L’inferno della mia terapia riparativa. Ecco come ne sono uscito
Testimonianza di James Guay* pubblicata sul sito del Time (USA) il 25 luglio 2014, liberamente tradotta da Laura Checconi
E’ stato un processo doloroso, ma mi sono anche sentito libero quando mi sono reso conto che avevo fatto del mio meglio per cambiare, prima di riconoscere che non era possibile.
“Andrò mai in paradiso, anche se sono gay?”. Questa domanda mi ha ossessionato mentre crescevo. Il mio ricordo d’infanzia più determinante è quello di aver “accettato Dio nel mio cuore” quando avevo quattro anni. Sapevo davvero quello che voleva dire – oppure cercavo solo l’amore dei miei genitori?
Sono cresciuto in una famiglia molto rigida di cristiani fondamentalisti a Los Angeles, dove l’omosessualità era un “abominio contro Dio, degno della dannazione eterna all’inferno”. In chiesa, a scuola e a casa si accennava raramente all’argomento e, se proprio se ne parlava, l’essere gay era descritto con disprezzo come il peccato peggiore – paragonabile all’omicidio, allo stupro e alle molestie sui bambini.
Non volevo provare il dolore della condanna eterna all’inferno. Non volevo essere disprezzato da tutti quelli che vivevano intorno a me. Così, quando avevo 16 anni, andavo ogni settimana a degli incontri con uno psicologo “ex gay” e cristiano che ha cercato di cambiare il mio orientamento sessuale.
La pratica dannosa degli sforzi per cambiare il proprio orientamento sessuale – conosciuta anche come “terapia” di conversione, riparativa o di riorientamento sessuale – comporta dei tentativi da parte di un terapeuta di modificare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di persone gay, lesbicche, bisessuali, transgender o queer (LGBTQ). Nell’autunno del 2012, la California è stato il primo stato a proibire ai medici che si occupano di salute mentale l’uso di tale pratica sui minori; anch’io ho testimoniato in favore della nuova legislazione. Ho pianto quando ho sentito la notizia che la proposta era diventata legge. E ho festeggiato quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha recentemente negato un ricorso da parte di gruppi anti-gay che cercavano di rovesciare il bando.
Avevo 9 anni quando mi sono reso conto delle mie attrazioni per persone dello stesso sesso. Pregare Dio ogni notte e supplicarlo di liberarmi dai miei sentimenti non ha funzionato. Praticamente vivere, mangiare e respirare la Bibbia non ha funzionato. Ho provato a reprimere e negare chi ero – ma niente è cambiato dentro di me. I miei pastori, genitori e amici mi hanno insegnato a odiare me stesso – e quello ha funzionato.
La mia famiglia andava alla Grace Community Church a Sun Valley. John MacArthur, pastore capo per più di 40 anni, ha sempre avuto delle vedute fortemente anti-gay. In un recente video dice ai genitori di “allontanare, isolare, non condividere i pasti con i loro figli omosessuali adulti e di abbandonarli a Satana”.
Sono stato bullizzato e tormentato alle scuole medie e alla Los Angeles Baptist School. Andavo a rifugiarmi sui precipizi, immaginando di uccidermi. Per fortuna, la mia paura di provare un dolore più grande dell’inferno per l’eternità mi ha trattenuto dal suicidarmi realmente.
La grazia che mi ha salvato è stata la ginnastica agonistica. Sentivo una grande padronanza del mio corpo, ma non ero capace di controllare le mie attrazioni omosessuali. Ho usato il dolore fisico della ginnastica per non sentire il dolore emotivo.
Quando avevo 16 anni, i miei genitori hanno visto i tagli che mi ero fatto sulle mie braccia. Ho confessato che stavo lottando con delle attrazioni verso ragazzi. Ne furono molto preoccupati e volevano aiutarmi a cambiare, in modo che potessi entrare con loro nella “vita eterna con Dio”. Mio padre trovò un ambulatorio di psicoterapeuti cristiani che si occupavano di questioni di cui la mia chiesa non voleva occuparsi, come gli abusi rituali satanici e l’omosessualità. Ero così tormentato che ho pregato mio padre di mandarmi dallo psicologo “ex-gay” dopo che ebbero un litigio sui costi economici.
Per un anno, ho frequentato le sessioni di terapia individuale ogni settimana, in cui mi si incoraggiava a vedere i miei desideri omosessuali come una conseguenza della mia relazione di distanza con mio padre e dell’eccessivo coinvolgimento affettivo verso mia madre. Mi hanno portato anche a “ricordare” una ferita originale – in particolare, un abuso sessuale o fisico – che non avevo vissuto. Le cure principali erano pensate per costruire “delle sane amicizie non sessuali con persone del mio stesso sesso”, diventare più “maschile” e uscire con ragazze.
All’inizio mi sono sentito meglio. Non ero solo. Ho persino smesso con la ginnastica per un po’ di mesi, per dedicarmi interamente a cambiare il mio orientamento sessuale.
Con mio padre sono andato anche a delle conferenze di Exodus International, la più grande organizzazione ex-gay del paese. A 16 anni ero il più giovane partecipante di tutti i 300 presenti che lottavano contro il loro orientamento gay, inconciliabile con la loro fede. In gruppi, abbiamo imparato a diventare più “uomini”. Ci dicevano che se si camminava, si parlava o se ci si sedeva in modo diverso dagli altri appartenenti al nostro genere, si dava prova di una disfunzione che poteva essere cambiata e sostituita da desideri eterosessuali.
Ho letto inoltre libri e ascoltato registrazioni su come avere “un rapporto correttivo e curante con Gesù Cristo”. Questi materiali parlavano di come lo “stile di vita gay” crei malattia, depravazione e miseria. Ero convinto che fare quello che mi si diceva di fare avrebbe cambiato le mie attrazioni – e confuso riguardo al motivo per cui questi metodi sembravano funzionare per gli altri ma non per me.
Alla fine ho capito che questo “trattamento” non funzionava per me – né per gli altri. È stato un processo doloroso, ma mi sono sentito libero quando mi sono reso conto che avevo fatto del mio meglio prima di riconoscere che non era possibile cambiare.
A 20 anni sono andato alla mia ultima conferenza ex-gay. Poco tempo dopo mi sono innamorato di un uomo. Sentivo il mio amore per lui come qualcosa di autentico, naturale. La mia esperienza non aveva niente a che fare con quello che mi era stato detto sul male e la natura impossibile delle relazioni tra persone dello stesso sesso.
Nel 1991 sono andato alla mia prima festa di Halloween a West Hollywood, un posto che mi era stato descritto come un ghetto gay con il peggior tipo di peccatori. Ho scoperto che era qualcosa di piuttosto diverso, che mi ha aperto gli occhi a nuove possibilità di speranza. Ho visto persone sorridere, ballare e festeggiare i loro stessi autentici. Ho visto coppie e amici che si godevano la vita. Anch’io volevo fare lo stesso.
Il percorso che mi ha portato fuori dal rifiuto di me stesso non è stato facile. Al tempo vivevo con i miei genitori. Hanno origliato quello che dicevo e hanno saputo della mia relazione. Mi hanno dato un ultimatum: o lasciavo il mio fidanzato e cominciavo un’altra terapia con un terapeuta cristiano specializzato in cambiamento dell’orientamento sessuale, e loro avrebbero continuato a mantenermi mentre mi allenavo per entrare a far parte del team olimpico americano di ginnastica. Altrimenti avrei dovuto trovarmi un’altra sistemazione.
Me ne sono andato una settimana dopo, la domenica di Pasqua. È stata una partenza estremamente dolorosa. Quando non sono riuscito a entrare nel team olimpico, mi sono trasferito all’UC Berkeley per unirmi alla squadra di ginnastica – una delle pochissime squadre che al tempo fossero davvero gay-friendly. Mi sono iscritto a un gruppo di sostegno omosessuale e ho visto diversi terapeuti durante i miei vent’anni. Verso i trent’anni ho cominciato un lavoro di lunga durata con uno psicoterapeuta che mi ha aiutato ad aprire un varco per uscire dalla mia vergogna residua e dai miei comportamenti auto-distruttivi.
La psicologia è diventata la mia nuova spiritualità. Mi ha aiutato a dare un senso a quello che avevo dovuto soffrire nella mia infanzia. E si è rivelata la mia chiamata. Oggi ho uno studio a West Hollywood dove lavoro con pazienti LGBTQ per aiutarli a guarire dalle conseguenze provocate da ambienti ed esperienze omofobici.
Anche la mia famiglia ha trovato un po’ di pace. Quando ero ormai adulto mio padre si è scusato per avermi buttato fuori di casa a causa della mia omosessualità. Due anni fa, una settimana prima che morisse, mi ha detto che ci saremmo riuniti in cielo perché ho accettato Dio quando ero bambino. Aveva avuto una sua evoluzione, un cambiamento. La sua ammissione è stato per me un atto finale di amore e desiderio di connessione.
Il fatto che la California, e ora il New Jersey, abbiano leggi che proteggono i giovani LGBTQ da questa pratica pericolosa mi dà speranza. Significa che meno teenager saranno messi nella stessa condizione in cui ero anch’io – una posizione di rifiuto e odio di se stessi. Ma gli sforzi per cambiare l’orientamento sessuale sono ancora praticati negli Stati Uniti, sia sui minori che sugli adulti. Come altri che hanno subito questa “terapia” nociva, sono rincuorato dall’impegno di campagne che cercano di rendere effettiva la fine di questa pratica a livello nazionale. Questo messaggio – che siamo tutti degni, indipendentemente da chi amiamo – è quello che tutti i ragazzi dovrebbero ricevere.
*James Guay è un terapeuta del matrimonio e della famiglia, con uno studio privato a West Hollywood (California). Questo articolo è apparso originariamente su Zocalo Public Square.
Testo originale: My Hellish Youth in Gay Conversion Therapy and How I Got Out