto di Dio furono gettate nelle “tenebre di fuori”. Per esempio, il Sinodo di Costantinopoli (543) condannò Origene, uno dei “padri” della Chiesa primitiva, trecento anni dopo la sua morte perché negava l’eternità della punizione infernale. Venne scagliato all’inferno perché non credeva nell’inferno! Uno dei più influenti tra i padri della Chiesa, Agostino, portò la dottrina della dannazione ad altezze vertiginose: scrisse infatti che “la maggioranza degli uomini non sarà tra i salvati” ma sarà destinata alla dannazione eterna. Persino i bambini non battezzati devono subire le fiamme dell’inferno, “anche se in modo meno doloroso di chi ha un carico di peccati personali”. Uno dei suoi oppositori più intelligenti fu il vescovo Giuliano di Eclano, che definì il Dio di Agostino un “persecutore di neonati, che getta bambinetti nelle fiamme eterne”. Fu tuttavia Giuliano ad essere dichiarato eretico.
Questa dottrina ha avuto conseguenze orribili nella Chiesa. Quando un feto rischiava di morire prima di nascere, secondo la Chiesa la madre avrebbe dovuto mettere a rischio la propria vita e venire aperta, in modo che il bambino potesse essere subito battezzato: “L’idea era quella di togliere il feto dalle mani infernali di Dio per porlo nelle Sue mani paradisiache” scrive la teologa Uta Ranke-Heinmann, che aggiunge: “Tuttavia, dal XII secolo circa, certi teologi hanno costruito un inferno speciale per i bambini non battezzati. Secondo loro, Dio non li condannava alle basse regioni dell’inferno ma li relegava in una sorta di periferia, generalmente nota come ‘limbo’”.
Forse è una coincidenza che questa dottrina della dannazione eterna costituisse un forte mezzo di controllo sociale per chi era interessato a mantenere lo status quo. Perché preoccuparsi di riformare la società quando esistono la ricompensa eterna in paradiso e l’eterna punizione infernale? Perché lavorare per la libertà e la giustizia quando un giorno suonerai l’arpa sulle nuvole? E così, fin dall’inizio, la Chiesa ritenne questa dottrina utile per far rigare dritto la marmaglia e la comunità cristiana primitiva cominciò a trasformare lo stesso Gesù in un predicatore del fuoco infernale. Nel primo testo di quest’oggi, Gesù dice: “Temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui” (Luca 12:5). È Matteo, più degli altri evangelisti, a porre queste minacce in bocca a Gesù. Questo falso ritratto di Gesù ha allontanato molti dal suo autentico messaggio. Una di queste persone, il filosofo Bertrand Russell, ha scritto: “Secondo il mio giudizio c’è un solo vero difetto nel carattere morale di Cristo, ovvero che credeva nell’inferno. Non credo proprio che una persona che sia realmente, profondamente umana possa credere nella punizione eterna […] La dottrina secondo la quale il fuoco infernale è la punizione per il peccato è una dottrina crudele”. Tuttavia, questo passo in cui insolitamente Gesù dice di temere Colui che “ha il potere di gettare nella Geenna” è seguito da altri versetti, probabilmente provenienti da un’altra fonte, che dicono “non temete” e pongono l’accento sulla tenerezza di Dio.
Da dove viene l’idea dell’inferno come punizione eterna dei peccatori? Be’, questo concetto non si trova nelle Scritture Ebraiche. Nella visione antica il mondo era composto da tre livelli: la terra era piatta ed era posta immediatamente al di sotto del cielo o firmamento, da cui le stelle e la luna pendevano come da un soffitto. Il terzo livello era collocato sotto la terra: era l’oltretomba, che in ebraico si chiamava “sheol” (“Ade” in greco). Lo sheol non era un regno malvagio, né un luogo di punizione per alcune persone: era il reame silenzioso destinato a tutti i morti, senza eccezione. Solo molto tempo dopo sarebbe stato trasformato in una casa degli orrori: per gli Ebrei era semplicemente il luogo dove i morti risiedevano e riposavano in eterno.
Nel II secolo a.C. le caratteristiche dello sheol cominciarono a cambiare. Durante le guerre maccabaiche per l’indipendenza degli Ebrei dall’oppressiva occupazione romana, venne concepito per la prima volta il paradiso per i martiri coraggiosi che erano morti combattendo e il reame dei morti venne degradato a luogo per le persone comuni. Ci volle poco perché questa divisione geografica divenisse una divisione morale tra i buoni e i cattivi, il che portò a concepire lo sheol come un luogo di sosta, una specie di sala d’attesa, che ora aveva due sezioni: un luogo gradevole per i buoni e i giusti, per le persone senza Dio, invece, un luogo temporaneo di punizione in attesa del giudizio finale, quando la punizione sarebbe diventata eterna. Questa era la concezione prevalente all’epoca di Gesù, che si riflette nella parabola del ricco epulone, che va nell’ade proprio come Lazzaro, ma in un’altra sezione. Attorno al 130 a.C. comparve un secondo luogo accanto allo sheol, la valle della Geenna, secondo la trasposizione greca. Questa famigerata valle a sud di Gerusalemme era nota anche come la Valle del Fuoco, nome ricevuto a causa dei sacrifici di bambini offerti al dio Moloch. La valletta divenne poi una discarica in cui i cadaveri insepolti venivano cremati e il fuoco vi ardeva in continuazione. Così, nel Nuovo Testamento, lo sheol e la Geenna convivono fianco a fianco: il primo era un luogo di transizione, la Geenna invece divenne l’Inferno, il luogo definitivo di punizione per i malvagi. Con il tempo la Geenna prese il posto dello sheol e l’inferno divenne l’oscuro e crudele regno dei morti.
Ovviamente nessuno di noi oggi crede veramente nell’inferno come vi credevano gli antichi, come luogo fisico sotto la terra piatta, e poi cosa c’entra Gesù con questa visione del mondo? Il secondo passo lucano di oggi è in forte contrasto con il primo: “Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia”. Al tempo di Gesù la celebrazione sinagogale era divisa in due parti: prima veniva la lettura delle Scritture, durante la quale si stava in piedi, e poi il sermone, che si ascoltava seduti. Ora, la lettura tratta dai Profeti non era prescritta, a differenza di quella tratta dal Pentateuco; questo vuol dire che Gesù stesso scelse il testo da leggere. Scelse questo passo: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Ora, vorrei farvi notare come Gesù si fermi a metà della frase tratta da Isaia, che continua così: “un giorno di vendetta per il nostro Dio” (Isaia 61:2): Gesù ha omesso la frase che minaccia la punizione! Poi Luca dice che “tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca”: la grazia al posto della punizione e della vendetta! Gesù aveva una relazione molto complicata con la sua tradizione: penso che dovremmo averla anche noi.
In un’altra scena, di nuovo Gesù omette delle frasi che parlano di vendetta e retribuzione: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me” (Matteo 11:2-6; Luca 7:22-23) Di nuovo Gesù cita Isaia (29:18-19; 35:3-4) e di nuovo omette le parole di vendetta “Perché il tiranno non sarà più, sparirà il beffardo, saranno eliminati quanti tramano iniquità” (Isaia 29:20) e “Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta” (Isaia 35:4). Quello che voglio dimostrare è che Gesù non predicava il fuoco infernale. Gesù esponeva il messaggio dell’amore di Dio con parole di grazia e quello che voleva era spezzare il legame tra Dio e violenza presente nella sua tradizione. Per questo trovo che le parole di John Murray, fondatore del movimento universalista nel XVIII secolo, contengano molto dello spirito di Gesù:
“Uscite per le strade principali e per i sentieri
date alla gente un assaggio della vostra nuova visione…
Non date loro l’inferno, bensì speranza e coraggio;
predicate la gentilezza e l’eterno amore di Dio.”
Mi trovo d’accordo con la teologa Rita Nakashima Brock, che ha scritto: “Molti di noi non credono nell’inferno, nel fuoco eterno o nel diavolo […] In effetti penso che l’idea dell’inferno sia moralmente ripugnante perché fa della paura la base della fede”. Sono convinto che Dio non ci vuole motivare con la paura. Nel mio cuore risuonano le parole del testimone antico che ha scritto “Dio è amore” e “L’amore perfetto caccia la paura”. Nessuno diventa più santo grazie alla paura. Non riesco a conciliare l’inferno con la mia personale esperienza di un Dio che è solo amore. La scorsa primavera vi dissi che non credo nel paradiso, perlomeno nella visione tradizionale della continuazione della mia coscienza individuale. Quando questo viaggio terreno sarà giunto al termine sento che ci sarà qualcosa, ma altro non so dire. Si potrebbe dire che sono agnostico per quanto riguarda l’aldilà, ma oggi voglio dire con la massima chiarezza che, qualsiasi cosa ci sia al di là, non ha niente a che vedere con la paura o l’inferno, anzi, ha tutto a che vedere con l’amore.
Alla fine, su tali questioni ognuno e ognuna fa le sue scelte. Ogni generazione e ogni persona deve cercare, scoprire e utilizzare le proprie parole per descrivere cosa vuol dire sperimentare e seguire Dio. Nella nostra congregazione abbiamo la libertà di fare proprio questo e siamo incoraggiati a farlo. Sono veramente grato di questo. Come dice la famosa frase: “Cosa farebbe Gesù?”. Chiuderebbe un occhio davanti alla Casa dell’Inferno? Assolutamente no! Quello non è il Dio di Gesù. La casa di Dio non è una casa di paura ma di pace, non una casa di tormenti ma di guarigione e pienezza. L’inferno come punizione di Dio non esiste, non può coesistere con l’amore di Dio per come lo vediamo in Gesù.
Ovviamente ogni azione ha delle conseguenze. Il male ha i suoi effetti negativi. Le cose che facciamo o non facciamo possono ferire noi stessi e gli altri. Ha un senso reale dire che, quando ci stacchiamo dalla saggezza di Dio, viviamo nel “paese dei morti”. Possiamo e dobbiamo parlare dell’inferno solo metaforicamente. Una volta ho sentito William Sloane Coffin parlare del Giudizio universale di Michelangelo, dove un uomo viene trascinato all’inferno dai demoni: “Si copre un occhio con una mano e con l’altra gira attorno lo sguardo terrorizzato. Ha capito, ma è troppo tardi. È una storia famigliare, vero? Raramente vediamo la verità che sta davanti a noi, fino a che non ci colpisce in faccia […] Michelangelo aveva ragione: l’inferno è la verità di cui ci si accorge troppo tardi”.
L’espressione “pianto e stridore di denti” potrebbe descrivere l’angoscia che si prova quando capiamo che le cose avrebbero potuto andare diversamente. Nelle parole del poeta:
“Di tutte le parole tristi che escono dalla bocca o dalla penna
le più tristi sono: ‘Avrebbe potuto essere!’” (Witthier)
Ma amici e amiche, questo tipo di inferno non corrisponde al disegno di Dio. Questo tipo di inferno non è una punizione da parte di Dio. Spesso è il risultato delle azioni umane o del fato, ma non della volontà di Dio. Questo tipo di inferno non è eterno. Questo tipo di inferno non costituisce mai l’ultima parola. Le ultime parole, le parole eterne, sono sempre parole di grazia e amore.
La chiamata all’impegno: Rumi
Là, oltre le idee del bene e del peccato
c’è un campo. Lì ti incontrerò.
Quando l’anima si stende in quel prato
il mondo è troppo ricco perché se ne possa parlare.
Le idee, la lingua, persino la parola ‘reciproco’ non hanno alcun senso.
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
Testo originale (PDF): Hell?